di Marta Casadei
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Ricavi (attesi) in salita del 14% sul primo trimestre 2021 e ricorso alla cassa integrazione per 25 aziende su 100, in rapida discesa rispetto al 42% del quarto trimestre 2021. Il 2022 della moda italiana inizia con segno positivo, nonostante le incognite legate alla pandemia non ancora conclusa, alla guerra in Ucraina e agli aumenti dei costi di materie prime ed energia che a questi due eventi sono connessi. E che non solo spaventano le aziende, ma mettono a rischio la ripresa.
A tracciare questo quadro aggiornato sono i dati dell’8ª Indagine relativa all’impatto del Covid-19 sulle imprese del settore realizzata da Confindustria Moda e diffusa nell’ultimo giorno della fashion week di Milano. Anche i numeri di preconsuntivo 2021 sono migliori rispetto alle stime: i ricavi del settore tessile-moda-accessori sono saliti del 22,2% portando il fatturato a 91,7 miliardi di euro. Restano ancora sotto i livelli 2019, quando le vendite avevano superato i 98 miliardi di euro e la speranza è quella di un pieno recupero.
L’atteggiamento positivo verso il futuro (il 23% degli intervistati da Confindustria Moda punta a nuove assunzioni durante l’anno) non cancella però le notizie di questi giorni né l’impennata dei prezzi: l’80% delle aziende pensa che l’aumento dei costi delle materie prime rischia di essere una minaccia concreta alla ripresa; per il 70% il balzo del prezzo dell’energia avrà ricadute molto pesanti sulla ripresa. «Siamo in una fase di ripartenza molto delicata - spiega Cirillo Marcolin, presidente di Confindustria Moda -. Le nostre imprese si avvicinano ai livelli del 2019 e tornano a creare posti di lavoro nel Paese, ma il balzo dei costi rischia di essere grave minaccia specialmente per le aziende più energivore a monte della filiera. Perché questi fattori non vadano a danneggiare il quadro positivo che si sta faticosamente creando è necessario attivare azioni sinergiche con il Governo, utilizzando i fondi del Pnrr in maniera strategica».
Intanto a Milano si è conclusa la settimana della moda, la prima a pieno regime in tempo di pandemia. «La fashion week ha avuto un’affluenza oltre le aspettative - dice Carlo Capasa, presidente di Cnmi -, con molti arrivi dall’estero, ma stiamo attraversando momenti difficili: il ritorno ai livelli pre Covid nel corso di quest’anno non è più scontato».
A pesare sono i rincari nell’energia e nella logistica, inaspriti dalla guerra in Ucraina: «Siamo un Paese manifatturiero quindi bisogna varare misure ad hoc per limitarne l’impatto, ma dobbiamo avere il coraggio di ripensare il sistema di approvvigionamento energetico anche in chiave sostenibile», conclude Capasa.
Positivi anche i risultati delle fiere: White|Sign of the Times ha chiuso con quasi 19mila visitatori di cui quasi 14mila buyer, + 24% più rispetto a settembre 2021. «Mi auguro che Milano realizzi la rilevanza della partita che sta giocando, ne colga l’opportunità strategica rispetto alle altre capitali fashion, in primis Parigi, e continui su questa strada», ha detto Massimiliano Bizzi, fondatore di White. Oggi il testimone passa proprio a Parigi, dove la moda italiana sarà ancora protagonista con i suoi creativi (Maria Grazia Chiuri per Dior, per esempio), brand (Miu Miu) e, soprattutto, i suoi terzisti.
Marta Casadei
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