di Roberto Bongiorni
Israele, Netanyahu definisce il disastro del monte Meron una delle peggiori cose accadute al Paese
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Ancora una volta la prima scelta era ricaduta su di lui, Benjamin Netanyahu, il premier dalle sette vite; dopo le elezioni del 23 marzo - le quarte in due anni - aveva ricevuto il mandato per formare un nuovo Governo. E ancora una volta, l'inossidabile Bibi, il primo ministro più longevo nella storia di Israele, non ci è riuscito.
Dopo i 28 giorni previsti dalla legge per le consultazioni, Bibi ha “restituito il mandato”. In uno stallo che dura da troppo tempo, il presidente della Repubblica Reuven Rivlin ha rotto subito gli indugi. Toccherà a Yar Lapid, l'astro nascente dell'opposizione, provare a mettere insieme almeno 61 parlamentari di diversi partiti, in modo da avere così una maggioranza in Parlamento e formare quindi un Esecutivo.
Sarà davvero lui, 57 anni, entrato in Parlamento nel 2013 dopo una lunga carriera giornalistica coronata da tanti successi, a metter fine al regno di Netanyahu?
Lapid l’ha spuntata su Naftali Bennet, il falco ribelle, l’ex uomo di fiducia del Likud, il fondatore di una sua formazione politica ancora più a destra (Yamina) che ha fatto di tutto per non cedere alle lusinghe di Bibi e formare un Governo di rotazione insieme a lui. Il partito di Lapid, Yesh Atid , ha ottenuto 17 seggi alle ultime elezioni di marzo. E nonostante siano poco più della metà rispetto a quelli ottenuto dal Likud, il partito conservatore di Netanyahu, Yesh Atid, è la seconda forza del Paese. Il partito di Bennet, Yamina, creato da una costola del Likud, ha raccolto solo sette seggi.
«La mia considerazione principale - ha spiegato il presidente Rivlin - si è basata su chi ha la probabilità più elevata e che riesca ad ottenere la fiducia alla Knesset. Lapid ha questa possibilità, sia che sia lui a presiedere il Governo o un altro candidato in un Esecutivo in cui però sia il premier alternato».
Rivlin - che ha visto sia Lapid sia Bennett - ha poi spiegato che anche il ledear di Yamina Bennet «è interessato ad un governo stabile e non ha escluso un governo di Lapi».
Il problema per Lapid è ottenere quella maggioranza che, in una sinistra più divisa che mai e in un centro ancora in cerca di una vera identità, è difficile da raggiungere. Lapid ha già ottenuto l'appoggio di 56 parlamentari. Un risultato notevole. Avrebbe comunque bisogno dei 7 seggi di Yamina. Ecco perché Lapid e Bennet starebbero prendendo in seria considerazione il progetto di creare un Governo a rotazione, in cui Bennet sarebbe premier nei primi due anni e Lapid negli altri due.
Le intenzioni sono buone. Ed è già un buon punto di partenza. Tuttavia mettere insieme sette partiti politici, dalla sinistra alla destra passando per il centro, ognuno con agende politiche diverse, a volte in conflitto, e per giunta con il sostegno di uno dei due partiti arabi, appare una sfida quasi impossibile.
I precedenti non giocano in favore dei Governi a rotazione. L’ultimo Esecutivo di questo tipo era nato dalle elezioni del marzo 2020. Netanyahu doveva governare per 18 mesi da premier per poi passare il testimone per altri 18 mesi al suo rivale, Benny Gantz, fondatore del partito di centro Blu e Bianco. L’esperimento è durato molto poco. Il Governo di Unità è naufragato sulla spinosa questione dei budget.
È dunque davvero la fine di “Re Bibi”? È ancora prematuro dirlo. Dopo 12 anni consecutivi alla guida del Governo (e tre dal 1996 al 1999) un altro politico sarà presumibilmente nominato premier. Netanyahu per ora resta il leader del primo partito del Paese, il Likud. I cui 31 onorevoli non si sono arresi e intendono presentare in Parlamento una legge che punta all’elezione diretta del premier, un argomento da sempre cavalcato con da Netanyahu.
Se fosse approvata, Israele tornerebbe al voto - il quinto in meno di tre anni - per scegliere non più i partiti ma direttamente il premier. Bibi sarebbe il grande favorito nonostante il processo che lo vede imputato per tre casi di corruzione.
Ma l’idea di un altro voto è vista come il fumo negli occhi dal presidente Rivlin. Il quale sa che Israele non può rimanere ancora orfano di un Governo. Senza un budget, in balia di conflitti regionali alle sue porte, e politicamente senza una voce forte davanti ai preoccupanti progressi dell’Iran nel processo di arricchimento dell’uranio.
Israele ha bisogno di un governo stabile perchè si trova in una regione molto instabile. L’ennesima conferma arriva dai missili lanciati nella notte di martedì 5 maggio (e forse in parte intercettati) verso le città di Haffeh, a est del porto di Latakia (dove si trovano molti militari russi), e Masyaf, nella provincia di Hama nella Siria nordoccidentale.
Secondo Damasco è stata Israele (che non ha confermato). Segno che la tempesta mediorientale ancora non si è calmata.
Roberto Bongiorni
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