di Andrea Gagliardi
Vaccino contro la variante Omicron in Ue non prima dell'autunno
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Mentre la pandemia in Italia registra nelle ultime settimane curve in discesa, sia pure mantenendo numeri ancora alti in termini di casi e decessi, si affilano le armi in vista del prossimo autunno quando la minaccia del virus SarsCoV2 potrebbe ripresentarsi: sembra ormai quasi certo che la prima mossa sarà quella di rivaccinare la popolazione con un secondo richiamo ma a partire probabilmente dai 50 o 60 anni di età, utilizzando i nuovi vaccini adattati “anti-varianti” attualmente allo studio e che dovrebbero arrivare alla valutazione dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) entro l’estate.
Il tutto mentre cresce l’attenzione sulle nuove varianti che emergono. Il 12 aprile è stata isolata e sequenziata a Cesena, per la prima volta in Italia, la variante del virus Sars-CoV-2 denominata Xf, una sorta di fusione fra la Delta e la Omicron e già diffusa in Inghilterra con circa 100 casi. L’8 aprile è stata sequenziata invece (dall’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria) nel nostro Paese la variante Xj (dopo Finlandia e Thailandia): anch’essa, come la Xe, non è in realtà una nuova variante del virus SarsCoV2, ma una ricombinante. È cioè il risultato della ricombinazione delle due sotto-varianti più diffuse della Omicron: BA.1 e BA.2.
Al momento, ad ogni modo, ha rassicurato il presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli, «non vi sono elementi di preoccupazione». Ed anche secondo il direttore della Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza, le varianti ricombinanti in Italia «sono ancora sporadiche e non pongono particolari condizioni di allarme».
Finora sono stati identificati nel mondo anche altri ricombinanti, come Xd (nata da Omicron e Delta), e sono stati segnalati anche Xa, Xb, Xc e Xh. Ma non in Italia. Così come non è al momento riportata nel nostro Paese nessuna sequenza della nuova sotto-variante Xe.
Da tempo sono sparite in Italia le varianti Alfa e Delta, sopraffatte dalla Omicron, dominante al 100%, con l’80% dei casi dovuti alla sotto-variante BA.2. Lo indicano le analisi del Ceinge-Biotecnologie avanzate, basate sui dati delle banche internazionali Gisaid e Ncbi Virus, nelle quali vengono depositate le sequenze genetiche. «È normale che il virus muti e si ricombini: è così che fanno i virus», osserva il genetista Giuseppe Novelli, dell’Università di Roma Tor Vergata. «Non è un fenomeno strano, ma può accadere facilmente quando diverse versioni di un virus coesistono nella stessa persona, come le sotto-varianti BA.1 e BA.2».
Ma in Italia c’è anche una nuova sotto-variante di Omicron: dopo BA.1 e BA.2, sta circolando BA.2.3, che al momento è presente in circa il 20% dei casi di Covid-19 nel nostro Paese. Lo ha detto il genetista Massimo Zollo, coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge - Biotecnologie avanzate e docente di Genetica dell’Università Federico II di Napoli. «A partire dal primo marzo l’Italia ha depositato 10.000 sequenze» nelle banche dati internazionali che raccolgono le sequenze genetiche del virus SarsCoV2. «La BA.2.3 ha avuto origine dalla BA.2, ma rispetto a questa ha alcune mutazioni in più».
A livello mondiale, il fenomeno delle mutazioni del virus è però sotto stretta osservazione da parte dell’Oms, che ha iniziato a monitorare due nuove sotto-varianti di Omicron: BA.4 e BA.5. Non è ancora chiaro se siano più trasmissibili o capaci di eludere i vaccini.
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Andrea Gagliardi
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