di Carlo Marroni
(ANSA)
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Un esodo di milioni di roditori nel 1727 segna la fine della “morte nera”, la peste, che aveva devastato il Vecchio Continente per quattro secoli. Una storia, questa, capita molti anni dopo. L'esodo è quello di ratti grigi che prevarranno su quelli neri, causa iniziale delle pestilenze, diffuse sempre via mare, con navi che attraccano e portano in giro il contagio. Le quarantene sono già nate – c'è la data del 1377 quando si organizzano i primi lazzaretti nell'Adriatico – ma vengono regolamente violate.
I ratti grigi, per le loro caratteristiche (in particolare delle loro pulci) contagiano poco l'uomo e via via la peste finisce come pandemia, anche se esiste ancora. Già: nel corso degli ultimi 15 anni più di 34mila casi sono stati comunicati all'Oms da 24 nazioni, compresi gli Stati Uniti.C'è una storia prima del Covid, ma la pandemia vissuta dal pianeta negli ultimi tre anni ha fatto luce su come l'umanità ha attraversato gli attacchi feroci dei nemici invisibili. Un bel libro ora arriva sugli scaffali: «La Memoria del nemico, Perchè ci sono voluti duemila anni per scoprire il sistema immunitario» (Il Saggiatore), scritto da Arnaldo D'Amico, ricercatore, medico ma anche giornalista di lungo corso. È un percorso veloce di storia – con i ritmi di un romanzo - e ricca bibliografia, il racconto di «uno scontro millenario, la più grande battaglia combattuta dall'umanità: quella della scoperta del sistema immunitario».
Il libro è stato presentato all'Istituto Superiore di Sanità, dal presidente Silvio Brusaferro, dalla storica Anna Foa e dal direttore generale dell'Agenzia delle Entrate, Ernesto Ruffini. «Una dato è chiaro – dice Brusaferro, nel corso della presentazione del libro di D'Amico – il legame fortissimo tra la salute e i fattori che la determinano, dall'organizzazione sociale all'ambiente dove viviamo. Insomma, i nemici non sono solo i fattori di contagio. La chiave è lo stile di vita». Ruffini mette l'accento su un fattore, che è stata la chiave di successo per il superamento del Covid, specie nelle fasi più dure: «La cosa più preziosa che abbiamo sono le informazioni, che devono essere messe insieme e utilizzate, anche più dei vaccini stessi. La soluzione del problema, a monte di tutto, è la consapevolezza di avere un problema, è il primo passo per affrontare la realtà». Insomma, dice Ruffini, «i dati sono la conoscenza, che può produrre benessere, e che parte del processo democratico». Va ricordato che proprio l'assenza di un processo democratico ha ritardato (e nascosto) il problema del Covid nato in mercato cinese, lasciando che dilagasse. Una lezione da ricordare, come pure le deviazioni “complottistiche” tirate fuori durante quel periodo, come osserva Anna Foa.
Carlo Marroni
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