di Patrizia Maciocchi
(Agf)
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Dieci anni di matrimonio bianco, più due di fidanzamento, sono una valida ragione per ritenere che per un’intesa spirituale e fisica della coppia non ci sia più speranza. Ma non bastano per mettere in discussione la validità del vincolo, con tutto ciò che questo comporta. Nello specifico l’obbligo da parte di lui, di versare un assegno di mantenimento alla sua ex, anche se lei ha trovato un nuovo compagno, che vive in un’altra città.
La Corte di cassazione, accoglie il ricorso della donna contro la decisione della Corte d’Appello di negare l’assegno - stabilito in prima battuta in 750 euro - proprio in virtù del nuovo love affair della signora, considerato dai giudici di merito al pari di una convivenza more uxorio, anche senza una regolare coabitazione, visto che i due abitavano in città diverse. Per la Suprema corte però così non è. I giudici di legittimità ripercorrono la giurisprudenza in tema di nuove famiglie di fatto, e ammettono che secondo gli orientamenti più recenti la convivenza - pur restando un indizio che facilita il lavoro del giudice nell’affermare la nascita di una nuova famiglia - non è più un elemento indispensabile.
Lo riconosce la giurisprudenza interna, che ha registrato un cambio di marcia della realtà economico-sociale, e lo afferma anche la Corte europea dei diritti dell’uomo. Secondo la Corte di Strasburgo, infatti, «nel mondo globalizzato di oggi diverse coppie, sposate, o che hanno contratto un’unione registrata, attraversano periodi in cui vivono la loro relazione a distanza, dovendo mantenere la residenza in paesi diversi, per motivi professionali o di altro tipo». Detto questo però, quando ci sono due cuori ma anche due capanne, il compito del giudice deve farsi più stringente nel verificare che ci sia nelle coppie a distanza, un progetto di vita comune e magari anche un conto in comune.
Nello specifico questi elementi per la Cassazione mancavano. Mesi di investigazioni private avevano sì dimostrato le frequenti trasferte di lei nella città del compagno e anche la spesa che lei faceva per il nuovo nucleo familiare. Per i giudici però è accertato solo il legame affettivo. Manca invece la prova «di un effettivo progetto di vita comune tra l’ex coniuge e il terzo, con una effettiva compartecipazione alle spese di entrambi». L’ex marito deve dunque versare l’assegno.
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