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Tomba, il re dello slalom che conquistò l’Italia e il mondo

di Dario Ceccarelli

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Una carrellata di campioni dello sport italiano che hanno appassionato generazioni di tifosi e che hanno lasciato il segno fino ad oggi

5 febbraio 2023
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8' di lettura

Fa venire in mente un periodo felice. Più allegro e disincantato, almeno nei ricordi. Anche se coi ricordi bisogna stare attenti, perché a volte imbrogliano. Comunque lui, Alberto Tomba, per più di un decennio (1986-1998) mattatore indiscusso dello sci, di quel periodo è stato uno dei simboli più eclatanti. E non solo sportivi. Quando c'era Tomba, quando arrivava Tomba, quando vinceva “Tomba la bomba”, era come se partisse una scossa di terremoto. Adrenalina pura, febbre da stadio.

Lo sci, prima uno sport silenzioso, praticato da montanari che spiccicavano due parole in croce, con lui cambia colonna sonora. Campanacci, trombe, cori da curva, serpentoni di tifosi che invadono le valli per andare a sostenere quel ragazzone bolognese - un cittadino, incredibile!- che non ha paura di niente e di nessuno. Che quando sale sul podio, trasmette un'euforia contagiosa in una disciplina di solito relegata nei telegiornali regionali o sul terzo canale della Rai, se andava bene.

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Alberto Tomba, il re dello slalom

19 foto

alberto tomba- corno alle scale 17/03/2009
Alberto Tomba vincitore dello slalom olimpico di Calgary 88 sul podio insieme al tedesco Wordl (sin) secondo classificato e Paul Frommelt terzo classificato. (photo Pentaphoto)
Alberto Tomba in ginocchio festeggia la vittoria nel gigante olimpico di Albertville 92. (photo Pentaphoto)
21 May 2003 - Lyon, France: Laureus World Sports Academy members attending the French project, Sport Dans La Ville, after the Laureus World Sports Awards. Academy members attending included Edwin Moses, Nawal El Moutawakel, Ilie Nastase, Alberto Tomba (centre), Nadia Comaneci, Morne du Plessis, Hugo Porta, and also French legend Abdel Benazzi. Sport dans la Ville was founded in March 1998 in Frances 2nd City, Lyon, with a goal of creating a structured and effective sports activities programme that can be used as a tool to help underprivileged children living in tough neighborhoods, with 9 centres across the Lyon region Sport dans la Ville is able to help 575 children (450 boys and 125 girls). The project operates with 7 full time staff, 25 part time trainers and educators and 8 voluntary executive board members. Photo by Laureus via Getty Images
Alberto Tomba con la Coppa del Mondo generale sul podio di Bormio vinta nella stagione 1994/95. (photo Pentaphoto)

Tomba come un vento impetuoso travolge questo mondo. Perfino il Festival di Sanremo, quando Alberto alle Olimpiadi di Calgary '88 conquista due medaglie d'oro, si ferma per vederlo scendere in diretta. Una cosa mai successa, che rovescia gli schemi e manda in visibilio tutta l'Italia. Come per i mondiali di calcio del 1982, il Paese si riconosce in un campione che non solo scia come un dio ma si comporta come se fosse in gita con gli amici. Ride, scherza, abbraccia tutti. Miguel Bosè, presentatore del Festival, quasi perde la voce per l'emozione. Era da 16 anni, dai tempi di Gustav Thoeni, che non conquistavamo due medaglie alle Olimpiadi, ma erano altri tempi, un altro mondo.

Tifo da stadio

«Sì, adesso sembra tutto facile», precisa Tomba. «Ma se a Calgary fossi caduto, proprio durante la diretta di Sanremo, chissà cosa avrebbero detto… Passare dagli applausi ai fischi è un attimo. Soprattutto in uno sport individuale come lo sci, dove sei esposto a tutto. Non come negli sport di squadra dove si condividono anche le sconfitte. La pressione è invece tutta sulla tua testa, sulle tue gambe, sulla pista, sul meteo e sulla neve che cambiano in dieci minuti. Per questo quando mi accusavano di far la bella vita, di girar con le ragazze, mi veniva da ridere: non si sta più di 10 anni a quei livelli, se sgarri. A letto tardi, puoi andarci una volta, poi la paghi…».

Non è molto cambiato Alberto Tomba. Anche se ora ha 56 anni («Mamma mia come è passato veloce questo tempo»), anche se sono già passati 25 anni dal suo ritiro, da quel 14 marzo 1998 quando a Crans Montana conquistò nello slalom la sua 50esima vittoria in Coppa del Mondo, il modo di parlare di Alberto è sempre lo stesso: veloce, quasi a zig zag, come se volesse saltare ancora i paletti. Dice sempre quello che pensa, con quel candore genuino che poi, all'epoca, gli ha procurato non pochi problemi.

“Tomba la Bomba”

«Eh, sì, essere diretti, diciamo pure non avere peli sulla lingua, è un'arma a doppio taglio. La mia sincerità, veniva scambiata per spavalderia. A volte avrei dovuto essere più prudente. Solo che io ero un ragazzo, che all'improvviso si è trovato addosso una popolarità incredibile. In un mondo che aveva regole vecchie, superate. E nessuno fiatava. Poi ero uno di città, anche questo dava fastidio. Per arrivare a Cortina, da Bologna, venivo in macchina. Gli altri abitavano già in montagna. Ero guardato un po' così. Mi piaceva anche scherzare, sdrammatizzare… Una volta nel 1986 da Milano Marittima sono partito in auto per arrivare al rifugio Livrio a 3174 metri. Solo che ero in bermuda ed espadrilles. Quando sono arrivato per cena, mi hanno guardato come un marziano. Poi delle gran risate. Avevo 18 anni, però. Altri hanno tentato di imitarmi, ma son dovuti andarli a prendere perché l'auto si è bloccata prima…».

Come si usa dire adesso, sono anni “fluidi” quelli in cui il giovane Tomba scala rapidamente le gerarchie dello sci italiano e internazionale. Anni in cui il mondo sta rapidamente cambiando. E crollano i vecchi muri. Nel novembre del 1989 cade, tra colpi di piccone e le note dei Pink Floyd, quello di Berlino, aprendo la strada alla fine del comunismo in Unione Sovietica. Soffia il vento della libertà anche in Cina con le proteste degli studenti in piazza Tienanmen. E in Italia, ormai esaurita la lugubre stagione del terrorismo, nei week end si va tutti in montagna sulla scia delle prodezze di quel giovane campione che anche lui viene dalla città. Spuntano parole nuove: il web, la mail, il computer. E anche Alberto fa la sua piccola rivoluzione: d'ora in poi si allenerà da solo, con un suo team personale, senza più dover sopportare quegli obblighi da collegio per lui inaccettabili.

Erede di Thoeni

E il suo primo allenatore sarà proprio quel Gustav Thoeni che negli Anni Settanta si era imposto nelle piste di tutto il mondo. Un bolognese chiacchierone con un altoatesino quasi muto. Due opposti che si integrano alla perfezione. «Dicevano che non ci saremmo trovati - racconta Thoeni - perché io non parlo tanto, ma vi assicuro che anche Alberto non è mai stato di molte parole, soprattutto quando si allenava. E lui si allenava molto a differenza di quello che raccontavano…».

Anche Tomba è d'accordo: «Quando ho iniziato, tutti pensavano che mi sarei sganciato presto, che ero un cittadino viziato. Certo, non mi piacevano le levatacce all'alba, che ritenevo inutili. Ma poi mi sono sempre allenato come dovevo, anche di più. Le cose però le dicevo: non stavo zitto quando le piste erano insicure o ci obbligavano a spostamenti allucinanti. Ci facevano scendere ad orari sbagliati solo per far contente le televisioni. Mi sono esposto, anche con la Federazione, c'erano le vecchie regole degli anni Sessanta. Andavano cambiate. Tutti lo dicevano ma nessuno faceva niente».

Un carattere e un “motore” fuori dal comune

Il fenomeno Tomba, specialista in slalom, lo si spiega in sintesi così. A ribadirlo basta anche il suo curriculum. In quattro Olimpiadi ha conquistato 3 ori e due argenti. Ai Mondiali 2 ori e 2 bronzi. In più, dal 1986 al 1998 è salito 89 volte sul podio (50 vittorie) conquistando anche nel 1995 la Coppa del Mondo. Un atleta possente, alto 1,82 per 92 chili, che avrebbe potuto eccellere in qualsiasi altri sport. Correva i cento metri in 12 secondi sprigionando una potenza di 38 watt, una decina in più di un giocatore di volley o di calcio.

«Era talmente forte - ha osservato l'ex allenatore azzurro Mario Cotelli - che avrebbe potuto vincere ancora di più. Lo criticavo perché Alberto era il numero uno e io non potevo accettare che arrivasse secondo. Se qualche volta perdeva era solo perché faceva qualcosa di sbagliato. L'ho definito uno sciatore a quattro ruote motrici per spiegare che Tomba era proprio come un'auto a trazione integrale, buona per qualsiasi tipo di pista. E poi era un trascinatore. I tifosi impazzivano per lui. Dove ha sbagliato? Ad un certo punto è successo che si è trovato di fianco a persone sbagliate che, con la scusa di tenerlo lontano dalla pressione, fecero passare un'immagine diversa da quella della realtà. Sembrava antipatico, invece è un ragazzo simpatico e alla mano».

La pressione dei media

Non è facile tornare si questi argomenti, si sente che per Tomba sono “ferite” non ben cicatrizzate. «A volte non potevo muovermi, ero sempre seguito» racconta Alberto. «Quando ero assieme a Martina Colombari, all'epoca Miss Italia, dovevamo nasconderci dai fotografi. Una pressione inaccettabile. Soprattutto per un ragazzo che, all'improvviso, si trova al centro di un terremoto mediatico. Con i giornalisti sportivi che seguivano lo sci andavo d'accordo. Penso ad Alfredo Pigna e tanti altri bravi inviati. Altri, invece, fuori dallo sport, mi cercavano per fare degli scoop scandalistici, foto rubate che poi facevano il giro del mondo. Non ne potevo più, anche perché io dovevo soprattutto sciare. Ho cominciato col declino di Stenmark, poi sono arrivati Girardelli, Zurbriggen, Mayer, Accola. Loro cambiavano, io ero sempre li, in prima fila. E quando si apriva il cancelletto, sapevo che non potevo sbagliare perché a quel livello, sbagliare è proibito.. Altrimenti ti danno per finito. L'ho detto tante volte: il problema non è vincere, è rivincere…».

Tomba è stato un'apripista anche mediatico. Gli dovrebbero dare il copyright. Era già successo con la nazionale di calcio nel 1982, ma in una disciplina individuale è lui, con la sua travolgente popolarità, a dare una spinta decisiva a questo fenomeno. Lo sport diventa un business e i top player dello sport diventano star a tempo pieno. Un escalation senza fine, assecondata dagli sponsor e dalla televisione che però disumanizza tutto.

«Sì, ormai siamo andati troppo in là», precisa Tomba facendo un confronto con i suoi tempi. «Penso al calcio, ai suoi folli costi e agli ingaggi, e non so più cosa pensare. Non fraintendetemi: Ronaldo fa benissimo a prendere quel che prende, lo farei anch'io, però è un atleta di 37 anni. È tutto strano, eccessivo. Il calcio cancella tutto, anche discipline faticose, che richiedono allenamenti durissimi. Ero più affezionato al calcio dei tempi di Vialli, Mancini, di Tacconi. Era un calcio a dimensione più umana. Quando ero in gara, portavano una piccola televisione nello spogliatoio per vedere la mia discesa. Quanto a Gianluca, non so che dire. Non ce l'ha fatta, non ne poteva più… Come Paolo Rossi… Con sua moglie, Federica, ogni anno ci facciamo gli auguri..».

A proposito di sci invece non si può non ricordare come si siano invertite le parti. Al posto della valanga azzurra, ora c'è la valanga rosa (attesa da lunedì alla prova dei Mondiali di Courchevel/Méribel) . «Sì, è cambiato tutto», osserva Tomba. «Le ragazze volano, i maschietti, insomma, fanno fatica. Goggia, Brignone, Bassino e tutte le altre sono fantastiche. Hanno grinta da vendere. Per gli uomini, bisogna aver pazienza, a volte va così…».

Sui prossimi Mondiali di Cortina, Tomba ha un sussulto: «Ormai mi ripeto. Abbiamo già perso tre anni. È ora di muoversi. Il tempo passa velocissimo. Me ne accorgo su me stesso. Mi guardo indietro e mi sembra di essere ancora a Crans Montana quando nel marzo 1998, dopo aver vinto l'ultima gara, mi sono ritirato. Un'emozione incredibile, che mi ricorderò sempre».

Dopo il ritiro

Si parla delle seconda vita dei grandi campioni. Se si soffre la nostalgia dei riflettori. Tomba ha fatto soprattutto il testimonial di se stesso, dedicandosi alla promozione dello sport e dello sci. Cosa che fa ancora adesso per la Regione Emilia -Romagna per l'attività outdoor dell'Appennino.

«Io sono contento, ho avuto tutto», dice. «Alla fine avevo bisogno di staccare, prendermi due-tre anni di relax, recuperare quella vita che non ho potuto fare da ragazzo. Ho provato anche a fare l'attore, ma senza troppo successo. Ero molto meglio con gli sci. Dico la verità: in quegli anni si stava meglio. E non solo perché ero un campione di sci. No, mi sembra che ora tutto abbia preso una piega più cupa. Le Torri gemelle, la pandemia, la guerra in Ucraina. La natura stravolta, con la neve che manca a novembre ed arriva ad aprile. Ora faccio le cose che prima non mi piacevano. Sugli sci salgo con le pelli, senza impianti. Ma in prudenza, vicino alle piste. Sono ancora una bella forchetta, colleziono dei vini pregiati, però mi tengo in forma. Sto attento…».

In conclusione, per riderci su, viene in mente quella vecchia parodia in tv della Gialappa's Band con Gioele Dix che gli fa il verso. Alberto, da buon sportivo, accetta la provocazione. «Me la ricordo, certo che me la ricordo. Ma ci stava, io ero un personaggio popolare. Prendevano certe mie frasi e si divertivano. Erano simpatici, diciamo così… Però una cosa voglio precisarla: io da buon bolognese non ho mai detto “Bella gnocca”. Noi alle belle ragazze diciamo invece “Bella bimba”... Ma va bene così. Come quando certi amici mi stuzzicano dicendomi: ma perché non ti sposi, perché non diventi papà e metti la testa a posto? Io ci penso e rispondo: ma mettetela voi la testa a posto, che avete tre-quattro mogli e figli dovunque. Se sbagli una discesa, puoi recuperare, in quella successiva. Nella vita, è invece tutto molto più complicato».


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