di Marta Casadei
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Comprare meno e comprare i capi giusti, individuando la taglia corretta grazie all’Intelligenza artificiale. E poi rimettere in circolo gli abiti e gli accessori meno usati - così da dare loro una nuova vita, nei guardariba di nuovi proprietari - magari comprando altri capi di seconda mano. Il tutto nell’ottica di evitare iperproduzioni e sprechi, riducendo l’impatto ambientale. Sarà così lo shopping del futuro, tratteggiato nello studio che si intitola proprio “Il futuro dello shopping” commissionato da Snapchat e condotto da Foresight Factory in dodici Paesi, Italia inclusa.
Il social media, che ha una platea di giovanissimi e collabora con aziende di moda del calibro di Prada e Dior, ha voluto indagare come sono cambiate le abitudini di shopping durante la pandemia e quali sono le aspettative e i desideri dei consumatori. La priorità, per giovani e giovanissimi, è l’ambiente: due consumatori italiani su cinque (43%) sono preoccupati per l’impatto ambientale degli acquisti online, dato che raggiunge il 50% tra la Gen Z e il 46% tra i Millennial.
Le ragioni ambientali, secondo il 20% degli intervistati, sono una motivazione per fare shopping sulle piattaforme di reselling. Che in Italia vengono usate sempre di più: tra i consumatori italiani uno su quattro cerca regolarmente opzioni di seconda mano; il 42% ha comprato qualcosa attraverso una piattaforma di reselling, percentuale che arriva al 53% tra i Millennial. Al di là delle conseguenze degli acquisti sull’ambiente, le motivazioni che spingono ad acquistare sulle piattaforme di reselling sono la convenienza (54%), seguita dalla possibilità di trovare prodotti che sono andati esauriti altrove (33%) e dalla ricerca di pezzi unici (30%).
Se l’acquisto e la vendita di prodotti second hand sarà dunque una frontiera dello shopping del futuro, a contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale degli acquisti potrebbe essere la realtà aumentata applicata a strumenti try-on (che, dunque, permette di provare virtualmente il prodotto) che, si stima, avrebbe potuto evitare il 37% dei resi di capi d'abbigliamento acquistati online nell’ultimo anno. Gli errori di taglia, infatti, rappresentano oltre due quinti (43%) dei resi di capi di abbigliamento acquistati online nell'ultimo anno in Italia. Le tecnologie try-on rispondono anche a un’esigenza dei clienti: l’impossibilità di provare i prodotti prima di acquistarli rappresenta infatti una criticità per il 42% degli intervistati. In particolare, i consumatori italiani impiegherebbero la realtà aumentata per vedere come starebbero i prodotti (37%), vederli a 360° (34%) e capirne la dimensione esatta (34%).
Marta Casadei
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