di Giorgio dell’Orefice
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Un business plan impegnativo da decine di milioni di euro per consolidare la base produttiva e il portafoglio di offerta (scommettendo sull’unico importante territorio vitivinicolo che manca all’appello: la Toscana) e rafforzare la presenza internazionale con filiali commerciali all’estero per presidiare i principali mercati. Sono i progetti di Botter-Mondodelvino la holding costituita tra marzo e giugno dello scorso anno con la fusione tra l’azienda veneta Botter e il gruppo piemontese-romagnolo (ma con solide basi anche in Sicilia) Mondodelvino messi insieme dal fondo Clessidra Private Equity che ne detiene la maggioranza e illustrati dall’amministratore delegato della holding, Massimo Romani.
La nuova compagine (che nei giorni scorsi ha registrato l’ingresso del nuovo direttore commerciale Marco Gobbi) si candida ad diventare il primo player privato del settore vitivinicolo con un fatturato previsto a fine 2021 di 400 milioni di euro e una crescita del 15% circa. Numeri che collocherebbero Botter-Mondodelvino al secondo posto assoluto tra le cantine italiane preceduta solo dal colosso della cooperazione Gruppo italiano vini-Cantine riunite (con 581 milioni).
«Abbiamo una presenza molto forte – spiega l’ad Massimo Romani - in quasi tutte le aree vitivinicole del paese. Da Mondodelvino ereditiamo anche alcune tenute in Piemonte, Emilia Romagna e Sicilia mentre Botter ha portato in dote un patrimonio di contratti di filiera, ovvero accordi di fornitura con viticoltori in primo luogo del Veneto ma anche con l’area del Montepulciano d’Abruzzo e del Primitivo in Puglia. Non a caso Botter aveva il modello delle tre ‘P’: Prosecco, Pinot grigio e Primitivo alle quali va aggiunto il Montepulciano d’Abruzzo. I due gruppi alla base della holding condividono un medesimo business model: quello dei contratti di fornitura pluriennali accompagnati anche da una presenza sul territorio spesso garantita dalle famiglie fondatrici delle aziende alla base della nuova realtà».
Un portafoglio d’offerta molto ampio che spazia dai vini fermi agli spumanti dal Nord al Sud del paese. «Ma al quale manca ancora qualcosa - aggiunge Romani – in particolare qualche area vitivinicola di pregio come la Toscana. Stiamo esaminando varie ipotesi in giro per l’Italia».
E poi l’export che resta lo sbocco principale per i vini della holding targata Clessidra Private Equity visto che sia Botter che Mondodelvino già prima della fusione realizzavano all’estero oltre il 90% del proprio giro d’affari.
«Siamo molto presenti negli Usa e in Uk, Germania, Canada e paesi del Nord Europa – ha aggiunto Romani -. Oltre alla produzione vogliamo investire all’estero per avere una maggiore presenza sui mercati ed essere più vicini ai consumatori. Già durante il Covid abbiamo messo in piedi una struttura in Cina uno step che potremmo ora compiere negli Stati Uniti. Ma servono strategie commerciali comuni e soprattutto economie di scala».
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