Sostenibilita
Pubblicità

Sostenibilita

I supermercati europei iniziano a chiudere alla carne che distrugge l’Amazzonia

di Gianluca Di Donfrancesco

Immagine non disponibile
Bestiame in un appezzamento disboscato dell’Amazzonia

Bestiame in un appezzamento disboscato dell’Amazzonia

Da gruppi come Sainsbury’s e Carrefour stop ai prodotti messi sotto accusa da una nuova denuncia sul «riciclaggio di bestiame»

16 dicembre 2021
Pubblicità

4' di lettura

La grande distribuzione in Europa comincia a chiudere i suoi supermercati alla carne legata, anche in modo indiretto, alla deforestazione dell’Amazzonia. Dopo anni di denunce, un nuovo report ha spinto alcuni gruppi a rivedere le proprie scelte di approvvigionamento: tra loro Sainsbury’s, la seconda maggiore catena britannica, Carrefour e Delhaize in Belgio, Lidl Olanda, Auchan in Francia.

Lo stop

Pubblicità

Lo stop colpisce per lo più alcuni prodotti, come carne in scatola o essiccata. Lidl Olanda, invece, si è impegnata a smettere di vendere qualsiasi tipo di carne bovina originaria dal Sud America a partire dal 2022. La sussidiaria di Ahold Delhaize, Albert Heijn, la più grande catena di supermercati olandese, ha annunciato che chiuderà tutti i rifornimenti dal Brasile. Molti dei prodotti sotto accusa sono legati in modo indiretto a tre gruppi, passati in 25 anni da piccole aziende locali a multinazionali: il gruppo Jbs, il più grande esportatore di carne al mondo; Marfrig Global Foods, il numero due; a Minerva, leader in Sudamerica.

Carrefour ha fatto sapere che «aumenterà la sorveglianza in tutti i Paesi in cui opera», mentre Sainsbury’s ha affermato di aver «giocato un ruolo attivo nel formulare richieste chiare per l’industria della carne bovina in Brasile e di essersi impegnato con i produttori per ottenere maggiore trasparenza della catena di approvvigionamento». La catena tedesca Metro ha fatto sapere che indagherà sulle denunce sollevate.

Il «riciclaggio di bestiame»

Il boicottaggio è scattato dopo un’indagine condotta da Reporter Brasil e della Ong con base a Washington Mighty Earth. Il report, non il primo nel suo genere, sostiene che Jbs avrebbe indirettamente acquistato bovini da aree deforestate illegalmente, secondo uno schema che viene chiamato «riciclaggio di bestiame»: capi allevati su un appezzamento di terreno disboscato illegalmente vengono venduti a un’azienda agricola legittima, che a sua volta li cede all’industria della trasformazione. In questo modo si prova a nascondere origine del bestiame.

La deforestazione

La distruzione della Foresta amazzonica, la più grande foresta pluviale tropicale del mondo, è aumentata in modo significativo da quando il presidente Jair Bolsonaro ha assunto l’incarico, nel 2019. Nei 12 mesi tra agosto dello scorso anno e luglio del 2021, più di 13.200 chilometri quadrati di foresta pluviale sono stati rasi al suolo, con un balzo del 22% rispetto all’anno precedente, che fa segnare il tasso più elevato dal 2006, secondo i dati diffusi a metà novembre dall’Istituto nazionale per la ricerca spaziale.

Leggi anche

Negli ultimi tre anni, il Brasile ha perso oltre 30mila chilometri quadrati di foresta, un’area grande quanto il Belgio. La maggior parte dei terreni viene utilizzata per l’allevamento. Il Brasile è il più grande esportatore di carne al mondo, con una quota del 25%.

Alla Conferenza Onu sul clima di Glasgow, la Cop26 di novembre, oltre cento Paesi hanno sottoscritto un accordo per fermare la deforestazione entro il 2030 e tra i firmatari compare lo stesso Brasile. La preservazione delle foreste è fondamentale per la lotta al climate change: secondo il World Resources Institute, assorbono circa il 30% delle emissioni di anidride carbonica. Al contrario, gli allevamenti intensivi sono una delle principali fonti di emissioni di gas serra.

A metà novembre, la Commissione Ue ha proposto un regolamento che impone alle imprese di garantire che la carne di manzo (ma anche soia, olio di palma, legna, cacao, caffè e alcuni derivati) venduta nell’Unione non contribuisce alla distruzione delle foreste. Le aziende dovranno raccogliere dati sui luoghi di origine e sui processi produttivi la loro catena di approvvigionamento: una sorta di «due diligence», come l’ha definita il vicepresidente della Commissione e responsabile per le politiche sul clima, Frans Timmermans. L’Europa è uno dei maggiori “importatori” di deforestazione al mondo, superata solo dalla Cina. Secondo il Wwf, nel 2017, l’Unione è stata responsabile del 16% della deforestazione associata al commercio.

Quella contro l’import di deforestazione (e di inquinamento) è una battaglia cara in particolare al presidente francese Emmanuel Macron, che la porta avanti da anni e si è più volte scontrato con Bolsonaro. Parigi si prepara a rilanciarla nel semestre di presidenza dalla Ue, che comincia a gennaio. La deforestazione dell’Amazzonia è anche il principale ostacolo alla ratifica dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i Paesi del Mercosur (Argentina, Uruguay e Paraguay, oltre al Brasile), finalizzato nel 2019 dopo venti anni di negoziati, ma ora congelato.

La difesa

Il gruppo Jbs ha dichiarato alla Reuters di non tollerare la deforestazione illegale e di aver bloccato oltre 14mila fornitori per non aver rispettato le sue politiche. La società ha affermato che monitorare i fornitori indiretti è una sfida per l’intero settore, ma che Jbs si doterà di un sistema in grado di farlo entro il 2025. Il gruppo ha aggiunto che la ricerca di Reporter Brasil menziona solo 5 dei suoi 77mila fornitori diretti e che tali fornitori rispettavano le politiche dell’azienda al momento dell’acquisto.

Minerva si è difesa dichiarando che i fornitori indiretti citati nel rapporto non sono presenti nel proprio elenco fornitori e che gli allevamenti che vendono bestiame direttamente all’azienda sono in regola. In una nota inviata a Bloomberg, la società ha aggiunto che al momento non sono disponibili dati affidabili e accessibili per tracciare completamente il bestiame in Brasile.

Marfrig a sua volta ha assicurato di avere rigidi protocolli sull’acquisto di bestiame, basati su criteri di sostenibilità sociale e ambientale.

L’anno scorso, Jbs e Marfrig hanno annunciato nuovi sistemi di tracciamento, ricorrendo anche alla tecnologia blockchain.

Riproduzione riservata ©
Pubblicità
Visualizza su ilsole24ore.com

P.I. 00777910159   Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie  Privacy policy