di Marco Ludovico
(ANSA)
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Per la mafia il ricorso alla violenza è ormai «residuale». La relazione della Dia (direzione investigativa antimafia) sul primo semestre 2021 assomiglia sempre di più alla semestrale di una grande azienda multinazionale. A spiccato interesse finanziario e diffusa diversificazione territoriale, industriale e non. Un affarismo criminale inarrestabile, sconfinato nella moltiplicazione degli investimenti e nella globalizzazione del riciclaggio. Il report pubblicato giovedì 7 aprile risale a un anno fa. Proprio per questo manda segnali preoccupanti. L’intensità del business mafioso è tuttora in crescita continua. Dopo la pandemia l’infiltrazione criminale nel tessuto sociale ed economico è una minaccia immanente.
Poliziotti, carabinieri e finanzieri al comando del direttore della Dia, Maurizio Vallone, resocontano le attività mafiose vecchie, nuove e nuovissime come quelle digitali. Cosa nostra, ’ndrangheta, camora, sacra corona unita e criminalità organizzate straniere non sono più blocchi monolitici. Si mescolano, si alleano e si confondono sempre di più. «Le organizzazioni mafiose manifestano infatti una crescente attitudine a realizzare le proprie attività illecite anche in collaborazione con consorterie di diversa matrice» dice la relazione. Un caso per tutti: l’indagine “Cash away” conclusa a Milano nel marzo 2021. «Tra i membri dell’associazione oltre a extracomunitari figura un professionista milanese di origine calabrese in rapporti di collaborazione con esponenti della famiglia mafiosa siciliana dei Mangano e della cosca di ’ndrangheta Palamara-Bruzzanti-Morabito».
Le movimentazioni finanziarie mafiose sono ormai da anni, in un continuo crescendo, operazioni di alta finanza internazionale. Il sistema dei controlli, tuttavia, sta rispondendo. Anche se racconta dati sempre più allarmanti. Nota la relazione: le s.o.s., segnalazioni di operazioni finanziarie sospette, nel primo semestre dell’anno scorso sono state 68.534. Registrano +26% rispetto alle 54.228 dello stesso periodo 2020 e +39,5% sul 2019. Viene da chiedersi quanto sarà l’aumento 2022. Il sistema dei controlli, sottolineano gli analisti della Dia, «ha consentito di selezionare 11.915 segnalazioni di interesse della DIA 2.459 delle quali di diretta attinenza alla criminalità mafiosa e 9.456 riferibili a fattispecie definibili reati spia/ sentinella». Il 37% delle s.o.s. è al Nord.
Secondo il report della Dia «l’analisi condotta su tali segnalazioni (11.915) ha confermato come la maggior parte di esse sia stata originata dagli enti creditizi (46% circa) e dagli istituti di moneta elettronica (28% circa) facendo registrare al contempo un considerevole incremento di quelle riferite ai punti di contatto di istituti di pagamento comunitario pari al 15% circa rispetto allo 0,01% del periodo precedente». Arrivano, dunque, segnalazioni in aumento di operazioni sospette anche dal resto degli stati dell’Unione europea. Non è scontato. Anzi, è un fatto incoraggiante, vista la sensibilità antimafiosa dei paesi europei non così spiccata come in Italia.
I terreni del riciclaggio on line, soprattutto nei meandri più oscuri e inaccessibili, si rivelano praterie e pascoli sterminati per foraggiare la ripulitura dei capitali illeciti. Scrive la Dia: le mafie fanno sempre più «ricorso a pagamenti effettuati con criptovalute quali i Bitcoin e più recentemente i Monero che non consentono il tracciamento e sfuggono al monitoraggio bancario. Sul piano delle nuove minacce in tema di riciclaggio devono essere considerate le descritte procedure di e-commerce dei non fungible token allorquando potrebbero essere volte a nascondere la provenienza illecita dei capitali utilizzati per le transazioni». Con un problema tutto da risolvere di un settore con molte lacune normative né tantomeno obblighi di segnalazione di operazioni sospette. I mafiosi digitali, intanto, ci sguazzano.
Marco Ludovico
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