Iran, paura per prima esecuzione per proteste, a rischio altri 11
6' di lettura
La magistratura iraniana ha dichiarato di aver emesso condanne a morte per 11 persone coinvolte nelle proteste. Gli attivisti invece sostengono che circa una dozzina di altre persone sono state condannate alla pena capitale. Dal 16 settembre, quando sono scoppiate le proteste, migliaia di persone sono state arrestate.
Ufficialmente, sono 400 i manifestanti sotto accusa per le proteste. Lo rende noto il capo della magistratura di Teheran, Ali Al-Qasi Mehr, citato dall’agenzia Mizan: «160 persone sono state condannate a pene detentive tra i 5 e i 10 anni, 80 persone sono state condannate a pene detentive tra i 2 e i 5 anni e 160 persone sono state condannate a pene detentive fino a 2 anni». Pene pecuniarie sono invece state decise per 70 manifestanti.
Circa 70 giornalisti iraniani sono stati arrestati dall’inizio delle proteste contro la Repubblica islamica e attualmente almeno 35 sono ancora detenuti, secondo l’Associazione dei giornalisti iraniani. Lo riporta Iran International.
Finora sono stati giustiziati due giovani, Mohsen Shekari è stato impiccato l’8 dicembre e ieri Majidreza Rahnavard: entrambi di 23 anni, sono stati giustiziati con l’accusa di “moharebeh”, “inimicizia contro Dio” secondo la sharia islamica iraniana.
Intanto, un secondo manifestante, Majidreza Rahnavard, è stato giustiziato a Mashhad, in Iran, con l’accusa di aver ucciso due Basiji, componenti della forza paramilitare fondata dall’ayatollah Khomeini. L’agenzia di stampa legata alla magistratura iraniana, Mizan, ha pubblicato sul suo sito le foto dell’impiccagione pubblica: nelle immagini si vede il corpo del giovane, vestito di bianco e con il volto coperto, penzolare dalla gru installata sulla strada di Mashhad, la città natale del giovane di 23 anni.
Il clima di terrore viene sapientemente alimentato nel Paese, con la diffusione di notizie su nuove condanne a morte: è stata fatta trapelare la decisione della pena capitale per l’ex calciatore Amir Nasr-Azadani, di 26 anni, e per il coetaneo attore teatrale Hossein Mohammadi.
Entrambi detenuti dopo essere stati ai cortei dilagati in Iran in seguito alla morte di Mahsa Amini, avvenuta mentre era in arresto nella caserma della polizia morale per non aver indossato l’hijab secondo le regole. Amir e Hossein per i giudici della Repubblica islamica sono due ’traditori’, hanno compiuto atti di ’guerra’, hanno minato la sicurezza del popolo e quindi meritano di morire.
Un gruppo di noti ecclesiastici ha criticato duramente la recente esecuzione dei manifestanti Majidreza Rahnavard e Mohsen Shekari. «Chiunque sia accusato di ’Muharebeh’ (guerra con Dio) o ’corruzione sulla terra’ non dovrebbe essere necessariamente giustiziato», ha dichiarato all’Ilna un membro dell’Assemblea degli esperti ed ex capo della Corte Suprema, l’ayatollah Morteza Moghtadai, aggiungendo che secondo l’Islam tali accuse sono legate alla guerra, non agli scontri tra una o due persone. Critiche dello stesso tenore sono state mosse da altri due ayatollah.
In questo scenario di brutale e violenta repressione del dissenso, l’Iran ha deciso anche di imporre sanzioni a dieci persone e cinque entità europee: lo ha dichiarato in un comunicato il ministero degli Esteri di Teheran, citato dall’agenzia Irna, aggiungendo che le sanzioni sono un’azione di ritorsione all’imposizione di sanzioni da parte degli Stati europei. “Gli individui e le entità europee hanno anche sostenuto gruppi terroristici e incoraggiato la violenza e il terrorismo, che hanno portato ad atti terroristici e alla violazione dei diritti umani contro il popolo iraniano”, ha aggiunto il comunicato.
Il Consiglio Ue ha approvato un nuovo giro di sanzioni all’Iran sia per le repressioni alle manifestazioni pacifiche sia per il ruolo di assistenza alla Russia nella guerra all’Ucraina. Nel primo caso ha aggiunto 20 persone e un ente all’elenco delle persone soggette a misure restrittive nell’ambito del regime di sanzioni sui diritti umani in vigore in Iran; nel secondo ha aggiunto quattro persone e quattro entità.
Tornando al caso di Nasr-Azadani, il capo del tribunale di Isfahan, Asadollah Jafari, ha dichiarato che l’ex calciatore delle squadre Sepahan e Tractor è “uno dei 9 imputati nel caso in cui tre agenti di sicurezza sono stati martirizzati durante i disordini del 25 novembre”. Ad Azadani, arrestato il 27 novembre, viene contestato di essere membro di un “gruppo armato e organizzato che opera con l’intenzione di colpire la Repubblica islamica dell’Iran”.
Sul destino di Mohammadi ha deciso invece un tribunale di Karaj: l'artista fa parte di un gruppo di cinque persone arrestate il 5 novembre, tutte condannate alla pena di morte. Resta sospeso invece tra la vita e la morte Sedarat Madani, il 23enne che avrebbe dovuto essere impiccato oggi: il suo principale accusatore, l’agente Mohammad Reza Qonbartalib, ha scritto su Twitter di aver perdonato Sedarat e che la pena è stata “sospesa e rinviata”.
Ma la magistratura iraniana non ha confermato la sospensione. In precedenza, in un altro tweet poi cancellato, Qonbartalib aveva annunciato solo il rinvio di 48 ore dell’esecuzione. Insomma, più che una frenata delle autorità sulle esecuzioni, l’altalena di annunci spinge a immaginare una strategia per spaventare a morte chiunque sia pronto a scendere in piazza per nuove manifestazioni. Intanto, nonostante la ferocia delle autorità esibita l’8 dicembre con l’impiccagione all’alba del manifestante 23enne Mohsen Shekar, sui social rimbalzano i messaggi di attivisti e gente comune con la richiesta di far tornare a casa arrestati e condannati.
Il post dell’attrice francese Juliette Binoche che ha pregato di fermare l’esecuzione dell’attore Hossein Mohammadi e degli altri manifestanti è stato rilanciato migliaia di volte. Le famiglie, quando possono, si uniscono al vortice di messaggi cercando un filo di speranza in ogni dettaglio. Come nel caso del padre di Sahand Noormohammadzadeh, uno dei giovani condannati a morte, che in un’intervista a Sharq ha smentito la notizia che il figlio sia stato trasferito nel carcere di Rajaee Shahr per l’esecuzione: “Sahand è nella prigione di Fashafuye. Ha chiamato oggi. Le notizie pubblicate sull’esecuzione della sua condanna non sono vere”, ha detto.
L’agente Mohammad Reza Qonbartalib, che ha sporto denuncia nel caso di Mahan Sedarat Madani, ha annunciato su Twitter la “sospensione e il rinvio” dell’esecuzione della condanna a morte per il giovane che ieri 10 dicembre sembrava essere imminente. Reza Ghanbartalib, che ha testimoniato in tribunale contro Mahan Sadrat, ha annunciato dopo la condanna a morte di aver perdonato l’accusato e ha detto che avrebbe cercato di fermare la sua condanna a morte. La magistratura iraniana non ha confermato la sospensione della pena per il 23enne accusato di ’aver mosso guerra a Dio’ per aver preso parte alle manifestazioni. In precedenza l’agente in un altro tweet, poi cancellato, aveva annunciato il rinvio di 48 ore dell’esecuzione per Mahan Sadrat.
17 foto
Sono 44 i bambini uccisi durante le proteste che da alcune settimane imperversano in Iran. Amnesty International ha infatti reso noto di aver documentato nomi e dati dei bambini uccisi durante le proteste e di aver raccolto informazioni sulle minacce ricevute dai parenti di 13 delle piccole vittime da parte del governo. Secondo il rapporto, 34 minori sono stati uccisi da proiettili, 4 a colpi d’arma da fuoco da distanza ravvicinata, 5 sono morti per aggressioni e uno è rimasto soffocato per i lacrimogeni. Non solo. Potrebbe avvenire già oggi o comunque in questi giorni l’esecuzione di Mahan Sedarat Madani, il 23enne tra i condannati a morte per le proteste contro il regime.
Quattro ragazze Qashqai (iraniane di origine turca), intanto, sono state arrestate e portate nel carcere di Adel Abad (Iran) il 24 novembre. Lo denuncia su Telegram dal gruppo di attivisti Inclub1401 international. Si tratta di «4 combattenti per la libertà delle donne»: Fateme Safari Rad (16 anni), le sue sorelle Ghazal Safari Rad e Sara Safari Rad, e della cugina Zahra Attai (20 anni). Le foto allegate mostrano le ragazze sorridenti e senza velo.
Lo stesso gruppo ha diffuso l’immagine di un cadavere con la schiena tumefatta: si tratterebbe di un 19enne evidentemente malmenato che però, secondo la polizia iraniana, sarebbe morto suicida.
«Le quattro giovanissime - spiegano gli attivisti - sono state rapite dalle forze repressive in un’imboscata. Dopo essere state portate negli uffici di polizia, sono state trasferite in carcere. L’unica di cui si hanno notizie è Sarah, la quale sarebbe stata costretta con la violenza a confessare di essere impegnata nella rivolta per la libertà delle donne e di opinione nel suo Paese. L’esercito le ha accusate tutte di collusione e minaccia alla sicurezza del Paese».
«La famiglia - denunciano ancora gli attivisti - è stata privata del diritto di contattare le ragazze». L’invito del gruppo ai lettori è di essere «la voce di queste ragazze».
Nella Giornata Internazionale dei Diritti Umani è intervenuto il ministro degli Esteri Antonio Tajani per sottolineare come «in molte aree del mondo donne e uomini, ragazze e ragazzi lottano per i propri diritti e per la libertà, sfidando il volto più spietato della repressione di regimi autoritari e dittature. Assistiamo con sgomento alla violenta repressione dei giovani e delle donne in Iran e all’uso della pena capitale». Di fronte all’uccisione del giovane manifestante iraniano Mohsen Shekari, Tajani ha confermato l’incondizionata opposizione dell’Italia alla pena di morte, ribadendo massima fermezza verso ogni violazione dei diritti e delle libertà fondamentali della persona.
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy