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Dal prodotto al servizio, la svolta che premia imprese e clienti

di Barbara Ganz

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L'evoluzione. La servitizzazione entra anche nelle Pmi (nella foto produzione alla Video Systems di Codroipo, una delle aziende che ha abbracciato il cambiamento)

L'evoluzione. La servitizzazione entra anche nelle Pmi (nella foto produzione alla Video Systems di Codroipo, una delle aziende che ha abbracciato il cambiamento)

Crescono sul territorio le strategie di servitizzazione come opportunità per le Pmi. Il modello permette alle aziende di fidelizzare gli utenti e allungare la vita e le prestazioni dei macchinari

17 dicembre 2021
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4' di lettura

Non ti serve una caldaia: ti serve l’acqua calda. È uno degli esempi più usati per far capire che cosa significa il termine servitizzazione, e perché rappresenta una opportunità anche e forse soprattutto in un tessuto di piccole e medie imprese qual è il NordEst.

Un territorio favorevole anche per un altro motivo: proprio qui, grazie a una collaborazione transfrontaliera con la Slovenia, è nato nel 2018 un progetto europeo promosso da Friuli Innovazione per la diffusione delle strategie di servitizzazione in particolare nelle Pmi manifatturiere. Il progetto ha messo a punto una metodologia particolarmente efficace proprio per le piccole e medie realtà, tanto da portare alla creazione di una nuova figura professionale, il Servitization Manager, certificato a livello europeo da Cepas – Bureau Veritas.

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Che cosa significa servitizzazione o servitization? Si tratta di un processo di progressiva contaminazione tra il prodotto e il servizio: in sostanza tutta una serie di servizi vengono “aggiunti” al prodotto (ad esempio la manutenzione, dilazioni di pagamenti o altro) e diventano parte integrante della proposta di valore ed elemento di competitività, fino a portare alla trasformazione del modello di business, che non prevede più di vendere un prodotto, ma di offrire un servizio d’uso (secondo modelli pay per use, per availability, etc).

La formazione su questo tema si sta diffondendo, e di recente di servitizzazione si è parlato nell’evento organizzato a Trieste dal gruppo Terziario Confindustria Alto Adriatico nell’ambito del progetto nazionale DIGITALmeet. Una svolta avviata negli anni Ottanta, e a cominciare sono state le fotocopiatrici: oggi tutti siamo abituati a pagare il servizio di “fare delle copie” , ed è stato questo forse uno tra i primi modelli di business da service innovation. Negli anni ’80 per stimare il costo del servizio si prendevano in considerazione il consumo del toner e il tempo dell’operatore. La novità di oggi è che alla servitizzazione si uniscono digitalizzazione e connessione, e questo sta portando una vera e propria rivoluzione nel paradigma economico. In sostanza, i macchinari di oggi non solo permettono di calcolare il numero di copie fatte, ma portano con sé tutta una serie di ulteriori suggerimenti sulla manutenzione, i consumi, le performance. Non solo: apparecchi connessi riescono ad accumulare e trasferire numerose informazioni su quello che è il comportamento in uso del cliente, e grazie ad una stampante si possono creare le informazioni del cosiddetto “gemello digitale” del cliente. «Così - spiega Michele Da Col, presidente della sezione Terziario Confindustria Alto Adriatico - si crea valore e si ottengono dati preziosi per creare un rapporto di fiducia con il cliente. Un vantaggio per il produttore, per il cliente stesso che non deve temere che la macchina non funzioni - non converrebbe a nessuno - e perfino per l’ambiente, perché nessuno troverà vantaggio dalla sostituzione di una stampante ancora funzionante o magari riadattabile, quindi con minore spreco di risorse». Fra i sostenitori di una trasformazione necessaria c’è Roberto Siagri, fondatore di Euritech, che al tema ha dedicato edito da Guerini, “La servitizzazione. Dal prodotto al servizio per un futuro sostenibile senza limiti alla crescita” in cui delinea un futuro in cui i servizi prenderanno, grazie alla tecnologia, il posto dei prodotti, mettendo così d’accordo imprese, utenti e ambiente. «È un sistema in cui tutti vincono: l’impresa non esaurisce il suo compito con la vendita, ma deve garantire un prodotto che funzioni sempre, a lungo. Certo, così si possono creare dei problemi finanziari, perchè non c’è un incasso immediato: anche le banche dovranno riformulare e aggiornare il proprio servizio». Il cambiamento non riguarda - sottolinea Siagri - soltanto la tecnologia: «Quest’ultima ha reso possibile il cambiamento, ma esso si riflette in aspetti sociali, economici, estetici ed etici. È l’unico modello che, sul lungo periodo, possa garantire sostenibilità, considerando che l’attuale sistema economico non potrà soddisfare tutti. Il passaggio da prodotti a servizi, peraltro, è vincente sotto ogni punto di vista: permette di risparmiare ingenti risorse, di proporre prezzi più vantaggiosi agli utenti e di portare maggiori guadagni nelle casse delle imprese. L’attuale gara al ribasso per i prezzi dei prodotti, al contrario, non fa altro che andare a discapito della loro qualità e dell'ambiente».

E se la servitizzazione sta già prendendo piede, specialmente in campi come l’intrattenimento e il software, «credo che a fare da catalizzatore sarà l’avvento dell’auto senza pilota. Potrei scommettere che nessuno dei possibili produttori che la stanno sviluppando oggi ha intenzione di venderla: l'obiettivo è renderla un servizio che consente alle imprese produttrici di aumentare il prezzo al chilo del prodotto facendo allo stesso tempo risparmiare il cliente e riducendo anche l'inquinamento” prosegue Siagri. “L'economia dei servizi, tra i suoi pregi, ha anche quello di generare una maggior sintonia di intenti tra l'erogatore e l'utilizzatore di un servizio. Nel campo dell'energia elettrica, ad esempio, stanno nascendo i primi abbonamenti a canone fisso: se con le bollette classiche il fornitore è avvantaggiato dai consumi eccessivi del cliente, con questo nuovo approccio ha invece tutto l’interesse a far sì che l’utenza limiti al massimo gli sprechi».

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