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Lo stallo del commercio internazionale e le conseguenze della guerra

di Marcello Minenna

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(Kalyakan - stock.adobe.com)

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Dopo un declino degli scambi la situazione si è stabilizzata. A inizio 2022 l’indice composito elaborato dal WTO fotografa una crescita, seppur modesta, del commercio mondiale

20 giugno 2022
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6' di lettura

Dopo un preoccupante declino degli scambi internazionali osservato nella seconda parte del 2021, sincronizzato in tutte le principali macro-aree economiche e lungo tutta la catena del valore globale, la situazione si è stabilizzata ad inizio 2022. Nel primo trimestre dell'anno l'indice composito elaborato dagli economisti del WTO (WTOI, vedi Figura 1) fotografa una crescita, seppur modesta, del commercio mondiale, destinata a stazionare al di sotto del trend storico.

Nei dati però si cominciano chiaramente a leggere l’impatto negativo e le distorsioni che la guerra russo-ucraina sta avendo sugli scambi internazionali. Gli effetti sono correlati strettamente con la vicinanza geografica al teatro delle operazioni belliche. La cartina di tornasole è ovviamente l’area Euro; in diversi continenti (Asia sud-orientale o America Latina) non ci sono stime di effetti apprezzabili del conflitto russo-ucraino sul commercio internazionale o sulle prospettive di crescita.

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De facto, a fine marzo 2022, l'incremento dei volumi dei beni esportati si è stabilizzato intorno al trend, dopo una breve fiammata oltre il 20% a metà anno ed una brusca inversione di rotta a partire dal mese di luglio.
Il settore automotive (barre azzurre) ha subito un vero e proprio tracollo nel secondo semestre 2021 (-14%), principalmente per via dell'impatto negativo della scarsità della componentistica elettronica, che ha bloccato intere linee di produzione ed allungato a dismisura i tempi di consegna. A ruota è apparso - non sorprendentemente - il settore dell'elettronica a trazione cinese (barre arancioni) che, dopo un breve boom oltre i 15 punti sopra il trend, si è riportato in crescita tendenziale con outlook fortemente negativo per via della situazione sanitaria in Cina fortemente instabile. È stazionario anche l'andamento degli ordini relativi alle esportazioni future (barre gialle), mentre è in declino l'andamento degli scambi via cargo navale (barre viola), colpito pesantemente dal congestionamento dei nodi infrastrutturali della rete commerciale globale.
Sull'agroalimentare (barre verdi) ha pesato negativamente l'incessante rialzo dei prezzi sui mercati internazionali. L'unico settore che ha mostrato nel corso del 2021 un'espansione superiore al trend storico è stato quello del commercio via aerea (barre rosse), sostenuto paradossalmente dai massicci backlog e dai costi stratosferici di noleggio containers che si sono registrati nei principali porti mondiali e che hanno reso competitivo - per un periodo temporaneo - il trasferimento merci via cargo aereo.

La stagnazione degli scambi nell'area euro: l'export e l'impatto delle sanzioni

Per quanto riguarda l'export dell'area Euro, ad una fase di forte recupero dovuto alle riaperture post-lockdown nella primavera 2021, è seguito un picco (+28%) a maggio ed una rapida decelerazione della crescita fino ad un sostanziale azzeramento a partire da ottobre 2021. Anche in questo caso si è osservato un rallentamento sincrono verso tutte le principali aree geografiche di sbocco: A pesare maggiormente è stata la frenata dell'export verso gli altri Paesi europei, che insieme corrispondono a circa il 40% delle esportazioni totali della nostra area valutaria, sia appartenenti all'Unione Europea (UE) che extra-UE, verso i quali si registra addirittura una variazione percentuale negativa rispetto a 12 mesi prima. A seguire, hanno sofferto gli scambi con gli USA e la Cina. Hanno tenuto meglio i volumi verso l'America Latina, che però contano molto poco rispetto al totale.Guardando al dettaglio delle esportazioni verso i Paesi europei extra-UE, sbocco fondamentale per l'export dell'area Euro (vedi Figura 2), si nota come l'andamento dei volumi sia stato in forte frenata dal 2021. Ciò è dipeso in parte dal rallentamento degli scambi commerciali con la Svizzera (barre grigie) dopo una breve fase di catch-up positivo a seguito della rimozione delle restrizioni all'attività economica imposte nei principali Paesi dell'area Euro confinanti (Germania, Francia, Italia).

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A spingere l'indice in area negativa sono state a fine 2021 le esportazioni verso la Turchia (barre arancioni), che hanno sofferto il peggioramento della crisi valutaria. Nella fase espansiva i volumi avevano mostrato un andamento dinamico per via dei forti stimoli fiscali e monetari che avevano sostenuto l'economia turca in momento di generale recessione nei Paesi confinanti. Un imponente ripresa dei consumi (+7,4% annuo al picco di maggio 2021) e degli investimenti domestici (+11,4% annuo), supportata dal costo del credito al netto dell'inflazione più basso del mondo avevano incentivato l'import dall'area Euro anche durante il 2020. A partire da luglio 2021 però, le ricadute negative sul tasso di cambio della lira turca e sul tasso di inflazione hanno soffocato la crescita dell'export in maniera più che proporzionale.
Il secondo impulso che ha riportato in negativo la curva dei volumi esportati è rappresentato dal crollo dell'interscambio con Russia (-53% rispetto ad 1 anno fa) ed Ucraina, peraltro a mala pena registrato dai dati più recenti. È ragionevole che gli aggiornamenti relativi ai mesi di aprile-maggio 2022 riflettano una situazione in progressivo deterioramento per l'intensificarsi delle operazioni belliche e l'effetto cumulato di numerosi round di sanzioni economiche.

L'area euro ed il paradosso del boom delle importazioni

Dal mese di ottobre 2021, la bilancia commerciale dell'area Euro è tornata in territorio negativo, dopo oltre 10 anni consecutivi di surplus consistenti. Una prospettiva ampia sull'andamento dei volumi importati consente di capire meglio le cause di questo fenomeno. Durante l'estate 2021 infatti le importazioni hanno condiviso lo stesso fenomeno di moderazione dei ritmi di crescita dell'export, per il rallentamento della congiuntura, nonché per via della scomparsa di un forte effetto base nella misurazione delle variazioni percentuali rispetto al nadir della crisi pandemica di maggio 2020.Il quadro cambia improvvisamente nel quarto trimestre 2021 (vedi Figura 3): i volumi importati tornano a crescere a ritmi consistenti, trainati dal boom della manifattura cinese (barre grigie) e soprattutto dai prodotti energetici in arrivo dai Paesi europei extra-UE (barre viola) e dagli USA (barre rosse). Fermi invece gli scambi con i Paesi UE extra-Euro (barre marroni - Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria) che avevano sostenuto il grande rimbalzo delle riaperture post-pandemia.

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Non è immediato capire che la dinamica delle importazioni è dominata dalla crescita del costo della bolletta energetica. Anche in questo caso è opportuno studiare in dettaglio l'andamento delle importazioni dai Paesi europei extra-UE (vedi Figura 4).

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I dati mostrano una spettacolare crescita dell'import dalla Norvegia, che era in stagnazione da diversi anni (+30% sui 12 mesi a dicembre 2021), seguita da un significativo aumento dei volumi in arrivo dalla Russia (+15%) al picco. Si tratta ovviamente di idrocarburi: gas naturale, petrolio e prodotti derivati.
Si è esaurito invece il contributo delle merci turche, che aveva guidato la prima fase di espansione delle importazioni tra il 2020 ed il 2021 (barre arancioni).

Il ruolo della bolletta energetica

Esploriamo ora i movimenti nel tempo delle importazioni di prodotti petroliferi da parte dell'area Euro (vedi Figura 5).

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In termini assoluti, è chiaro l'impatto devastante dei lockdown generalizzati della primavera 2020, che hanno ridotto le importazioni dal resto del mondo per oltre il 70% nel momento di nadir. La graduale ripresa del valore dei prodotti importati ha accelerato da settembre 2021 sostenuta dal forte aumento dei prezzi del petrolio sul mercato secondario.
La Russia rimane storicamente il primo partner commerciale dell'area Euro (barre rosse, 25% del totale delle importazioni), seguita da USA, Regno Unito, Arabia Saudita e Norvegia. La Libia rimane un importante fonte di approvvigionamento, anche se l'instabilità politica rende la dinamica delle importazioni volatile ed imprevedibile, mentre cresce il ruolo del petrolio nigeriano e kazako.
Guardando ai movimenti delle quote di mercato dei vari Paesi produttori di energia (Figura 6), si può notare la loro sostanziale stabilità nel tempo, con la notabile eccezione del petrolio libico (barre verdi). La recente crescita delle importazioni da Norvegia, USA e Russia, pur se accelerata, ha modificato di pochi punti percentuali il quadro generale degli approvvigionamenti energetici dell'area Euro.
È importante valutare queste variazioni al fine di dare la giusta prospettiva agli sforzi di diversificazione e riduzione della dipendenza della nostra area valutaria da gas e petrolio russi. Anche se è duro da digerire, è improbabile che si possano ottenere dei risultati apprezzabili in pochi mesi ed è anzi probabile che il costo della bolletta energetica (e del surplus commerciale russo) continuino a crescere per tutto il 2022, con ovvi effetti recessivi sull'economia europea.
Quello che paradossalmente sta già succedendo è che la Russia, forte delle entrate in valuta, riduca i flussi di idrocarburi in uscita, come ritorsione ai pacchetti di sanzioni commerciali e finanziarie che stanno colpendo duramente la capacità di Putin di importare ed impiegare utilmente le riserve valutarie. Questo è un punto fondamentale: il fatto che l'UE abbia un controllo limitato delle proprie importazioni energetiche non implica che le sanzioni non stiano svolgendo il proprio ruolo.

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La macchina bellica russa ha infatti estremo bisogno di beni ad alta tecnologia di manifattura occidentale, che non possono essere prodotti internamente in una logica di import substitution, quantomeno non nei tempi imposti dalla guerra.Come spesso è accaduto nelle decadi più recenti, in tempi di crisi la situazione europea (ed italiana) appare più difficile da gestire rispetto a quella del resto del mondo. Si naviga a vista, confidando in una risposta delle istituzioni comunitarie, Banca Centrale Europea in primis, unitaria ed all'altezza.

Direttore Generale dell'Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli
@MarcelloMinenna

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