di Luca Tremolada
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Non parliamo di House of The Dragon e del Signore degli anelli. Ma neanche di The White Lotus, Ted Lasso, Squid Game e di tutte le serie tv famose-famossissime che hanno ricevute quest'anno premi e riconoscimenti. Parliamo invece di piccole produzioni o grandi promesse mancate. Di di prodotti su cui pochi scommettevano, che non hanno avuto il marketing della loro parte ma che nonostante tutto hanno saputo sorprendere.
Semplicemente fa paura. E quando hai sulle spalle più di quarant'anni di lungometraggi horror non è più così semplice generare uno stato di tensione capace di durare per più di qualche minuto. Questa produzione parte come un classico British noir poi si trasforma in Dark e alla fine in Lost continuando a tenerti inchiodato al divano. Se vi fanno i paura i bambini che vedono cose spettrali allora è la vostra sere tv.
Era facile sbagliare. Trasformare in serie tv i romanzi e i fumetti di Neil Gainman non è semplice e il fallimento è dietro l'angolo come si è visto con le due stagioni di American Gods che si sono dimostrate due mezzi flop nonostante il cast stellare. The Sandman invece parte lento ma sta in piedi. Anzi, vi regalerà alcune scene memorabili. Siamo sempre dalle parti del fantastico che inquieta. Ma questa volta inquieta tanto e bene.
La serie televisiva di Netflix che racconta la storia del cannibale di Milwaukee è diventata il terzo titolo della piattaforma di streaming a superare 1 miliardo di ore visualizzate in soli due mesi. Dietro c'è la manina di Ryan Murphy che è un nome e una garanzia (American Horror Story e Glee, solo per fare due nomi). E poi nei panni del cannibale c'è Evan Peters che è colossale e se non vince almeno un Golden Globe vuole che al mondo non c'è giustizia.
Anche qui dopo due stagioni sorprendenti era difficile ripetersi. Butcher e i suoi Boys quello che avevano da dire l'hanno detto. Invece la scelta degli autori è stata quella di inserire nuovi personaggi e andare in fondo nella personalità di quelli già conosciuti. Senza freni e inibizioni, nello stile della serie. Il risultato se vogliamo è meno spumeggiante, più lento ma più interessante. Se sei un fan della serie non rimarrai deluso.
La Corea del Sud è oggi quello che è stata Londra negli anni Settanta e Belino nei Novanta. Nell'audiovideo peraltro cinema e serie tv hanno raccolto premi e riconoscimenti. Avvocata Woo non è Squid Game ma proprio per questo ha ottenuto un successo inaspettato. E globale. C'è chi dice che il merito sia solo di lei, dell'avvocata Woo Young-woo: giovane donna neo laureata alla più prestigiosa facoltà di Legge del paese affetta da una forma di autismo che limita le sue capacità sociali e la sua abilità di entrare in contatto emotivo con gli altri. In realtà è anche tutto quello che le ruota intorno che hanno reso la serie un cult.
Luca Tremolada
Giornalista
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