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Cresce il caporalato: nei campi oltre un quarto dei lavoratori è irregolare

di Micaela Cappellini

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(Agf)

(Agf)

Secondo il rapporto Agromafie della Flai-Cgil, in Italia lavorano 230mila braccianti in nero

29 novembre 2022
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2' di lettura

Ogni mese riceveva in nero 700 euro, ma una parte era costretto a restituirli al caporale per pagare l’affitto di una casa in condivisione con altri braccianti. Poi, da un giorno con l’altro, è stato sostituito con un ragazzo che per lavorare nei campi prendeva meno di tre euro all’ora. E da quel momento vive in una casa di accoglienza. Mezzogiorno d’Italia? No, questa storia è ambientata a Pordenone, profondo Nord. Ed è una delle tante storie di disperazione e illegalità che la Flai-Cgil, attraverso l’Osservatorio Placido Rizzotto, ha raccolto nel suo rapporto Agromafie e caporalato.

Giunto ormai alla sue sesta edizione, il quaderno del sindacato dei braccianti quest’anno ha contato 230mila presenze irregolari nei campi italiani. Significa che più di un bracciante su quattro, nel nostro Paese, lavora ancora in nero. E questo nonostante dal 2016 l’Italia abbia una legge per combattere il caporalato - la 199 - che a quanto pare in larga parte resta ancora inapplicata. Di questi 230mila lavoratori, 55mila sono donne e in maggioranza sono stranieri. Il lavoro agricolo subordinato non regolare è radicato in Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio con tassi di oltre il 40%, ma nel Centro-Nord le percentuali sono ormai tra il 20 e il 30 per cento.

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Oltre a numeri allarmanti, dall’edizione 2022 del rapporto Flai-Cgil emerge anche la nascita di un caporalato 2.0. Nuovo caporalato industriale, lo chiamano: perché non riguarda più solo i lavoratori nei campi, ma risale lungo la filiera agroalimentare, prendendo la forma dell'appalto e del subappalto illecito in molti dei servizi legati all'agricoltura. Al centro del sistema spesso ci sono false cooperative, oppure Srl intestate a prestanomi. La vicenda che in questi giorni ha coinvolto i familiari del deputato Aboubakar Soumahoro, in questo senso, insegna.

Il castello di subappalti consente ai committenti di avvalersi di manodopera a costi bassissimi, in alcuni casi oltre il 40% in meno, ma con orari e ritmi di lavoro pesantissimi. Nei fatti, la truffa si concretizza in una massiccia evasione di Iva, Irap e contributi Inps da parte delle pseudo-imprese appaltatrici.


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