3' di lettura
Rinnovo del sostegno all’Ucraina nella guerra con la Russia, critiche - con prudenza - alla Cina e un impegno troppo timido sul contrasto alla crisi climatica. È il primo bilancio che emerge dalla tre giorni del G7 a Hiroshima, in Giappone, in un summit incentrato soprattutto sul conflitto dell’Est Europa e il supporto compatto del Gruppo a Kiev.
L’agenda del vertice è stata sottolineata dalla presenza dello stesso presidente ucraino Zelensky, volato in Giappone per due dei tre giorni della sessione. Zelensky ha incontrato personalmente alcuni leader, ribadito l’urgenza di una collaborazione contro Mosca e incassato un nuovo impegno militare ed economico dagli Usa. Meno netti gli esiti sul fronte climatico: nel comunicato finale i leader accennano all’obiettivo di raggiungere un’energia «prevalentemente» decarbonizzata entro il 2035, un distinguo che delude chi sperava in scadenze più chiare per l’uscita dalle fonti fossili.
Il rinnovo del sostegno a Kiev ha scandito anche la cerimonia di chiusura del summit di Hiroshima. Zelensky ha visitato insieme al primo ministro giapponese Fumio Kishida il memoriale della Pace, evidenziando che le immagini della città devastata dalla bomba atomica «ricordano veramente Bakhmut e altri insediamenti e città simili». Sul piano degli aiuti, quello evocato da Zelensky con i suoi appelli alla «collaborazione», Kies ha ottenuto dal presidente americano Joe Biden l’impegno a nuovo pacchetto da 375 milioni di dollari e un’apertura concreta alla cosiddetta «jet coalition»: la strategia per aiutare Kiev attraverso l’utilizzo degli F-16. Il ricorso ai jet ha scatenato le ire della Russia, con Mosca all’attacco della misura e dell’intero G7. Un diplomatico russo interpellato dall’agenzia Reuters ha dichiarato che il trasferimento dei jet militari solleverebbe la questione del «ruolo della Nato nel conflitto», accusando gli Usa di aver subordinato il Gruppo dei Sette alle sue strategie offensive contro il Cremlino.
L’altro fronte caldo si è aperto con la Cina, anche se le critiche si sono poi smussate per evitare una rottura sostanziale con Pechino. Da un lato, i leader del G7 hanno chiesto un ruolo più netto nel pressing sulla Russia, manifestato preoccupazione per le manovre su Taiwan e contestato le misure di «coercizione economica» attuate dal colosso asiatico. Dall’altro, si è insistito sulla necessità di condividere una strategia di «derisking»: una riduzione del rischio di strappi per evitare lo scenario di un «decoupling», una separazione. La linea è stata ribadita anche dal presidente francese Emmanuel Macron: «Dobbiamo ridurre i rischi sulle catene di valore, ma senza cercare un disaccoppiamento completo delle nostre economie - ha detto Macron - C'è volontà di avere un rapporto con la Cina e dobbiamo trovare un equilibrio».
Il principale flop del summit sembra essersi registrato, invece, sulla questione climatica. A quanto riporta il Financial Times, gli esperti del settore hanno criticato un documento finale troppo blando rispetto agli obiettivi attesi sull’addio completo ai combustibili fossili e alla virata su fonti rinnovabili. In particolare, il communiqué siglato dai leader parla dell’impegno a raggiungere un settore «pienamente o prevalentemente decarbonizzato» entro il 2035 e ad «accelerare» l’addio totale a fonti inquinanti. I distinguo nel testo («prevalentemente») e l’assenza di scadenza nette per la decarbonizzazione hanno deluso chi si aspettava vincoli più chiari. Sempre secondo quanto scrive il Financial Times, sarebbe stato soprattutto il Giappone a frenare sui termini di una transizione ecologica completa.
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy