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Conoscenza dell’inglese alta in Ue ma Italia (e Francia) sono ultime

di Laura Cavestri

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(Agf)

(Agf)

1 novembre 2018
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3' di lettura

Lo spread resta alto. Sul livello di conoscenza dell’inglese, noi italiani restiamo in fondo alla classifica rispetto al resto d’Europa. Peggio di noi fanno solo i francesi. Una “incompetenza” che rischia di costarci caro. Perché una Pmi che ha un basso grado di internazionalizzazione tra i suoi addetti rischia di guadagnare, ad esempio per il lancio di un nuovo prodotto, sino al 20% in meno rispetto alla propria concorrente più “international”.

EF Education – la società più nota per le Vacanze Studio dei giovani e per i corsi di lingua aziendali, grazie alla sua divisione EF Corporate Solutions, ha pubblicato l’8° edizione dell’«Indice di Conoscenza della Lingua Inglese EF EPI», il più ampio rapporto internazionale sulla padronanza dell’inglese fra gli adulti di 88 Paesi del mondo.

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Essenziale per il business.. anche dei piccoli
L’inglese non è semplicemente un elemento chiave per le aziende che vogliono rimanere competitive in uno scenario di mercato sempre più globalizzato.
Si riscontra una forte dipendenza proporzionale tra la facilità di fare impresa e il livello di conoscenza dell'inglese. Una ricerca condotta negli ultimi due anni dalla società di consulenza gestionale BCG ha rilevato come le aziende con un’internazionalità nei team di gestione al sotto la media ottengano il 19% in meno di entrate dal lancio di nuovi prodotti e servizi, rispetto ai concorrenti.
Inoltre, nelle economie in via di sviluppo la transizione dall’agricoltura o dall’industria manifatturiera ad un modello economico basato sulla conoscenza richiede non solo infrastrutture tecnologiche, ma anche persone linguisticamente preparate. La crescita dell’e-commerce ad un tasso medio del 20% annuo globale vede, infatti, nell’inglese, una competenza necessaria per poter capitalizzare appieno questa opportunità.

Per la 4° volta, Svezia in testa ..
L’Europa dimostra, di gran lunga, il più alto livello di conoscenza dell’inglese rispetto al resto del mondo: tra i 27 Paesi che in questa edizione evidenziano un livello buono o alto della lingua inglese, 22 sono in Europa. Un successo che riflette decenni di politiche efficaci, come i programmi di mobilità studentesca, tra cui l’Erasmus+ che coinvolge ogni anno oltre 700mila studenti ed insegnanti europei.

LA CLASSIFICA

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Dopo due anni, la Svezia è tornata al primo posto in Europa e nel mondo, seguita dagli altri Paesi nordici, che nel complesso presentano elevati livelli di inglese grazie ai solidi sistemi di istruzione, esposizione quotidiana all’inglese nei mass media ed una radicata cultura all'insegna del multilinguismo.
L’Italia e la Francia registrano segnio di miglioramento nel livello di conoscenza tra gli adulti rispetto all’anno precedente, ma in misura non sufficiente a cambiare le loro posizioni nella classifica, risultando rispettivamente al penultimo e all’ultimo posto nei Paesi della Ue e, rispettivamente, al 34° e 35° posto nel mondo.
Film e programmi Tv interamente tradotti, poca esposizione alla conversazione (se non costretti), un sistema formativo ancora “fragile” nell’insegnamento delle lingue. Non ci aiuta la sentenza del Consiglio di Stato del 29 gennaio scorso, che proibisce agli Atenei di offrire corsi di laurea esclusivamente in inglese, citando la necessità di preservare la lingua italiana.
L’ampio divario nella conoscenza della lingua, che ad esempio tra Svezia e Italia si attesta a 15 punti, rende la Ue estremamente eterogenea. E sebbene non esista una relazione diretta causa-effetto, nei Paesi dove più alto è il livello di competenza delle lingue straniere, sono più elevati anche gli indici di mobilità ed una visione più progressista dei ruoli di genere.

Women speak english!!!!!
Anche perchè, in tutte le otto edizioni dell’EF Epi si conferma che le donne parlano l’inglese meglio degli uomini, sia a livello globale che nella maggior parte dei Paesi, indipendentemente dalla regione, dalla ricchezza e dal livello di conoscenza complessivo. Sfortunatamente, le aziende non valorizzano quanto potrebbero questo plus delle donne.
«Anche se il nostro Paese è in ritardo rispetto all’Europa – ha sottolineato Natalia Anguas, amministratore delegato EF Italia – si cominciano a vedere i risultati degli investimenti fatti dal nostro sistema scolastico nell’insegnamento dell’inglese. I più giovani, infatti, grazie alle politiche che favoriscono scambi culturali ed esperienze di soggiorno studio all’estero, dimostrano di avere una migliore padronanza dell’inglese. È quindi fondamentale proseguire su questo percorso e nella formazione e aggiornamento dei docenti».

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