di Lorenzo Dornetti, psicologo*
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Se le persone vogliono cambiare lavoro non è colpa delle aziende poco attente alle loro esigenze e neanche dei dipendenti fannulloni che sognano una vita in vacanza grazie al reddito di cittadinanza. Se ci troviamo a parlare di Great Resignation è perché stiamo vivendo un fenomeno complesso e multifattoriale, cioè determinato da più cause differenti.
Prendiamo il caso dei dipendenti impiegati nel settore vendite. Secondo l'ultimo Microsoft work Trend Index che, basato sui dati di Linkedin, è uno più autorevoli del settore, il 49% dei dipendenti è disposto a passare a nuove funzioni lavorative o a cambiare azienda. In pratica una figura commerciale su due si sta muovendo per capire cosa offra il mercato. Anche considerando che le figure sales sono per definizione le più soggette a dinamiche di stress, poiché hanno il contatto diretto con i mutamenti di mercato e partono già da una base di turnover fisiologico più alta rispetto ad altre, il dato è però enorme, oltre ogni aspettativa ed è difficile da spiegare con le motivazioni ricorrenti delle aziende che propongono stipendi bassi e ridotte prospettive di crescita da un lato e dall'altro la scarsa disponibilità dei lavoratori a riprendere i ritmi pre-covid e poca volontà di adattamento rispetto ai nuovi processi con cui le aziende devono affrontare l'attuale instabilità.
Una lettura innovativa e interessante arriva però dalle neuroscienze, che pongono al centro del dibattito il tema della fiducia. Numerosi studi hanno dimostrato che le decisioni più importanti nella vita di una persona sono determinate da un'iperattivazione del sistema limbico, ovvero la centralina nervosa che regola, tra le altre, anche la dinamica della fiducia, che altro non è se non, come la definisce Borum in “Interpersonal trust”, la disponibilità ad accettare un rischio per il futuro alla luce delle parole e delle azioni altrui dette o fatte oggi.
Proviamo ad entrare nella testa del lavoratore, analizzando la decisione di dimettersi attraverso la prospettiva della fiducia. Quando un lavoratore cambia azienda, o ha intenzione di farlo, significa che non si fida. Non prova più la sicurezza di potersi affidare per il futuro a quell'impresa. Le azioni e le parole delle persone al loro interno, spesso il management, non motivano il rischio di continuare a dare il proprio contributo. Cosa può fare un'azienda per trattenere i dipendenti e bloccare le grandi dimissioni? Deve tenere sempre alto il livello di fiducia nei propri collaboratori, con particolare attenzione all'area commerciale che, come abbiamo visto, è una delle più delicate da questo punto di vista.
Il paradigma neuroscientifico più accreditato sulla fiducia nei contesti lavorativi è quello di Doney e Cannon. In questo modello, la percezione di fiducia del singolo è legata a due fattori: la fiducia verso l'impresa (intesa come organizzazione) e la fiducia ambientale (la qualità delle relazioni tra le persone in azienda).
Accrescere la fiducia verso l'impresa significa comunicare al collaboratore che l'azienda è un “porto sicuro” in cui essere, che sta abbracciando il futuro con investimenti e coraggio. È far sentire che l'azienda è solida per tollerare le instabilità del nostro tempo e capisce i bisogni quotidiani di chi lavora. Non bastano i bilanci per veicolare sicurezza. Non bastano le newsletter interne piene di slogan. Rafforzare la fiducia verso l'impresa significa dire e fare azioni precise. È estrema chiarezza rispetto a quello che ci si aspetta da ogni persona. È esplicitare dove si andrà e come si andrà. Le persone si fidano di un'organizzazione se le riconoscono innovazione ed etica. Ogni giorno, chi la guida dovrebbe chiedersi: cosa faccio oggi per far sentire a tutti che possono fidarsi dell'azienda?
È fondamentale creare un rapporto fiduciario tra le persone in azienda. Molte iniziative aumentano la percezione di essere in una rete sociale sul lavoro. La creazione di un ambiente fiduciario cresce quando i ruoli sono chiari, i meccanismi di crescita precisi e le nuove competenze da acquisire definite. Molti studi hanno dimostrato che creare occasioni di incontro informali ed extralavorative migliora la percezione di fiducia tra le persone, è un humus su cui si innesta la fiducia.
La fiducia è dunque una variabile fondamentale legata alle grandi dimissioni. Benefit economici o iniziative di welfare non bastano, se chi lavora non si sente sicuro dell'azienda e dell'ambiente relazionale in cui opera. Il grande psicologo Jhon Bowlby, scrive: “anche se particolarmente evidente nella prima infanzia, il comportamento di attaccamento fiduciario caratterizza l’essere umano dalla culla alla tomba”. Inutile dire che il luogo di lavoro è quello più frequentato tra la culla e la tomba.
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