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Tessuti, salumi, prodotti di carta: sulle Pmi l'effetto a cascata del caro energia

di Marta Casadei e Michela Finizio

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Impossibile fissare prezzi, mentre è a rischio l’apertura stessa degli stabilimenti

11 aprile 2022
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2' di lettura

Il prezzo dell’energia è in cima alla lista dei timori condivisi da aziende che appartengono a filiere diverse. E rischia di avere un impatto di lungo termine sulle Pmi e sul territorio. «Il costo dell’elettricità è un problema enorme, soprattutto per le aziende teriziarie - spiega Ercole Botto Poala, ceo del gruppo tessile biellese Reda, fondato nel 1865 - . Sul conto economico della nostra azienda (che fattura 80 milioni di euro all’anno) avrà un impatto conto economico tra i 4 e gli 8 milioni di euro rispetto al pre-Covid. E per i piccoli sarà, in proporzione ancora maggiore». Secondo Botto Poala il continuo oscillare (e l’aumento) dei costi dell’energia sta influenzando negativamente tutta la filiera del tessile: «L’impossibilità di fissare i prezzi mette in grossa difficoltà tutta la filiera e si ripercuoterà a cascata sul valle. Di fatto non sappiamo quanto ci costerà portare a termine un ordine».

Produrre il prosciutto Dop costa fino al 15% in più

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Conferma l’impatto massiccio dell’aumento dei costi energetici anche Giuseppe Villani, amministratore delegato di Villani Spa, azienda modenese che produce salumi e che, come la già citata Reda, è un’azienda storica (fondata nel 1886) ed è iscritta nell’elenco degli energivori Csea, quindi ha titolo per ricevere una serie di agevolazioni: «L’aumento dei costi energetici impatta sulla produzione del prosciutto stagionato Dop tra il 10 ed il 15 % , cifra enorme che si aggiunge proprio ora che le quotazioni del fresco sono alle stelle». L’azienda di Castelnuovo Rangone ha chiuso il 2021 con ricavi in salita del 10% a 140 milioni di euro e sta pensando a come arginare l’impatto del caro energia: «Abbiamo intenzione di raddoppiare gli investimenti dedicati al risparmio energetico nei prossimi 18 mesi, confidando in un aiuto dello Stato anche con una rimodulazione del Pnrr», chiosa l’ad.

Cartiere in difficoltà

La situazione è simile in un altro settore, quello della produzione e trasformazione della carta: «Permangono troppi elementi di incertezza, legata soprattutto all’approvvigionamento e al prezzo del gas, fondamentale per il funzionamento delle cartiere, alla disponibilità di alcune materie ausiliarie quali i prodotti chimici, al costo dei trasporti», segnala Bruno Zago, presidente e fondatore del gruppo Pro-Gest, che ha chiuso l’esercizio 2021 con un fatturato pari a 747,1 milioni, (+60% sul 2020) e conta sei cartiere in Italia, da Treviso a Lucca. «Se guardiamo ai territori e alle comunità locali in cui siamo presenti, la situazione di incertezza che stiamo attraversando non ha avuto conseguenze, dal momento che siamo riusciti ad evitare la cassa integrazione mantenendo tutti gli impegni presi con i lavoratori. Tuttavia le autorità competenti dovrebbero rendersi conto dei potenziali effetti che potrebbero avere ulteriori stop forzati alla produzione». Uno stop c’è già stato: a marzo il gruppo Pro-Gest ha fermato il lavoro degli stabilimenti per una settimana, salvo poi riaprirli.

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