di Vittorio Falzoni Gallerani
3' di lettura
Come crediamo sia noto, per potere partecipare alle gare nel Gruppo B occorreva che le vetture fossero a due posti e fossero state costruite in almeno duecento esemplari. Per ottemperare a questo nuovo regolamento e dare una degna erede alla Fiat 131 Abarth, vincitrice di tre Campionati del Mondo Costruttori (e due Piloti) nei Rally, alla dirigenza del Gruppo Fiat si pensò ad una nuova “arma”. Una volta individuato il modello da cui partire, l’incarico dello sviluppo venne affidato all’Abarth con un programma guidato da Sergio Limone il quale, anche se non si sapeva ancora se il modello da immettere sul mercato sarebbe stata Fiat oppure Lancia, fu invitato a partire dalla Lancia Montecarlo (in quel periodo non si chiamava più Beta) convertibile.
Alla scocca centrale in acciaio fu applicato un roll-bar completo a gabbia ed un tettuccio in vetroresina come il resto della carrozzeria derivata dalla Beta Montecarlo Gruppo 5 già Campione del Mondo 1980 e 1981; per il sostegno dei gruppi meccanici vennero imbullonati a questa scocca due telai tubolari che contribuirono ad elevare la misura del passo da 2.300 a 2.440 mm: un valore piuttosto elevato per un’auto di questo tipo. D’altronde occorreva fare spazio ai due serbatoi carburante sulle fiancate ed al motore che era stato girato di 90° rendendolo longitudinale pur rimanendo fondamentalmente la stessa vecchia conoscenza presente sulla Montecarlo di serie, anche se sapientemente modificato in vista del previsto impiego agonistico.
Si inizia adottando la testata a sedici valvole della 131 Abarth ed un grosso carburatore da 40 mm e si conclude con il ricorso alla sovralimentazione con compressore volumetrico Roots, già ampiamente sperimentata dalla Lancia con le Beta VX; ne risultarono 205 CV a 7.000 giri per 225 km/h e 6,2 secondi sullo 0-100 nella versione stradale. Di impostazione corsaiola sia il cambio ZF a cinque marce, sia la telaistica con sospensioni a quadrilateri con doppi ammortizzatori al retrotreno e freni a disco ventilati su ambedue gli assali.
Viceversa, pur con tutti i limiti dimensionali derivanti dall’impostazione dedicata alle competizioni, la Lancia Rally stradale appare come una graziosissima Gran Turismo con un abitacolo rifinito in maniera suggestiva con neoprene sulla plancia, il sempre bellissimo volante Abarth in pelle a tre razze (anche se è lo stesso della A112 58 HP), la strumentazione completissima e la batteria di valvoline fusibili dell’impianto elettrico poste in doppia fila sulla console centrale.
Non manca la pedaliera in alluminio forato e, a portata di mano del navigatore, una lampada per la lettura delle mappe; incredibile invece, in questo bozzolo così magistralmente costruito dalla Pininfarina come l’intera macchina, la finitura della leva del cambio presa pari pari dalle Beta Coupé: un particolare che più dozzinale di così si muore.
Pur con tutta questa esclusività, la Lancia riuscì a fissare un prezzo di listino inferiore ai quarantasette milioni di Lire, più o meno come una Porsche 911 SC; non può stupire quindi che gli esemplari destinati alla vendita siano andati esauriti in brevissimo tempo. Alimentata ad iniezione e preparata secondo i dettami del Gruppo B fino a raggiungere i 300 CV di potenza, la Lancia Rally 037, aggiudicandosi i Rally di Montecarlo, Nuova Zelanda, Acropoli, Corsica e Sanremo, vince il Campionato Mondiale Costruttori del 1983.
E così, battendo il favoritissimo squadrone delle Audi quattro da 400 CV, e rimandando di un anno il dominio incontrastato delle auto a trazione integrale in questo tipo di gare, questa macchina è entrata nella leggenda. Anche se, è doveroso sottolinearlo, il merito non fu tutto suo: una gran parte deve essere riconosciuta ai suoi fantastici piloti Walter Röhrl, Markku Alen, Attilio Bettega ed Adartico Vudafieri con i rispettivi navigatori nonché al ds Cesare Fiorio che, dosando astutamente le forze della squadra che aveva a disposizione, riuscì in questa impresa che per sempre riuscirà ad emozionare tutti coloro che davvero amano le auto.
Ma non era finita: della Lancia Rally 037 fu sviluppata una versione, conosciuta come Evoluzione 2, che arrivò seconda nel Campionato Costruttori del 1984 dopo aver passato le scettro, ormai inevitabilmente, all’Audi quattro di Stig Blonqvist.
Oggi la Lancia Rally 037, anche grazie ai soli 262 esemplari costruiti, è un oggetto da alta o altissima collezione: nella prima categoria metteremmo le stradali che possono ancora essere acquisite con cifre attorno ai 450.000 Euro (parliamo di veicoli conservati con chilometraggi trascurabili); nella seconda entrano di diritto gli esemplari da competizione ex Casa o Scuderie di primaria importanza dei quali però non siamo in grado di fornire una quotazione per carenza di transazioni conosciute, ma è facile presumere che si tratti di multipli della cifra appena espressa.
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy