di Angelo Flaccavento
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Un tempo erano le silhouette a guadagnarsi titoli e strilli di copertina, oggi è l’entertainment e tutto ciò che gira intorno ai vestiti. Motivo per cui una sfilata che è essenzialmente una proposta di forma e di linea risulta doppiamente incisiva, ancor più se l'intrattenimento è comunque presente, ma di alto livello culturale e perfettamente integrato con quel che la moda racconta.
È l'alchimia che mette Loewe, per mano del direttore creativo Jonathan Anderson, in un angolo isolato e speciale del fashion system corrente. Dalla stagione scorsa Anderson ha intrapreso un percorso riduzionista nel quale sono centrali proporzioni e materie. La nuova collezione si basa su capi ordinari, quotidiani, dal blazer ai jeans, dalla camicia a righe ai chinos, visti però attraverso la lente anamorfica di un ipotetico grandangolo che allunga a dismisura le gambe e accorcia il busto, e filtrati attraverso la cortina liquida di cristalli che disegnano pavé per ogni dove, dando alle superfici una lucidezza irreale. La sfilata si svolge in mezzo a tre monumentali fontane dell'artista Lynda Banglis: trabiccoli fallici che schizzano acqua da tutte le parti. L'acqua è il primo elemento di connessione tra scena e vestiti. Il secondo, spiega Anderson a fine sfilata, è la scala monumentale: «Come queste sculture schiacciano lo spettatore, così la silhouette è fatta per essere guardata di sotto in su», spiega. Il tutto condensato in una proposta moda forte e possibile, che fa della vita alta un diktat, un po' come una volta.
La silhouette, da Hermès, è smilza, ma area: avvolge il corpo in un segno teso e verticale disegnato con l'acquerello invece che con l'inchiostro. Veronique Nichanian lavora su un tema classico dell'estate: la leggerezza, così estremizzata da diventare trasparenza, attraverso tutte le categorie. Si alleggerisce anche ogni idea di formalità, ma il tono dell'espressione è rassicurante invece che dirompente.
Anche da Kolor tutto è leggero e impalpabile, però tecnico e coloratissimo: una versione giap ed estiva dell'abbigliamento da sci. Kidsuper, ovvero Colm Dillane, l’enfant terrible che tutti la scorsa stagione davano da Vuitton, continua a presentare la sua moda scarabocchiata e ingenua, che gli ha guadagnato uno stuolo di fan - li si immagina attratti dalla cultura caotica più che spendenti su abiti francamente naif - attraverso pièce teatrali. Peccato che in mezzo a tutto il drammatizzare, i vestiti proprio non li si veda.
Anche Marine Serre attrae numerosi fan e apre lo show al pubblico dei non professionisti - non è un caso che l'invito sia una T-shirt genere tour di una rockstar. La collezione è tribale come da copione. Non particolarmente originale ma piena di energia. Le silhouette di Sacai sono generose e verticali. Uniscono in un ibrido affatto personale abbigliamento da lavoro e sartoria formale, con tocchi, quelli invece non richiesti, di tropicalismo alla Prada. Ludovic de Saint Sernin porta la sensualità e anche la sessualità che da sempre caratterizzano il suo linguaggio in una direzione eterea, senza rinunciare alla carnalità ossuta, e l'effetto è fresco. Da Doublet, infine, tutto esplode in una celebrazione assurdista della molteplicità che è insieme provocatoria e rassicurante. Qui le silhouette si moltiplicano perché sono i corpi e le individualità che variano: lungo, corto, largo, stretto, tutta torna, e l'intrattenimento si riconcilia con il design, senza sforzo.
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