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Oltre il food pairing. L’ultima frontiera è la gastromixology

di Maurizio Bertera

L'esperienza culinaria molto “alt” al DiverXo a Madrid

16 ottobre 2018
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4' di lettura

Se pensate che l'abbinamento tra un piatto e un cocktail sia la nuova frontiera, ignorate che si sta andando oltre. L'astronave del gusto è arrivata alla cucina liquida o gastromixology. Anzi “Cocina liquida” come la chiamano gli spagnoli che hanno il più estremo rappresentante in David Muñoz del tristellato DiverXo di Madrid. Lo chef con la cresta da moicano aveva già illustrato qualche anno fa nei congressi - insieme al sommelier Javier Arroyo - il progetto di rivoluzionare il mondo del pairing, giocando sui vini serviti in tavola con essenze e aromi che li avvicinassero allo spirito dei piatti interessati. Che fosse olio di semi d'uva (per dare untuosità) o un pizzico di sale di Maldon. “E' una danza a due tra piatto e drink” la definisce lo chef iberico, in cui miscelati freddi, cucinati o fermentati giocano un ruolo di primo piano, paritario a quello del cibo. Un esempio è la sua versione del chili crab (granchio speziato tipico della cucina asiatica) che viene servito con un cocktail ispirato alla Tom Kha Gai, zuppa thai dalle note acide e dolci. In questa concezione la componente alcolica dei drink solitamente è molto moderata e spesso i cocktail incorporano ingredienti con caratteristiche umami, come la nostra bottarga o le uova di tobiko. “Cocktail e piatto sono due facce della stessa esperienza - puntualizza Muñoz - la mia cucina è basata sull'armonia tra solido e liquido, il primo si fruisce con le posate, l'altro con la cannuccia”.

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Interni del ristorante Talea

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In Italia, sul tema il più attento è senza dubbio Filippo Sisti che dietro al bancone di Carlo e Camilla in Segheria – l'originale bistrot di Cracco – si era cimentato in esperimenti arditi, volti in primis a seguire la carta ma pure a diventare un piatto visti gli elementi dei cocktail che spaziavano dai formaggi ai vegetali. Da poco, ha aperto un locale in via Argelati 35, sempre a Milano, insieme ai colleghi del gruppo Pinch locale tra i più quotati per la mixology: si chiama Talea e come spiega il 35enne bartender vogherese è “Un luogo dove cucina e bar si fondono. Per esempio, il servizio è solo al tavolo e la fruizione dei drink non avviene solo tramite bicchiere o cannuccia perchè in alcuni casi i cocktail sono degli autentici piatti. Ho voluto proprio cambiare il modo di concepire il bere, a volte sono gli stessi ingredienti a fungere da contenitori, altre volte ne mutiamo le consistenze: non è detto che un Piña Colada debba essere per forza liquido”.

In coerenza con l'idea c'è anche l'arredamento con tanto legno e verde, un po' stile nordico, ma più caldo e accogliente. Si ispira al Nord, con richiami al Noma, anche nel servizio. I barman non si barricano dietro al bancone, ma sono tra i clienti a raccontare. Tutti fanno tutto, quindi lavorano in cucina, e la cucina si occupa delle preparazioni dei cocktail che vengono realizzati quotidianamente con molte ore di lavoro: macerazioni, fermentazioni, infusioni e profumi che vengono realizzati con strumenti da cucina quali forni, fornelli, affumicatori e abbattitori. Dietro il bancone bar, si vedono solo una decina di spirit classici ma in compenso un mare di barattoli e bottiglie con le preparazioni homemade: quasi 200 per realizzare i 14 cocktail della carta.

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Interni del ristorante Talea

La domanda viene spontanea: cosa si assaggia a Talea? Giusto lasciare (in parte) la sorpresa. Sisti racconta alcuni drink-piatti: il Good Morning Earth, ad esempio, è un estratto di barbabietola e caffè Mezcal, con infuso alla verbena e al tè Earl Grey, vermouth di datteri rossi (frutto simile alla giuggiola), vino alle foglie di ravanello. Viene presentato all'interno di una barbabietola congelata, le cui pareti sono state trattate con olio di cocco. Il Ghost of Classic prevede invece aceto balsamico di rabarbaro (filtrato e cotto con il caramello), Wild Turkey infuso con noci pecan affumicate, amaro Farmily alla melassa di carrube, sour cherry egg (uovo di quaglia dolce, cotto nel succo di ciliegie e acido citrico).

Portato in uno scenografico calice in alabastro, è una visione dell'Old Fashion, che manca della parte citrica. Colazione al Fäviken viene realizzato con kefir di sedano, dove lo scarto viene filtrato, congelato e poi grattugiato sul cocktail (in nome del no waste…) insieme a succo di uva spina (bacche di bosco, incrocio tra uva e ribes), liquore di monarda (fiore di bergamotto), crema di cocco bruciata e vodka Ketel One. Arriva al tavolo in una tazza di legno che i contadini nordici usano per assaggiare il latte, e tengono agganciata in vita con un moschettone.

Per la cronaca, Fäviken è il ristorante svedese stellato di Magnus Nilsson, di soli 16 posti, che si raggiunge solo dopo quattro ore di gatto delle nevi e la cui cucina si fonda sugli ingredienti del territorio. E ancora il ll Tiki Gladis, composto da latte di cocco infuso alle foglie di lime, Relish tropicale, rum Plantation bianco infuso alle more di gelso, crispy flavoured crusta, e orzata di durian che è un frutto del Sud Est asiatico. Sicuramente non il solito gin tonic.

Punta di diamante di Talea è Vivarium, la zona “privata” dove, su prenotazione per un massimo di sei persone alla volta, è possibile vivere, in un'oretta, la degustazione di cinque cocktail con annessi assaggi culinari, realizzati da un cuoco. L'ospite è immerso in una suggestiva ambientazione dove tutti i sensi sono coinvolti grazie alle luci, ai suoni e alle proiezioni sul bancone e soprattutto al fatto che non si è solo spettatori, ma ‘parte' dell'evento. Il richiamo qui è al Sublimotion di Paco Roncero, naturalmente parametrato all'ambiente e alla posizione di Talea. “Il mio obiettivo, in questo caso, è che il bartender e lo chef lavorino in diretta, ciascuno per il suo ambito, in modo da creare qualcosa di unico” spiega Sisti . Un esperimento ardito, sicuramente: se non ci provano quelli bravi – Filippo lo è di sicuro – chi dovrebbe farlo?

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