di Dario Ceccarelli
(AFP)
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Niente Liegi-Bastogne-Liegi per Tadej Pogacar: la Doyenne che si disputerà domenica perde così il campione in carica che la Uae-Emirates sostituirà con l’americano Brandon McNulty. Con la Liegi-Bastogne-Liegi, ultimo capitolo della classiche del Nord, in programma il 24 aprile, si apre un «dibattito» diventato quanto mai attuale nel ciclismo: sarà più interessante (ed emozionante) seguire la prova femminile o quella maschile? Fino a pochi mesi fa, pur correndo il rischio di passare per vetero maschilisti da rispedire nel Paleozoico, non avremmo avuto dubbi: meglio la prova degli uomini. Sia per tradizione, sia per agonismo e qualità dei campioni al via. Con i soliti distinguo più o meno ipocriti per rendere più sfumato e meno definitivo il giudizio.
Ora però, dopo le recenti imprese delle irresistibili ragazze italiane (l'ultima quella di Marta Cavalli alla Freccia Vallone, realizzata dieci giorni dopo aver conquistato anche l'Amstel Gold Race), la risposta si fa più complicata. Soprattutto in chiave tricolore, visto che i nostri uomini alla classiche del Nord stanno facendo una ben magra figura.
In questa prima parte della stagione, nelle tre classiche monumento svolte finora, gli italiani non sono mai entrati una volta nei primi dieci. Mai. Il miglior risultato, certo non entusiasmante, è stato l'undicesimo posto di Vincenzo Albanese alla Milano-Sanremo. Per il resto, non pervenuti. Soprattutto qui al Nord, sia nelle Fiandre che nelle Ardenne. Come se i nostri fossero spariti. Cancellati dagli ordini d'arrivo e da quelli di partenza.
Anche questa domenica 24 aprile alla Liegi partiranno solo tredici corridori azzurri. Ma con probabilità di successo quasi pari allo zero: i migliori come Damiano Caruso, Andrea Bagioli, Diego Ulissi e Alberto Bettiol faranno i gregari di lusso per i big più accreditati. Poi ci sono Vincenzo Nibali e Domenico Pozzovivo. Sul grande vecchio Nibali, 36 anni, ancora in ritardo di condizione, possiamo sperare in un onesto piazzamento. Per Domenico Pozzovivo, migliore degli azzurri alla Freccia Vallone (15esimo) idem come Nibali. Con un dettaglio non secondario: che il lucano ha ormai 39 anni e un numero imprecisato di placche metalliche per le tante fratture riportate in 25 anni di onorata carriera. Insomma, è già un miracolo che il buon Pozzovivo sia ancora nel gruppo. A volte perfino dei migliori.
Per rendere meglio il declino del nostro ciclismo, basti dire che 20 anni fa, nel 2002, cinque italiani conquistarono i primi cinque posti della corsa delle Ardenne, con Paolo Bettini che superò in volata Stefano Garzelli. E ben sette azzurri si classificarono tra i primi dieci. Altri tempi, certo, ma il confronto rimane impietoso.
Qui si potrebbe aprire un altro dibattito: sul perchè in Italia non nascano nuovi campioni. E sul perchè i nostri migliori preferiscono mettersi al servizio di star straniere come Pogacar o Alaphilippe. Ma si andrebbe troppo lontano e di dibattiti, di questi tempi, ne abbiamo già sentiti abbastanza. La sostanza, tornando a monte, è che in questa corsa, detta la “Decana” perchè è la più antica tra le corse di un giorno (1892), non abbiamo uno straccio di speranza.
Finito fuori dai giochi lo sloveno Tadej Pogacar, per la vittoria restano in pista il francese Julien Alaphilippe e lo spagnolo Alejandro Valverde che, per la cronaca, ha già compiuto 42 anni. Se Valverde la spuntasse (alla Freccia è stato secondo) riuscirebbe a eguagliare il record di Eddy Merckx (5 successi).
Pogacar era il più temuto: una grave perdita per la competizione. Alla Freccia si piazzò solo 12esimo. E su questi muri vinse nel 2021. Anche ad Alaphilippe è mancata la condizione dei giorni migliori. Ma la sua classe non si discute. Già due volte alla “Decana” è arrivato secondo. Quindi sarà da tener d'occhio, come saranno da tener d'occhio anche il vincitore della Freccia Vallone, Dylan Teuns, e altri due belgi da cinque stelle: Wout Van Aert (molto vivace alla Roubaix) e il giovane talentuoso Remco Evenepoel che corre sulle strade di casa.
A questo punto, detto che la 108esima edizione (maschile) della Liegi è lunga 257,2 chilometri con 10 cotès, tra le quali la micidiale Cote de la Roche-aux-Faucons (a circa 15 km dal traguardo), converrà dire due parole in più sulla versione femminile della Doyenne, che anticiperà di qualche ora la prova maschile con cui condividerà una parte significativa di strada che quest'anno collegherà Bastogne a Liegi. Il percorso è di km 142,1 con 7 muri compresi la Redoute e la Roche-aux-Faucons. La vincitrice del 2021, l'olandese Demi Vollering, dovrà difendersi dagli attacchi di molte avversarie agguerrite, a partire dalle nostre Elisa Longo Borghini (prima alla Roubaix) e di Marta Cavalli reduce dal doppio successo al Giro delle Fiandre e alla Freccia. Se son rose fioriranno. Di certo le italiane sono tra le più temute. Del resto in Belgio, terra di emigranti, le donne italiane non si sono mai tirate indietro.
Ps. Cinque anni fa, il 22 aprile 2017, investito da un camionista incauto, ci lasciava Michele Scarponi, valente corridore ma anche uomo generoso e di inimitabile simpatia. Per ricordarlo, è uscito un bel libro (“Caro Michele, una vita alla Scarponi”) in cui si possono leggere aneddoti e testimonianze di corridori e figure del gruppo che l'hanno conosciuto bene. Per ricevere il libro bisogna iscriversi alla Fondazione Onlus a lui intitolata con la quale la famiglia promuove la sicurezza stradale e il rispetto delle regole.
Dario Ceccarelli
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