di Andrea Chimento
«Ennio»
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Uno dei documentari più attesi ed emozionanti dell'anno: nelle sale arriva «Ennio», imperdibile omaggio a Ennio Morricone, diretto da uno dei registi con cui ha collaborato maggiormente, Giuseppe Tornatore.
Si tratta di un ritratto a tutto tondo di uno dei compositori più popolari, importanti e prolifici della storia del cinema, oltre che uno dei più amati a livello internazionale, vincitore di un Oscar onorario nel 2007 e di un altro per la miglior colonna sonora nel 2016, grazie alla partitura per «The Hateful Eight» di Quentin Tarantino.
Scomparso il 6 luglio del 2020, all'età di 91 anni, Morricone viene raccontato attraverso una lunga intervista fatta dallo stesso Tornatore, unita alle testimonianze di tanti registi italiani (da Bertolucci a Bellocchio, da Montaldo ad Argento, passando per i fratelli Taviani e Carlo Verdone) e stranieri, artisti vari e altri suoi celebri colleghi come Nicola Piovani e Hans Zimmer.
Oltre alle parole, però, non può che essere protagonista la musica, fin dalle primissime immagini della pellicola, che unita ai materiali d'archivio ricrea le splendide sinfonie composte da Morricone nel corso della sua inimitabile carriera.
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«Ennio» è un viaggio intimo nell'arte di Morricone e nelle sue passioni, tra cui quella per gli scacchi, che si uniscono coerentemente con le sue grandi intuizioni artistiche, di cui si racconta l'origine: ne sono degli esempi l'urlo del coyote che gli suggerisce il tema de «Il buono il brutto, il cattivo» o il battere ritmato delle mani su alcuni bidoni di latta da parte degli scioperanti in testa a un corteo di protesta per le vie di Roma che lo ispira per il tema di «Sostiene Pereira».
L'arte di Morricone era perennemente alla ricerca della sperimentazione, mentre questo documentario punta su una struttura più tradizionale, ma riuscendo a cogliere a pieno la profondità dell'anima e della musica dell'artista.Tornatore, che aveva già lavorato con il linguaggio del documentario in passato, è tornato dietro la macchina da presa cinque anni dopo «La corrispondenza» e non ci poteva essere un ritorno più emozionante, sicuramente tanto per lui quanto per gli spettatori.
Film molto diverso e meno intimo è invece «Uncharted», blockbuster d'azione americano ad alto budget diretto da Ruben Fleischer.Alla base c'è l'omonima e fortunata serie di videogiochi, di cui qui si raccontano le origini: la trama fa leva sulle avventure del cacciatore di tesori Nathan Drake, interpretato da Tom Holland, discendente del celebre Sir Francis Drake. Mentre è alla ricerca del fratello maggiore Sam, il giovane incappa nella conoscenza di Victor Sullivan, noto come Sully, con cui stringerà amicizia e che diventerà il suo mentore.Sorta di origin-story della saga videoludica, è un film pensato (quasi) unicamente per i fan del videogioco, anche perché la narrazione difficilmente potrà coinvolgere e appassionare altri spettatori.
Aldilà del rapporto col franchise, però, considerando «Uncharted» come lungometraggio a sé, i limiti sono numerosi, a partire da un ritmo con troppi cali e da personaggi scritti in maniera grossolana.L'azione spesso latita e il risultato è un film che somiglia a troppi altri e che rischia di non lasciare davvero alcunché da ricordare al termine della visione.
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