di Vitaliano D'Angerio
(AFP)
2' di lettura
C’è una rivoluzione in corso per le aziende europee grandi e piccole. Si chiama Csrd ovvero Corporate sustainability reporting directive: è il documento che va a sostituire la vecchia dichiarazione non finanziaria che si applicava soltanto alle quotate con più di 500 dipendenti. La nuova normativa è già in vigore e vanno raccolti, nel 2023, i dati non finanziari che andranno poi riportati nel rendicontazione green del 2024. Che si applica a tutte le imprese, quotate e non quotate con più di 250 dipendenti e, dal 2026, anche alle Pmi quotate.
«L’estensione dell’obbligo – ricorda Gabriella Chiellino fondatrice di eAmbiente group e consulente del settore sostenibilità – si traduce in numeri importanti: 49.000 società, pari a circa il 75% di tutte le società europee che redigono un bilancio, dovranno pubblicare le informazioni di sostenibilità richieste. Questo rispetto a circa 11.600 entità che attualmente rientrano nell’ambito della dichiarazione finanziaria».
Cosa avverrà invece nello specifico in Italia? «In Italia in particolare sono 4.000 le aziende sottoposte agli obblighi della Csrd – ricorda Chiellino –. Poi c’è la gran parte di imprese piccole e medie che, anche se non obbligate, già stanno correndo sulla rendicontazione di sostenibilità, perché inserite nella filiera di approvvigionamento di grandi gruppi che richiedono la conoscenza dei dati non finanziari».
Come si fa ad arrivare preparati alla sfida della Csrd? Ecco alcuni suggerimenti pratici forniti dalla consulente green, in particolare alle Pmi che si trovano di fronte alle indicazioni della nuova dichiarazione non finanziaria.
1) Richiedere l’asseverazione delle informazioni riportate nel reporting di sostenibilità. È fondamentale che un terzo indipendente certifichi i dati contenuti nel documento.
2) Specificare in modo più dettagliato le informazioni che le imprese devono rendicontare. Stop quindi alle paginate di marketing contenute nei bilanci sociali. Gli investitori vogliono dati precisi e la parola d’ordine è: misurabilità.
3) Meglio ancora se questi dati sono allineati con gli standard europei obbligatori di rendicontazione di sostenibilità. Parametri ancora in discussione da parte di Efrag, l’associazione europea di revisori che fornisce la propria consulenza alla Commissione europea. Ma bisogna rafforzare le competenze interne per essere sempre aggiornati
4) Assicurare che tutte le informazioni di sostenibilità siano pubblicate all'interno della relazione sulla gestione. È la dimostrazione che la sostenibilità è entrata già nel Dna dell’azienda.
5) Garantire che tali documenti siano disponibili in formato digitale. Rendere la vita più semplice agli investitori e più in generale agli stakeholder è la strada giusta per rimuovere gli ostacoli.
Fondamentale infine la formazione di manager della sostenibilità. L’offerta delle università è aumentata tantissimo negli ultimi anni. Ma c’è da muoversi in maniera rapida.
«La formazione dei manager della sostenibilità o manager Esg – ricorda Chiellino –, è divenuta la nuova esigenza di un mercato del lavoro che necessita di figure professionali in grado di leggere e discernere gli indicatori Esg». Vedremo se nei prossimi anni ci saranno tecnici ed esperti all’altezza. La sfida più importante ora è quella del Pnrr.
Vitaliano D’Angerio
redattore
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy