di Giorgio Vaccaro
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Rischia di perdere l’affido del figlio il genitore che non preserva la continuità della relazione del figlio stesso con l’altro genitore. Lo ha ribadito la Corte d’appello di Roma che, con le sentenze 2596 del 20 aprile 2022 e 2879 del 2 maggio 2022, ha chiarito i contenuti della responsabilità genitoriale.
Con la prima pronuncia, la Corte territoriale di Roma ha respinto l’appello proposto da una madre e confermato la pronuncia di primo grado, che aveva dichiarato la donna decaduta dalla responsabilità genitoriale e l’aveva tra l’altro condannata a pagare all’ex marito e al figlio la somma di 40mila euro a titolo di risarcimento del danno. Anzi: alla luce dei gravi comportamenti della madre, i giudici hanno ritenuto opportuno inoltrare copia della pronuncia alla Procura della Repubblica «per ogni opportuna valutazione circa la necessità di invocare» una misura di protezione a tutela del figlio, che a giorni avrebbe compiuto 18 anni.
Una decisione che arriva all’esito di un procedimento iniziato nel 2012 con un provvedimento di affido del figlio, allora minorenne, al servizio sociale. «In totale spregio di tale decisione», scrivono i giudici, «e persino dopo essere stata sospesa dalla responsabilità genitoriale», la madre decideva illecitamente, in via del tutto autonoma, di impedire sistematicamente di far incontrare il bambino con il padre, di sottoporlo a visite mediche, di trasferire la residenza e di cambiare scuola e infine di interrompere la sua frequentazione scolastica.
Tanto che il Tribunale di Civitavecchia, acquisite le relazioni dei Servizi e quelle dei Ctu attestanti la gravità delle condizioni del minore e «il preoccupante profilo di personalità della madre», a fronte «dell’atteggiamento assolutamente oppositivo» della madre «a ogni intervento predisposto a mezzo dei servizi», aveva deciso di collocare il figlio presso il padre.
La donna era allora arrivata a presentarsi a casa dell’ex marito in un giorno festivo (appositamente per rendere impossibile l’immediata verifica) con un falso decreto del Tribunale per i minorenni che disponeva il rientro del figlio presso di lei.
Gli specialisti che l’hanno esaminata hanno riscontrato «la patologia del rapporto madre-figlio, improntato a una pericolosa simbiosi, alla pregiudizievole forte pressione operata dalla madre per un patologico rapporto di alleanza con il minore inducente in quest’ultimo, fra l’altro, la suggestione di un grave disagio psicologico legato alla frequentazione con il padre», tanto da ravvisare «il concreto rischio di una “sindrome di Munchausen per procura”».
Con la sentenza 2879 del 5 maggio 2022, la Corte di Roma ha respinto l’appello proposto avanzato da una madre contro la sentenza di primo grado che disponeva l’affido esclusivo della figlia al padre, perché si tratta di «una madre che ha palesemente inteso condizionare, fino alla totale compromissione, il rapporto della figlia con l’altro genitore, facendo della minore lo strumento delle sue rivendicazioni nei confronti del coniuge, ponendo in essere ininterrottamente una infinita serie di ostacoli al loro rapporto». Di più, «ha ulteriormente esposto a rischio la serenità della bambina riportando, peraltro in termini del tutto di parte, gli estremi della vicenda sui social media».
Queste sentenze confermano così i principi affermati dalla Cassazione con l’ordinanza 6538/2022, per cui «tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena».
Giorgio Vaccaro
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