di Alessia Tripodi
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Negli atenei italiani i professori ordinari donna sono poco più del 21 per cento. Una discriminazione che non mostra segnali di miglioramento e che si aggrava nel corso della carriera, visto che tra i ricercatori la quota femminile supera il 45 per cento. Da questi dati è partito il Gruppo di lavoro "Genere e Ricerca" del Miur, che ha presentato oggi un documento finale contenente 10 raccomandazioni per combattere la disparità di genere nelle università e negli enti di ricerca.
Un pacchetto di "suggerimenti" che stimola atenei ed enti ad adottare provvedimenti o atti di indirizzo per garantire, per esempio, un'equilibrata presenza di ricercatori e ricercatrici nei progetti finanziati dal ministero. Ma che punta anche a valutare le università in base alla presenza di iniziative didattiche sui temi di genere.
I numeri
I dati forniti dal ministero dicono che nelle nostre università le titolari di assegni di ricerca sono il 50,6%, le ricercatrici il 45,9 per cento. Tra i professori associati, poi, la percentuale di donne scende al 35,6%, per crollare al 21,4% tra gli ordinari. E se i dati complessivi dell'Italia mostrano andamenti simili alla media europea, cioò che preoccupa nel caso italiano - sottolinea il documento Miur - è la «quasi totale mancanza di miglioramento, con percentuali piccolissime di riduzione del divario». Per fare un esempio, tra il 2010 e il 2016, le professoresse ordinarie nelle cosiddette materie Stem - ovvero le discipline scientifiche - sono passate dal 16% al 18%, un tasso di incremento che, avverte Viale Trastevere, «non consentirebbe di raggiungere percentuali di riequilibrio consone alla presenza femminile nei livelli bassi neppure in 50 anni».
Le 10 raccomandazioni
Il documento elaborato dal gruppo di lavoro - al quale partecipano anche rappresentanti dei rettori della Crui, dell'Agenzia di valutazione Anvur, del Cun, del Cnsu e dei presidenti degli enti di ricerca del Coper - raccomanda agli atenei di puntare al bilanciamento di genere nella composizione dei panel incaricati della selezione dei progetti di ricerca da finanziare, ma anche di formare i componenti degli stessi panel sulle problematiche specifiche della valutazione di genere, Tra i suggerimenti, poi, c'è quello di dotare le università del "bilancio di genere", per monitorare i loro progressi verso gli obiettivi di parità e di introdurre a tutti i livelli regolamentari e statutari specifiche misure per il riequilibrio delle componenti maschili e femminili in organismi, commissioni, comitati. Ma anche quello di vigilare sull'attuazione del Piano lauree scientifiche 2017-2018, nato per attirare un maggior numero di studentesse verso materie come fisica, matematica, ingegneria.
La ministra Fedeli: la diseguaglianza fa perdere talenti e saperi
«Il documento mette chiaramente in evidenza come questa situazione di disparità dipenda dalla persistenza di varie forme di discriminazione, ma anche da fattori esterni, come la difficile conciliazione vita/lavoro» ha detto la ministra dell'Istruzione, Valeria Fedeli, in un messaggio inviato agli organizzatori. Per Fedeli la diseguaglianza determina « una perdita di talenti, di saperi, di valore nella ricerca e nell'insegnamento universitario» e «per superare questa situazione occorre agire contemporaneamente sia sulla presenza di entrambi di sessi nei gruppi di ricerca e nei vari livelli decisionali, sia sulla presenza della dimensione dei genere dei contenuti della ricerca». E in questo senso «il documento - ha concluso - rappresenta uno sforzo importante che amplia e integra quello rivolto al mondo della scuola nel perseguimento della parità tra donne e uomini».
Alessia Tripodi
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