di Maria Luisa Colledani
(REUTERS)
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Il cielo di Tokyo è sempre più azzurro, anche se ieri pioveva, e sembrava una landa inglese. Dieci le medaglie conquistate in un giorno: un oro, quello della squadra del ciclismo nel nome di Alex Zanardi, sei argenti e tre bronzi. L’Italia non finisce di stupire e il medagliere dice 58, come ai Giochi paralimpici di Seul 1988. Ma c’è una grande differenza: in Corea del Sud, erano presenti solo 61 Paesi, sono 162 a Tokyo, in Corea gareggiavano poco più di 3mila atleti, ora sono 4.400. Il mondo e lo sport hanno allargato i confini e si sono globalizzati e vedere la squadra italiana lassù, al settimo posto, alle spalle dell’Australia e davanti al Brasile, è un trionfo, che iniziamo a raccontare attraverso le storie di sei medaglie d’oro di questa edizione (le altre storie sul Sole 24 Ore di domenica). Ci sono i sacrifici dei ragazzi e delle ragazze, delle famiglie, certo, ma anche di federazioni e società sportive preparate perché altrimenti non ci si spiegherebbe come il nuoto paralimpico italiano abbia portato in finale 25 dei suoi 29 atleti. L’impegno e lo sport come chiavi per raggiungere la dignità che questi sportivi meritano. E con la dignità può crescere anche il Paese.
Maria Luisa Colledani
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