Sostenibilita
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Dobbiamo piantare 230 milioni di alberi. E siamo in ritardo

di Biagio Simonetta

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(Adobe Stock)

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Il position paper di Asvis, incentrato sul Goal 11 dell’Agenda 2030, fa il punto sulle politiche nazionali e gli indirizzi della Commissione europea

24 marzo 2022
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4' di lettura

Si chiama “Infrastrutture verdi urbane e periurbane” l’ultimo position paper di Asvis (Alleanza Italiana per lo Svilippo sostenibile). Ed è un documento di indirizzo incentrato sul Goal 11 “Citta e Comunità sostenibili” dell’Agenda 2030, per svelarne opportunità, ma anche ritardi. Un documento che svela, ad esempio, come in Italia ci sia bisogno di piantare circa 230milioni di alberi nei prossimi 8 anni. Un numero molto alto, se si considera che nel PNRR ne sono stati programmati solo 6,6 milioni (anche se entro il 2024 e solo nelle aree urbane e periurbane).

«Ogni Stato membro – è scritto nel documento di Asvis - è chiamato a contribuire all’obiettivo europeo dei 3 miliardi di alberi entro il 2030, compresa l’Italia. Lo scorso 9 dicembre, la Commissione europea, insieme all'Agenzia europea per l'ambiente (AEA), ha pubblicato uno strumento di raccolta dati - MapMyTree - affinché tutte le organizzazioni si impegnino a registrare e mappare i nuovi alberi piantati»

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. E per rendersi conto di cosa questo ambizioso target significhi per il nostro Paese «basta rapportare la superfice dell’Italia a quella dell’UE a 27 e calcolare in questo modo qual è il contributo che ci si aspetta da noi: si tratta di 227 milioni di alberi da piantare entro il 2030, contro i 6,6 milioni indicati nel PNRR entro il 2024 - anche se questi ultimi si riferiscono alle sole aree urbane e periurbane».

È bene ricordare – e il lavoro di Asvis lo fa - come la forestazione urbana apporti vari benefici sociali, economici, ambientali. Per esempio mitiga gli effetti del cambiamento climatico, a partire dalle ondate di calore.

Nel documento viene anche sottolineato come la nuova Strategia forestale europea dia molta importanza al tema delle infrastrutture verdi nelle aree urbane e periurbane, anche perché «riducono l'inquinamento atmosferico, idrico e acustico, proteggono da inondazioni, siccità e ondate di calore e conservano il legame tra l'uomo e la natura».

Il punto è che l’Italia sembra notevolmente in ritardo. Come spiega questo position paper, infatti: «la legge n. 10/2013 istituisce presso il Ministero dell’Ambiente (ora della Transizione ecologica) il Comitato per lo sviluppo del verde pubblico con - tra gli altri - il compito di monitorare tutte le vigenti disposizioni di legge con finalità di incremento del verde pubblico e privato. Gli ultimi dati ufficiali sul verde pubblico nei 109 Comuni capoluogo di provincia italiani (rilevati dall’ISTAT e aggiornati al 2019) rilevano una sostanziale stasi dei valori di incidenza del verde pubblico nel periodo 2015-2019). Per quanto riguarda la percentuale di verde pubblico sulla superficie comunale, questa non supera il 5% del territorio in circa 8 Comuni su 10».

Il documento dedica ampio spazio alle proposte. Quali? Ad esempio azzerare le proiezioni di sviluppo edilizio, e trasformare nuove aree in aree verdi, foreste urbane e periurbane: «Monitorare lo stato di attuazione dei progetti di trasformazione urbanistica di tutte le aree di proprietà pubblica nelle città, a partire dalle aree ex militari nelle aree urbane o periferiche, per svincolarle dai progetti di valorizzazione in corso, cederle gratuitamente ai Comuni e destinarle interamente a infrastrutture verdi e a usi pubblici compatibili» è scritto nel documento. E poi ancora: «assumere come priorità nazionale da parte del Comitato interministeriale per le politiche urbane (CIPU) in corso di riattivazione la realizzazione di boschi urbani intorno alle città, favorendo per esempio l’utilizzo dei fondi agricoli non più produttivi dei Comuni, la partnership con i privati per l’utilizzo delle aree industriali dismesse, la forestazione delle aree fluviali anche per la realizzazione dei corridoi ecologici e cunei verdi».

Relativamente agli alberi da piantare, ciò che emerge è un problema di disponibilità. Per questo Asvis parla di accordi di coltivazione: «Mettere a dimora alberi e manutenerli correttamente sono oggi obiettivi centrali delle agende nazionali e internazionali per sviluppare concretamente le politiche di mitigazione e adattamento climatico già pianificate. Sono inoltre azioni cardine per qualificare e rendere salubre lo spazio urbano. Perché ciò possa realmente realizzarsi risulta necessario che tutti i portatori d’interesse della filiera collaborino per organizzare la catena di produzione in modo da rendere disponibile il materiale vegetale richiesto dalle suddette agende e obiettivi con il duplice scopo di sviluppare l’economia e contemporaneamente mettere a dimora alberi sani e longevi nel lungo periodo».

Ostacoli? Il principale consiste attualmente «nella difficoltà di approvvigionamento degli alberi e nella gestione della fase di cure post impianto».

Anna Chiesura, ricercatrice Ispra, responsabile del position paper, spiega come in questo documento Asvis abbia voluto rilanciare con forza «la necessità di adottare una visione ecosistemica del verde urbano e periurbano. Una visione che non intenda il verde più solo come un elemento di arredo ma che concepisca tutto il capitale naturale delle nostre città - i viali alberati, i tetti verdi - ma anche le aree più estese, quelle dei tessuti più periferici. Pensiamo ai benefici che il verde produce in termini di cattura e sequestro dell’anidride carbonica, di termoregolazione e mitigazione dell’isola di calore urbano. Pensiamo al valore di regolazione del reflusso idrico superficiale ma anche a tutti i servizi sociali che il verde genera in termini di opportunità di rigenerazione fisica e mentale in città sempre più caotiche. Abbiamo visto tutti quanto sia fondamentale avere un’area verde vicino a casa durante il lockdown e le restrizioni della pandemia. Investire sul verde, investire in politiche del verde, significa investire in sostenibilità urbana a 360 gradi».

Stessa linea per Chiara Gallani, assessora all’Ambiente e all’agricoltura al comune di Padova: «Il verde è diventato il nuovo oro. L’importanza della partecipazione degli enti locali al lavoro di Asvis è essenziale perché come amministratori locali gestiamo un’area determinata con delle competenze specifiche. Il verde però come tutti gli altri temi, fanno parte di obiettivi di resistenza del territorio e aumento della qualità della vita globali, in una situazione drammatica di cambiamenti climatici le politiche devono mettere insieme le competenze e gli strumenti».

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