di Michela Finizio
L'assegno unico a oltre 5 milioni di famiglie
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La mensilità di febbraio 2023 è già stata liquidata dall’Inps e da questa settimana gli accrediti saranno disponibili sui conti correnti. Sarà così che 5,4 milioni di famiglie con figli, raggiunte dall’assegno unico universale, riceveranno la nuova mensilità adeguata al costo della vita. Una mensilità più ricca negli importi e più elevata rispetto a prima per una platea più ampia di genitori beneficiari.
La rivalutazione annuale in base all’indice di inflazione è prevista dal testo di legge che ha istituito l’assegno unico (Dlgs 230/2021) e l’Inps ha deciso di adeguare le erogazioni a partire dal mese di febbraio, mentre la quota rivalutata relativa al mese di gennaio verrà saldata con il pagamento del mese di marzo. La divulgazione delle tabelle con i nuovi importi per il 2023 avverrà nei prossimi giorni con la pubblicazione della relativa circolare Inps. Ma nel frattempo il Sole 24 Ore è in grado di ufficializzare il tasso di rivalutazione, pari all’8,1%, definito d’intesa con il ministero delle Finanze in linea con la variazione media annua dell’Indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Foi) di Istat.
L’Inps fa sapere che l’adeguamento è stato applicato sia sugli importi base dell’assegno unico previsti per ciascun figlio (la quota minima sale a 54,1 euro dalla precedente di 50 euro, mentre quella massima è ora di 189,2 euro, mentre prima era di 175 euro) sia sulle soglie Isee che modulano gli importi. Ad esempio la fascia a cui spetta la quota massima, oggi sotto i 15mila euro di Isee, salirà a 16.215 euro, includendo un numero maggiore di beneficiari, mentre la quota minima scatterà oltre i 43.240 euro di Isee.
La rivalutazione, però, scatta anche sulle maggiorazioni previste per legge. Nella fascia Isee più bassa, ad esempio, la maggiorazione per il secondo percettore di reddito da lavoro (se entrambe i genitori lavorano) sale da 30 a 32,4 euro. Quella per le madri under 21 da 20 a 21,6 euro. Per i figli successivi al secondo da 85 a 91,9.
Basta fare qualche simulazione con il calcolatore dell’assegno unico universale messo a disposizione online dal Sole 24 Ore, aggiornato con gli importi rivalutati e le più recenti novità introdotte dalla legge di Bilancio, per capire l’impatto che l’adeguamento all’inflazione può comportare per un nucleo familiare. Proiettando gli aumenti sulla platea di beneficiari censita dall’ultimo Osservatorio Inps sull’assegno unico (aggiornato a dicembre 2022), si può desumere che l’innalzamento della soglia minima Isee a 16.215 euro aumenterà ulteriormente il numero di figli raggiunti dalla quota massima dell’assegno (oggi oltre quattro milioni di figli, pari al 47% dei beneficiari): in pratica, da febbraio circa la metà dei beneficiari sfiorerà i 190 euro per figlio. Un altro 22,3%, invece, che finora ha ricevuto la quota minima a causa di un Isee oltre i 40mila euro oppure in assenza di un Isee in corso di validità, arriverà a prendere 54,1 a figlio.
Scadrà a fine mese, invece, la corsa al rinnovo dell’Isee: ci sono ancora due settimane per inviare la Dsu (Dichiarazione sostitutiva unica) all’Inps e ottenere l’aggiornamento dell’indicatore, altrimenti a partire dalla mensilità di marzo verrà erogata solamente la quota minima di 50 euro per ciascun figlio. A quel punto solo chi aggiornerà l’Isee entro il 30 giugno potrà ottenere gli importi arretrati ricalcolati in base al parametro dal mese di marzo: chi lo farà dopo, li riceverà modulati sull’indicatore solo dal momento di presentazione della Dsu.
Finora Inps fa sapere che nel 2023 sono già state inviate circa sei milioni di Dsu, a fronte di 11.856.654 inviate durante tutto lo scorso anno. Chi ha anticipato i tempi, aggiornando l’indicatore tra gennaio e febbraio, vedrà la propria prestazione calcolata sulla base dell’ultima dichiarazione disponibile fin dalla mensilità di febbraio.
Nel frattempo gli uffici di Palazzo Chigi e del dipartimento della Famiglia accolgono con stupore la procedura di infrazione aperta contro l’Italia dalla Commissione europea sull’assegno unico e ricordano che – a differenza di quanto previsto per il reddito di cittadinanza – il decreto attuativo della legge delega prevede che il richiedente, per poter beneficiare dell’aiuto “universale” per i figli, debba essere residente da almeno due anni in Italia (seppur non continuativi) oppure essere titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno semestrale.
Il punto era già stato precedentemente valutato conforme con quanto previsto dal diritto comunitario per la mobilità dei lavoratori europei, anche se – come fu ipotizzato in Commissione parlamentare durante l’esame del testo – il vincolo della residenza in Italia potrebbe scendere a tre mesi prima della domanda oppure essere sostituito da un vincolo di domicilio. Un aspetto che dovrà essere discusso nuovamente, per poter fornire risposte adeguate alle critiche di Bruxelles.
Michela Finizio
vice caposervizio
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