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Il differimento della corresponsione dei trattamenti di fine servizio (Tfs) spettanti ai dipendenti pubblici cessati dall’impiego per raggiunti limiti di età o di servizio contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione, di cui tali prestazioni costituiscono una componente; principio che si sostanzia non solo nella congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione. Lo ha stabilito la Corte costituzionale che rivolge un pressante invito al Parlamento a rimuovere gradualmente il differimento.
La Corte sottolinea che il Tfs è un emolumento volto a sopperire alle peculiari esigenze del lavoratore in una particolare e più vulnerabile stagione della esistenza umana. E dunque spetta al legislatore, avuto riguardo al rilevante impatto finanziario che il superamento del differimento comporta, individuare i mezzi e le modalità di attuazione di un intervento riformatore che tenga conto anche degli impegni assunti nell’ambito della precedente programmazione economico-finanziaria.
Per i giudici costituzionali «non sarebbe tollerabile l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa, tenuto anche conto che la Corte aveva già rivolto al legislatore, con la sentenza n.159 del 2019, un monito con il quale si segnalava la problematicità della normativa in esame. La Corte ha poi rilevato che la disciplina del pagamento rateale delle indennità di fine servizio prevede temperamenti a favore dei beneficiari dei trattamenti meno elevati. Comunque, conclude la Corte, tale normativa - che era connessa a esigenze contingenti di consolidamento dei conti pubblici - in quanto combinata con il differimento della prestazione, finisce per aggravare il rilevato vulnus.
A fine maggio il presidente uscente dell’Inps riferendosi alla possibilità che la Corte considerasse illegittimo il differimento del pagamento del trattamento di fine servizio degli statali aveva parlato di un «costo di 14-15 miliardi» che è «alla portata dell’Inps».
«La sentenza n.130 della Corte Costituzionale dichiara anticostituzionale il differimento e la rateizzazione del Tfr e del Tfs dei dipendenti pubblici in quanto contrasta con il principio della giusta retribuzione, contenuto nell’art.36 della Costituzione. Un risarcimento per le migliaia di lavoratrici e lavoratori pubblici che ancora, a distanza variabile dai 2 ai 7 anni, stanno aspettando di ricevere il loro salario differito». Così in una nota Domenico Proietti, segretario generale della Uil-Fpl, Giuseppe D’Aprile, segretario genrale della Uil Scuola-Rua, e Sandro Colombi, segretario generale Uil-Pa. «La Uil-Fpl, la Uil Scuola-Rua e la Uil-Pa chiedono al Parlamento e al Governo la rimozione immediata di questo vulnus, rilevato anche dalla Corte Costituzionale, che rappresenta una grave penalizzazione per i dipendenti pubblici e un’appropriazione indebita da parte dello Stato».
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