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Atlete, le scelte tra sport e figli e i diritti tutti da conquistare

di Maria Luisa Colledani

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La fiorettista Elisa Di Francisca e la tuffatrice Tania Cagnotto hanno rinunciato alle Olimpiadi per un secondo figlio, Kiara Fontanesi continua a correre in moto dopo la nascita di Skyler

9 maggio 2021
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4' di lettura

Il puzzle dei diritti delle atlete mamme, pur fra mille ostacoli, si va componendo. La riforma, varata dalla Fifa a fine 2020, proteggerà la maternità delle calciatrici con standard minimi che ogni federazione potrà innalzare. I cardini di quella riforma sono storici: ogni giocatrice ha diritto al congedo di maternità, per un periodo minimo di 14 settimane di assenza retribuita durante il periodo di contratto; è sancito il diritto di tornare all’attività calcistica dopo la maternità; nessuna giocatrice deve subire penalizzazioni dalla maternità.

Il fondo italiano

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In Italia, dove lo status dilettantistico non protegge in alcun modo le sportive che vogliono avere figli, nel 2018 è stato varato grazie all’impegno del Governo e della Commissione atleti della Giunta del Coni, un fondo maternità per le atlete: «È un progetto che offre sostegno economico e morale alle atlete per vivere al meglio la maternità», dice Raffaella Masciadri, presidente della Commissione ed ex cestista da 15 scudetti. Il sostegno è pari a mille euro mensili per un massimo di 10 mesi e vi si può accedere a patto che non si faccia parte di gruppi sportivi militari che garantiscono una forma di tutela previdenziale in caso di maternità e in assenza di redditi derivanti da altra attività per importi superiori a 15mila euro: «A oggi - prosegue la presidente - già 36 atlete hanno aderito e anche per il 2021 è prevista una dotazione da 500mila euro: il fondo è un primo passo verso il traguardo storico del professionismo».

Queste sono nuove opportunità ma il diritto alla maternità per le sportive è ben lontano dall’essere garantito come dimostra la storia, finita sul New York Times, di Lara Lugli, giocatrice del Volley Pordenone in serie B1. Nel 2019 scopre di essere incinta, lo comunica alla società, e il contratto si interrompe. Il suo avvocato fa partire l’ingiunzione di pagamento della mensilità di febbraio, nel quale aveva giocato, e il club non sa far altro che rispondere con la citazione in giudizio. Lara, che aveva poi perso quel bimbo, è attonita: «Ammetto che alla lettura di quanto orridamente scritto, tra l’altro da un’avvocatessa, sia stata pervasa da un profondo senso di sdegno e volgare incazzatura».

Fra gloria e gioia

C’è un filo rosso che torna in tutte le storie di mamme sportive. «Un anno fa ho dovuto scegliere», confessa oggi Elisa Di Francisca, fiorettista che ci ha fatto emozionare con i suoi allori olimpici e con quella bandiera della Ue sventolata sul podio dell’argento a Rio perché per rispondere al terrorismo serve unione. E prosegue: «La pandemia stava conquistando il mondo, le gare della scherma non ripartivano, tutto mi sembrava così faticoso, i Giochi venivano rimandati al 2021 e io avevo fretta di vivere». E di dare un fratellino al primo figlio, Ettore, nato nel 2017.

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Proprio in questi giorni, quel passo umanissimo verso la vita, metterà fra le braccia di mamma Elisa, papà Ivan e di Ettore un pupetto di nome Brando: «Sentivo scapparmi di mano gli anni, sapevo di rinunciare alla mia ultima Olimpiade e di lasciare uno sport amatissimo di cui ero dipendente, uno sport senza discriminazioni che mi ha sempre concesso di avere vicino il mio primo figlio: Brando è la risposta alla sete di vita e al desiderio di aprire nuove vie dopo l’agonismo». Che Elisa Di Francisca, fra vittorie (infinite) e sconfitte (rare), fra sbagli e rinunce, ha raccontato con potente genuinità in Giù la maschera. Confessioni di una campionessa imperfetta (scritto con Gaia Piccardi per i tipi di Solferino).

Mamme volanti

Altra grande assente ai Giochi di Tokyo sarà Tania Cagnotto, nostra signora dei tuffi e mamma volante. Ha lasciato il trampolino da 3 metri, gli allenamenti massacranti per dare a Maya una sorellina, Lisa, nata a inizio marzo: «Sono stata molto combattuta, tutta quella incertezza durante il primo lockdown, i Giochi rinviati, un altro anno di rinunce, di possibili sensi di colpa verso Maya per le mie assenze. Nei giorni scorsi ho visto le gare di Coppa del Mondo di Tokyo: gli azzurri hanno ottenuto i pass olimpici. Avrei voluto essere lì, abbracciarli ma la pandemia impone così tanti vincoli. Un po’ di nostalgia c’è, ma che Olimpiade sarà? La città blindata, tutti chiusi nelle camere: sì, sto proprio bene qui con le mie bimbe». E continua a passeggiare felice nel sole.

Mamme in sella

Kiara Fontanesi ha vinto sei mondiali, di cui quattro consecutivi (ed è un record) di motocross. Le sue giornate sono molto più che di corsa: «Da quando è nata Skyler nel 2019 non ho rinunciato a nulla: gare, allenamenti, trasferte, c’è tutto ma modulato e scandito con tempi diversi. Prima di ogni impegno viene lei ma con l’organizzazione si può fare e mettendo in conto di essere in un vortice di impegni». A ripagarla ci sono i sorrisi della sua boccolosa bimba e il sogno di vincere il titolo mondiale da mamma. Kiara con Skyler è il nuovo mondo, apparentemente così lontano da quella Alfonsina Strada, prima e unica donna a sfidare gli uomini al Giro d’Italia nel 1924, compresi pregiudizi e malelingue. Proprio la corridora, raccontata con umanità da Simona Baldelli nel magnifico romanzo biografico Alfonsina e la strada (Sellerio), ci parla di contemporaneità: «Io sono sconfinata». Come tutte le donne, come tutte le mamme.

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