di Marzio Bartoloni
Incendio Rsa Milano, funzionario vigili fuoco: "Fumo confinato a primo piano, lunghe operazioni di evacuazione"
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Con oltre 80 persone ferite e sei morti il rogo scoppiato nella notte di venerdì nella Rsa Casa dei Coniugi in via dei Cinquecento a Milano si appresta a diventare uno degli incidenti più drammatici degli ultimi anni avvenuti in una casa di riposo per anziani. I feriti sono stati distribuiti in 15 diverse strutture ospedaliere di Milano e hinterland, mentre è cominciata la corsa a ostacoli per ospitare gli altri anziani in altre strutture residenziali che come in tutta Italia sono quasi sempre in over booking. La tragedia dell'incendio a Milano ripropone infatti il tema delle strutture per l'assistenza agli anziani mettendone in luce le carenze in un paese che ha il record di anziani.
L’Italia oggi è fanalino di coda in Europa per posti letto nelle residenze per anziani: ne abbiamo solo 18,6 ogni mille over-65 contro i 43,8 della media Ue, i 51 di Francia e i 54,4 di Germania. Per non parlare di tutte le altre emergenze: sovraffollamento, poco personale non sufficiente a copre i turni e poi come mostrano le cicliche indagini dei Nas in diversi casi spazi sporchi e poco sicuri se non addirittura casi di maltrattamenti.«Sarà la magistratura ad accertare eventuali responsabilità ma non possiamo dimenticare che nelle residenze per anziani troppo spesso la sicurezza è drammaticamente carente», ha ricordato Ivan Pedretti segretario generale del sindacato dei pensionati della Cgil. Che invoca una riforma del settore e un «censimento» visto che numeri esatti mancano: proprio la Spi Cgil ha fatto una indagine dalla quale emerge che le strutture per anziani in Italia sono 8mila per 262mila posti letto, ma con enormi differenze locali visto che la metà dei letti si concentrano in sole tre Regioni (Lombardia, Piemonte e Veneto) con il Sud quasi totalmente sguarnito.
Il paradosso è che l’emergenza delle Residenze sanitarie per gli anziani continua tragicamente uguale a prima anche dopo la lezione del Covid che colpì per prime - facendo una strage tra gli ospiti - proprio le case di riposo: solo che negli oltre 15 miliardi stanziati dal Pnrr per la missione Salute non c’è praticamente nulla per il potenziamento di queste strutture mentre 5 miliardi andranno tra cure a casa e la costruzione delle nuove Case e dei nuovi Ospedali di comunità che rischiano di restare vuoti per la carenza di personale sanitario, solo nella missione 5 («inclusione e coesione») del Pnrr ci sono 400 milioni per andare nella direzione opposta e cioè per convertire reparti e posti letto di Rsa in alloggi protetti.
Tra l’altro i costi, come sanno molte famiglie, non sono indifferenti: «Oggi il 17% dei letti sono gestiti dal pubblico, il 25% dal privato profit, il 52% da fondazioni e dai privati no profit e infine il 6% dalle cooperative. Il cittadino secondo i livelli essenziali di assistenza dovrebbe pagare il 50% della retta, ma spesso paga di più con cifre che si aggirano sui duemila euro al mese», avverte Franco Massi presidente Uneba che rappresenta oltre un migliaio di strutture no profit religiose per un terzo dei posti letto totali. «Bisogna trovare delle risorse per migliorare le condizioni delle Rsa per farle diventare non solo luoghi di cura ma di vita, se con il Pnrr non è più possibile bisogna puntare alla prossima legge di bilancio e all’attuazione della riforma sui non autosufficienti che è una bella legge ma non ha risorse e ora va messa a terra con i decreti attuativi», aggiunge Massi per il quale non bisogna abbassare la qualità che «poi ne risente la sicurezza» e infine « c’è il dramma della carenza del personale per il quale abbiamo chiesto nei giorni scorsi al ministro Schillaci di facilitare il ricorso agli operatori stranieri».
Marzio Bartoloni
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