di Simone Filippetti
(Afp)
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Dentro a un modesto capannone di mattoni rossi, nella zona industriale di Whestone, alla periferia di Leicester, si staglia una grossa struttura rettangolare: dentro c'è un reattore nucleare. La gabbia, con un silos dentro, è alta 16 metri: dal basso è ciclopico, ma in realtà è la più piccola centrale nucleare al mondo. Nessun rischio atomico, però: quella in mostra è una replica a dimensioni naturali, un modellino in scala 1 a 1 per essere esibito a clienti e visitatori. Fuori dal complesso c'è la scritta Cavendish Nuclear. Fa parte del gruppo Babcock, la più grande industria nucleare del Regno Unito.
La crisi energetica ha fatto balzare alle stelle il costo dell'energia, principale voce dell'inflazione, il nuovo spettro di tutta Europa che sta mettendo in ginocchio aziende e risparmi delle famiglie. La crisi cade nel pieno della transizione energetica, verso il traguardo delle Zero Emissioni per tutti i paesi avanzati. L'Inghilterra, al contrario dell'Italia, ha un vantaggio: non ha mai detto No al nucleare, il cui primo esperimento di fissione fu condotto all'Università di Manchester. E ora, sulla doppia spinta ambientalista ed economica, Babcock e Urenco stanno progettando il nucleare di futura generazione: si chiama U-Battery perchè è una grande pila dentro a una gabbia rettangolare che può produrre 10 megawatt di elettricità. L'aspetto rivoluzionario sono le dimensioni, può essere installato ovunque; e una struttura a Lego: si possono assemblare più moduli per arrivare alla potenza necessaria. La lillipuziana centrale non usa l'acqua per raffreddare il reattore, come l'ormai malfamata Fukushima; usa l‘uranio arricchito, ma il fluido di raffreddamento è l’elio (con azoto), mentre il moderatore è la grafite. E' un sistema è molto più sicuro, spiegano i costruttori, perché è passivo e si basa solo su principi della fisica La Babcock ha una lunga eri di mini reattori: ha costruito e gestisce quelli che alimentano i sottomarini della flotta britannica e il propulsore della portaerei Queen Elizabeth. “Il nucleare ha un ruolo importante nella decarbonizzazione” esordisce Steve Threlfall, direttore generale di U-Battery. Le energie rinnovabili da sole non potranno mai coprire tutto il fabbisogno energetico, in UK come in Europa: l'atomo è indispensabile.
A metà strada tra le centrali tradizionali (come l'imponente Hinkley Point) e il nucleare portatile, che l'italiano Stefano Buono con NewCleo sta sviluppando proprio nel Regno Unito, il reattore Lego fa dello spazio l'asso nella manica: una centrale tradizionale, occupa una superficie di 170 ettari e richiede 9-12 anni per la costruzione. U-Battery, invece, viene interrato per 10 metri su 16, occupa poco spazio e richiede solo 2 anni per la costruzione. Per anni, l'unica azienda per cui Leicester era famosa è stata la Thomas Cook, la prima agenzia viaggi al mondo e anche la più grande: ancora oggi una statua fuori dalla stazione ricorda il signor Cook. Ma è fallita tre anni fa. E a parte la favola del club LCFC, che ha vinto la Premier League con Claudio Ranieri, la città inglese, un tempo fiorente colonia romana della Provincia Britannia (ha le terme più grandi del Regno Unito), c'è poco altro da ricordare. Ora, però, potrebbe diventare la città della rivoluzione nucleare, che però di rivoluzionario ha poco: la tecnologia HTGR (reattore a gas con alta temperatura) esiste fin dagli anni 60. Era stata usata anche dall'Eni di Enrico Mattei per la centrale di Latina, ma poi è stata abbandonata. Oggi rinasce, con il vantaggio delle dimensioni.
La mini centrale produce elettricità e calore: è perfetta per tutte quelle industrie di base che usano una fornace (cemento, vetro, chimica e ceramica). Il reattore viene installato dentro l'area industriale esistente, senza consumare nuovo terreno. Oppure per comunità remote: isole o zone non connesse alla rete nazionale. U-Battery è un progetto misto pubblico-provato: Cavendish e Urenco hanno ottenuto 10 milioni dal governo. Il ciclo di vita del reattore nano è di 30 anni: è costruito per essere smantellato, altro aspetto ecologico. Il costo è proibitivo: ogni modulo costa 50 milioni di sterline. Ma non si pensa a una vendita diretta: faranno contratti decennali per la fornitura di elettricità e calore. In Inghilterra ci sono industrie di base per un controvalore di 52miliardi che danno lavoro a 500mila persone. Sono tutte potenziali clienti. U-Battery sarebbe utilissima anche all'Italia, se solo il paese abbandonasse il veto sull'atomo: dalle centinaia di industrie manifatturiere energivore del nord; e alle tante isole del sud, ancora oggi alimentate con generatori a diesel.
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