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Ex Ilva, 150 milioni per decarbonizzare ma la maggioranza in Senato si divide

di Domenico Palmiotti

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(IMAGOECONOMICA)

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Battaglia politica in Senato

9 maggio 2022
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3' di lettura

Vanno alla decarbonizzazione dell'ex Ilva di Taranto 150 milioni di fondi inizialmente destinati alle bonifiche delle aree inquinate, esterne ed interne alla fabbrica, da parte di Ilva in amministrazione straordinaria. Il trasferimento di fondi è stato votato nelle commissioni Attività produttive e Finanze del Senato nell'ambito del Dl Energia.

Il voto ha però spaccato la maggioranza: contro il trasferimento dei fondi, Pd, M5S e Leu, a favore, invece, Lega e Forza Italia. Astenuti Fratelli d'Italia e a Italia Viva. Scoppia un nuovo caso come a febbraio scorso. Allora, col Dl Milleproroghe, si tentò analoga operazione prevedendo di destinare alla decarbonizzazione dell’acciaio 575 milioni prelevandoli dal patrimonio destinato per le bonifiche, quest'ultimo rappresentato dal miliardo che i Riva, già proprietari e gestori dell'acciaieria, anni addietro hanno fatto rientrare in Italia.

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I 575 milioni non andarono però alla decarbonizzazione, perchè un ampio schieramento di maggioranza affossò l'articolo 21 del Milleproroghe. Si misero insieme Pd, M5S, Forza Italia e Italia Viva. Si aggregò al no anche Fratelli d'Italia mentre la Lega disse sì allo spostamento dei fondi. A marzo, col Dl Energia, la questione si è ripresentata anche perché il premier Mario Draghi, che già non aveva preso affatto bene lo scivolone del Governo a febbraio, ha detto che l'Ilva, a fronte della crisi provocata dalla guerra in Ucraina, andava messa nelle condizioni di produrre.

Di qui, col nuovo Dl, due misure: i 150 milioni per decarbonizzare e la garanzia pubblica Sace al 90 per cento sulle linee di credito che l'azienda avrebbe eventualmente attivato. Contro il nuovo trasferimento di fondi, il M5S si è subito schierato. E con un proprio emendamento, ha provato a sbarrare di nuovo il passo, parlando di centralità delle bonifiche per Taranto e di mancanza di chiarezza sui piani dell'ex Ilva, ora Acciaierie d'Italia, ma l'operazione non è riuscita. In Senato si sono avuti 14 sì sul trasferimento e 14 no. Per il regolamento del Senato, il voto pari vuol dire che la proposta non è accettata. E così è stato. Per il leader della Lega, Matteo Salvini, «errare è umano, perseverare è diabolico. È la seconda volta che votano contro le misure per l’ex Ilva. Non ora, ma mi aspetto da Draghi che prenda posizione al rientro dagli Usa perché poi arriva in aula. Sono stati estremamente scorretti».

Per Mauro Marino, capogruppo in commissione Finanze per Italia Viva, «la verità sul blitz dell'emendamento Ilva del M5S, è che i grillini hanno provato a mandare sotto il Governo. Su quell'emendamento c'era il parere contrario del Governo, l'accordo era di non ripresentarlo, ma la smania elettorale è troppa e punta a far fibrillare un governo autorevole come quello di Draghi pur di risalire nei sondaggi».Il vice presidente M5S, Mario Turco, che ha proposto l'emendamento per far restare i 150 milioni sulle bonifiche, sostiene che «si tratta dell'ennesimo schiaffo alla città di Taranto. Lo ribadiamo: questa acciaieria - rileva Turco - può avere un futuro produttivo soltanto se si chiudono le fonti inquinanti e viene resa eco-sostenibile, e se si introduce un sistema di valutazione preventiva dell'impatto ambientale e sanitario come la valutazione integrata dell'impatto ambientale e sanitario».

Critico sui fondi che adesso vanno all'ex Ilva mentre la coalizione di centrosinistra per le comunali di giugno a Taranto, con candidato sindaco l'uscente Rinaldo Melucci, del Pd, rileva che «il centrodestra non ha più alcun alibi: è contro la transizione ecologica, è incapace di qualsiasi atto di coraggio politico capace di offrire al territorio una prospettiva produttiva alternativa». Per il sindaco uscente Melucci, «le forze di centrosinistra e progressiste avevano dato un'indicazione chiara al Governo. Noi non siamo contrari alla decarbonizzazione. Lo riteniamo un passaggio fondamentale ma deve avvenire in un quadro di chiarezza e certezza. Che sul futuro dell'ex Ilva mancano. Torniamo perciò a chiedere con urgenza un tavolo per l’accordo di programma che stabilisca che sarà dell'ex Ilva e riporti le relazioni con l’azienda in un quadro di civiltà e rispetto».


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