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Al via le sfilate di Parigi, con i colori di Dior e la teatralità di Saint Laurent

di Angelo Flaccavento

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La sfilata Dior PE 2022

La sfilata Dior PE 2022

Ricchezza di riferimenti, dalla boxe alle linee yè yè alla pop art italiana, per la collezione firmata Maria Grazia Chiuri, mentre Anthony Vaccarello ripropone la sua formula scenografica ispirandosi a Paloma Picasso

29 settembre 2021
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3' di lettura

Per quanto nella moda la voglia di tornare dove eravamo ormai quasi due anni or sono sia grande, c'è a questo punto qualcosa di anacronistico, se non addirittura fuori posto, a immaginare la sfilata tradizionalmente intesa. I format si evolvono, come si è visto anche a Milano.

In apertura della lunga maratona parigina, Maria Grazia Chiuri, da Dior, dichiara: «Ho voluto sottolineare l'aspetto performativo e ludico, per questo ho coinvolto l'artista Anna Paparatti nella realizzazione del set». Al centro dell''immenso stanzone nero, brulicante di scritte sulle pareti a mo' di ludoteca - che la ripartenza significhi ricongiungimento con il fanciullino interiore, considerato anche che l'infantilismo è uno dei segni del contemporaneo? - si erge una piattaforma circolare a gradoni, fatta di spicchi colorati e numerati. È una sorta di gioco dell'oca - l'artista lo ha chiamato Gioco del Nonsense - sul quale posa il plotone intero delle modelle. Una per una, avanzano a scatti, finché l'intera struttura è vuota, mentre il gruppo musicale Il Quadro di Troisi si esibisce dal vivo.

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Dior, il circo colorato del non-sense

29 foto

Una performance meccanica, insomma, ma molto coinvolgente, con un senso di geometria visiva che è il solo legame vero con la collezione - il rischio in queste operazioni totali è sempre che abito e set non si parlino, ma Chiuri lo scansa. Seppur caratterizzata dalla usuale vastità di riferimenti - dalla boxe alle linee yè yè alla pop art italiana - la prova, con le silhouette corte e nette, i colori piatti e saturi e la mancanza di decorazioni leziose, è una delle più asciutte di Chiuri, che nell'archivio della maison sceglie come punto di partenza lo Slim Look di Marc Bohan, datato 1961 e caposaldo del giovanilismo youthquake della decade. A tratti, è tutto molto letterale, ma il senso di sintesi giova al messaggio, e così la dimensione ludica. «Questa è la mia difesa del gioco della moda - conclude Chiuri -. L'abito ci aiuta a performare nel mondo».

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Koche (Photo by Christophe ARCHAMBAULT / AFP)

Da Koché, Christelle Kocher sceglie la sfilata intima nei saloni dorati di un albergo di lusso, occhieggiando al format della couture d'antan. È una decisione azzeccata, che consente di apprezzare da vicino la finezza del lavoro di ricamo, la traslazione di materie e finiture preziose applicate a forme, per converso, sportive e stradaiole.

Marine Serre opta ancora una volta per il film, ma la proiezione è in presenza di pubblico, con manichini per esporre i look principali. È una occasione conviviale e piacevole, ma la discrepanza tra la ricchezza visiva ed emozionale del film e la relativa prevedibilità degli abiti poco convince.

Da Saint-Laurent, in fine, nessun cambiamento: non di modalità di presentazione, non di stile. Se, possibile, anzi, il dramma è amplificato oltremodo, con un fragoroso scroscio scenico di pioggia a far da climax e compensazione alla infilata infinita di tutine di lycra issate su trampoli impossibili, intervallate da lunghi abiti, oppure giacche, dalle spallone anni Quaranta, ingioiellati con gusto mediterraneo. Con un certo acume, il direttore creativo Anthony Vaccarello guarda a Paloma Picasso, donna volitiva dallo stile voluttuoso e influenza fortissima su Monsieur Saint-Laurent.

La interpreta a modo suo, certo: con una secchezza di tratto che a volte intriga, altre suona sorda. Colpisce la pertinacia di quei corpi secchi, di quelle falcate scontrose, la voluttà tutto sommato negata dalla posa cool. Però nell'aprirsi di una nuova possibilità di stile, si avvertono i prodromi di una auspicabile evoluzione. Gli anni Ottanta, certo, vanno risolutamente dimenticati, almeno per un po'.

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