di Antonella Scott
Jeometrica è il nuovo progetto firmato Luca Nichetto
2' di lettura
Le aziende impegnate in Russia sanno da tempo cosa significa lavorare in un ambiente segnato dalle sanzioni. Complicazioni burocratiche, restrizioni all’export, embargo sulle importazioni e incentivi alla produzione nazionale russa perché arrivi a sostituire le merci straniere. Un’economia che già viaggiava a marce ridotte ha poi subìto la pandemia, ma come altri Paesi a fine 2021 stava imboccando la via della ripresa. Poi è arrivata la guerra in Ucraina, e la severità di sanzioni occidentali che fanno impallidire quelle imposte con l’annessione della Crimea alla Federazione Russa, nel 2014: «Gli otto anni passati sono stati le prove generali – osserva Vittorio Torrembini, presidente di GIM-Unimpresa, l’Associazione che riunisce gli imprenditori italiani in Russia –: adesso c’è la prima».
Le categorie dell’arredamento e del design d’interni restano tuttora escluse da restrizioni dirette, diversamente da chi esporta macchinari, impianti e tecnologie avanzate. Ma le sanzioni imposte sul piano finanziario o su quello dei trasporti a una Russia sempre più isolata non possono che limitare il raggio d’azione per tutti, allungando i tempi d’attesa, aumentando i costi, complicando le contrattazioni. Elementi che, messi insieme, oggettivamente riducono il volume degli affari. «Le sanzioni – spiega Torrembini – hanno creato disagi anche molto importanti sia sul piano della logistica che su quello delle banche, nel senso che i pagamenti sono diventati molto complicati. Quello del mobile era un settore dove si pagava a credito, ora che non è più possibile il cliente deve pagare anticipato al 100%». Ma sono sempre meno quelli in grado di pagare tutto subito: la crisi, destinata ad aggravarsi nei prossimi mesi, inciderà sulla capacità di acquisto dei russi «che, in più, hanno perso fiducia nei brand stranieri».
La Russia tenterà dunque di accelerare al massimo la pratica che chiama “importozameshchenie”, lo sviluppo delle capacità produttive locali per non dipendere più dall’estero. Dai chip ai mobili: un progetto che richiederà anni, e che in molti ambiti non sembra realistico. Ma intanto il mercato si restringe, per chi è determinato a restare. «Nelle regioni - racconta Torrembini - stanno nascendo iniziative per sostituirsi alle importazioni ma in modo ragionato, più evoluto, ispirandosi al modello italiano: designer russi che disegnano spazi nuovi per i brand russi, nel tentativo di imitare lo stile di vita italiano trasferendolo sui loro marchi».
Ma se l’Italia è ancora un punto di riferimento, e se si creano realtà produttive locali a rappresentare il Made in Italy, è qui che resta la possibilità di mantenere le posizioni per ritrovarsi ancora coinvolti nel futuro, quando sarà possibile tornare e ritrovare spazi, soprattutto per le piccole e medie imprese: con la fornitura di macchinari, consulenze tecniche e tecnologie, nuove linee produttive. «Almeno nei settori che riguardano il made in Italy saremo sempre ai primi posti - è convinto il presidente di GIM-Unimpresa -. Abbiamo aziende che cominceranno a produrre qui un po’ di più, a fare assemblaggi, a “russificare” la produzione. Credo che alla fine potremo compensare: se non tutto, almeno in parte».
Antonella Scott
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy