Instagram non fa bene ai ragazzi e Facebook lo sa
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Facebook non è riuscita a proteggere i suoi utenti. Parola di ex manager. Il social network americano è messo di nuovo sotto accusa dopo che Frances Haugen, ex product manager, ha deciso di rivelare il contenuto di migliaia di documenti interni che, a suo dire, mostrano che Facebook ha messo in secondo piano il benessere dei suoi utenti a favore del profitto.
Frances Haugen ha consegnato una ricerca interna ai legislatori statunitensi e al Wall Street Journal, secondo cui la società sapeva, ma non ha rivelato, l’impatto negativo di servizi come Instagram sui giovani utenti (Instagram è un’applicazione di proprietà di Facebook).
L’ex manager ha riferito di aver le prove sul fatto che Facebook dà la priorità ai profitti rispetto al benessere dei suoi utenti. «C’erano conflitti di interesse tra ciò che era buono per il pubblico e ciò che era buono per Facebook», ha spiegato domenica a “60 Minutes”, rilasciando la sua prima intervista in pubblico.
La raccolta di documenti che ha consegnato Frances Haugen fa luce su dinamiche interne al colosso americano: dalle politiche sulla moderazione dei contenuti, al trattamento diverso riservato ad account di personalità di alto profilo, rispetto a quello destinato agli utenti comuni; ma soprattutto il tema dell’impatto psicologico che Instagram avrebbe sui giovani utenti.
Secondo i dati raccolti, elaborati e diffusi da Haugen, Facebook sarebbe intervenuta su una quota compresa tra il 3 e il 5% del totale di post di odio pubblicati sulla piattaforma e su meno dell’1% dei contenuti classificati come “incitamento alla violenza”.
«Ogni giorno i nostri team devono trovare un equilibrio tra garantire la libertà di espressione di miliardi di persone e mantenere la nostra piattaforma un luogo sicuro e positivo. Continuiamo ad apportare miglioramenti significativi per contrastare la diffusione della disinformazione e dei contenuti dannosi. Affermare che incoraggiamo la diffusione di questi contenuti e che non prendiamo provvedimenti è semplicemente falso» così la replica alle accuse di un portavoce dell'azienda Facebook.
E ancora: «La crescita delle persone o degli inserzionisti che utilizzano Facebook non ha alcun significato se i nostri servizi non vengono utilizzati in modi che avvicinano le persone: ecco perché stiamo investendo nella sicurezza così tanto da impattare i profitti. Proteggere la nostra comunità è più importante che massimizzare i nostri profitti. Affermare che chiudiamo un occhio sui feedback che riceviamo ignora del tutto questi investimenti, come le 40.000 persone che lavorano sulla sicurezza in Facebook e i nostri investimenti che, dal 2016, ammontano a 13 miliardi di dollari».
Haugen apparirà martedì 5 ottobre davanti a una sottocommissione del Senato sulla protezione dei consumatori come parte informata sui fatti all’interno di un’audizione incentrata sulla «protezione dei giovani online».
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