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Apprendere dopo il Covid

di Pier Cesare Rivoltella, Franco Amicucci e Pier Giuseppe Rossi

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25 gennaio 2022
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3' di lettura

L’esperienza di questi mesi fa emergere l’esigenza, nella scuola e nel mondo del lavoro, di una didattica che sappia attivare la cultura del digitale nei processi educativi: aggregare contenuti, riorganizzare reti cognitive, connettere formale e informale, accompagnare i soggetti ad attraversare gli ecosistemi formativi al di là della distinzione tra presenza e distanza.

Le nuove sfide dell’apprendimento

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Prima della società della conoscenza, il tempo del lavoro iniziava quando terminava il ciclo degli studi. Oggi tra formazione e attività lavorativa vi è una ricorsività continua, per tutto l’arco della vita. L’apprendimento formale non è più separato dell'apprendimento informale e non formale e questo modifica i modi di apprendere. Apprendere diventa modificare i propri schemi e costruire nuove reti di conoscenze che formano un ponte tra il sapere e i vissuti personali. In una società dove il cambiamento è e sarà sempre più rapido, la competenza come capacità di agire strategie per affrontare situazioni nuove e imprevedibili diviene centrale. Apprendere oggi è, allora, prima di tutto, apprendere ad apprendere per tutto l’arco della vita, connettere mondi tra formale e informale, tra locale e globale, tra micro e macro, tra fisico e digitale, coppie di opposti che si ibridano generando scenari di inaspettate opportunità per il futuro dell’apprendimento.

Un nuovo stile di insegnamento

In questo nuovo contesto al centro rimane l’interazione di chi insegna e chi apprende poiché docente e studente sono portatori di mondi diversi, ciascuno con una sua validità glocale.
Il formatore evolve e si arricchisce professionalmente, sempre più designer di ambienti di apprendimento, sempre più gestore di processi trasformativi, crea le basi per la ricorsività tra immersione e distanziamento, offre frammenti di sapere, accompagna l’altro nei suoi processi assumendo a turno posture di modeling, coaching e scaffolding. Il risultato è una didattica complessa che supera la tradizionale distinzione tra frontalità e metodi attivi. Attenta ai diversi modi di apprendere, la didattica organizza e modifica nel corso dell’azione soluzioni ibride che ricorrono a libraries di oggetti didattici, ambienti per l’apprendimento, tecniche drammaturgiche di allestimento dei plot e di uso del corpo in funzione comunicativa, dispositivi digitali.

Valutazione come apprendimento

Oggi la valutazione recupera modelli già consolidati trasformandoli. La relazione tra formazione e valutazione rimane centrale, ma - alle spalle la valutazione dell’apprendimento (assessment of) - si passa dalla valutazione per l’apprendimento (assessment for) alla valutazione come apprendimento (assessment as). Valutare, un tempo, era verificare l'acquisizione di una conoscenza fornita tramite una prova a fine percorso e quindi prevedeva il confronto tra il prodotto e uno standard di riferimento. Oggi nella didattica per competenze e su compiti autentici, valutare significa cogliere la coerenza tra idea progettuale e processo attuato. Per valutare il docente si pone in empatia con chi apprende, ne comprende il mondo, per poi riflettere con l'altro se il prodotto finale e il processo con cui è arrivato a realizzarlo soddisfino le ipotesi iniziali.

Dopo l’emergenza: piste di lavoro

Oggi più che parlare di DAD, dovremmo parlare degli effetti della pandemia sui processi di insegnamento e apprendimento. L'incertezza, l'angoscia per la propria salute e per quella dei propri cari, la limitazione dei contatti, la convivenza in spazi limitati nei quali non era possibile applicarsi e concentrarsi, hanno segnato profondamente tutti gli umani e hanno evidenziato differenze sociali.  La riflessione deve andare oltre la polemica su DAD o non DAD e comprendere quale possa essere in futuro l’integrazione profonda tra analogico e digitale, tra fisico e tecnologico, quello che in letteratura viene descritto come Phygital. Le riflessioni su apprendimento, insegnamento e valutazione ci dicono che per affrontare le sfide in essi presenti la cultura digitale è una presenza insostituibile.

La prospettiva che emerge da questo quadro indica nella direzione di un possibile rinascimento della didattica intesa come sapere professionale, scienze di design e arte della vita.

La didattica è un’arte della vita perché presuppone nell’insegnante e nel formatore capacità di leggere l’aula, di cogliere e attivare il feedback, di riprogettare in tempo reale. Tutto questo richiede conoscenza e controllo del corpo in situazione (sia essa l’aula o una situazione mediata dalla tecnologia), gestione teatrale dei processi e degli atti comunicativi, in una parola capacità di regolazione nel riallineare di continuo il proprio orizzonte cognitivo e percettivo con quello di chi apprende.

 

Pier Cesare Rivoltella,  professore ordinario di Didattica ed Educazione mediale presso l'Università Cattolica di Milano, presidente SIREM

Franco Amicucci, sociologo, formatore, presidente Skilla

Pier Giuseppe Rossi, professore ordinario presso l'Università di Macerata

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