Salute
Pubblicità

Salute

Coronavirus, il prossimo vaccino sarà nasale: 8 aziende lo sperimentano

di Agnese Codignola

Vaccini, Gimbe: "Non aspettare per quarte dosi"

La seconda generazione potrebbe garantire immunità più completa e minore probabilità che l’infezione sviluppi malattie negli organi

18 maggio 2022
Pubblicità

4' di lettura

I vaccini anti Covid 19 di seconda generazione saranno anche, con ogni probabilità, in spray nasale, da assumere a casa, senza particolari accorgimenti o precauzioni. Su questo tipo di formulazione, infatti, stanno lavorando diverse aziende, alcune delle quali (otto) sono ormai alla sperimentazione clinica, in tre casi di fase 3, ossia finalizzata a determinare l’efficacia su grandi numeri di pazienti, dopo aver dimostrato la sicurezza. La motivazione, prima ancora che pratica – è evidente che un tipo di somministrazione che non richieda particolari condizioni di immagazzinamento, preparazione e assunzione sarebbe enormemente vantaggiosa dal punto di vista dell’organizzazione delle campagne vaccinali – è immunologica, perché sono sempre di più gli studi che dimostrano che l’immunità che passa dalle mucose nasali è più completa, duratura ed efficiente rispetto a quella che passa dal tessuto muscolare, soprattutto nel caso di infezioni delle prime vie aeree.

Come funziona il vaccino «mucosale»

Pubblicità

Finora l’immunità cosiddetta «mucosale», che nasce cioè nelle mucose come quelle del naso, delle vie aeree e dell’intestino, è stata relativamente trascurata negli studi sui vaccini anti Covid, perché comporta alcune difficoltà in più ed è meno conosciuta rispetto a quella, ben più conosciuta, che sfrutta anticorpi e linfociti che si generano dopo il passaggio degli antigeni nel tessuto muscolare. Tuttavia, se si riuscisse bloccare l’ingresso del virus con anticorpi efficaci già nelle primissime cellule di contato (quelle appunto del naso e del cavo orale), si eviterebbe lo sviluppo di qualunque infezione della gola, dei polmoni e dei bronchi, si impedirebbe al virus di annidarsi in altri organi e, oltre a ciò, si limiterebbe enormemente la diffusione del virus, che non riuscirebbe a riprodursi abbastanza velocemente prima di essere neutralizzato. Questo a un livello macroscopico.

Se si considera ciò che si è scoperto a un livello cellulare, poi, si trovano importanti conferme: lo stimolo nasale produce soprattutto le immunoglobuline A (IgA), mentre quello sistemico, dato dai vaccini iniettivi, quelle di tipo IgG. Ma sono le IgA a dare una protezione più completa, sia locale che sistemica. Lo hanno dimostrato, tra gli altri, gli immunologi dei National Institutes of Health, che hanno condotto uno studio di confronto sul vaccino di AstraZeneca, dato per via iniettiva o nasale su modelli animali: lo spray ha stimolato la formazione, nel sangue, di una quantità di anticorpi superiore rispetto all’iniezione, oltre ad aver avuto un effetto barriera nel naso.

Vettore virale o proteina spike

Lo stesso vaccino è al momento oggetto di uno studio simile da parte dei ricercatori dell’Università di Oxford, che lo stanno provando su un piccolo campione di volontari. Le modalità scelte dalle aziende che hanno deciso di puntare sul naso sono diverse: c’è chi si affida a formulazioni come quella di AstraZeneca, a vettore virale, chi su proteine spike incapsulate e chi punta a una versione con coronavirus vivi ma inoffensivi, per indurre una reazione non solo contro la proteina spike, ma contro tutto il virus, strategia che potrebbe permettere di avere vaccini che non risentono delle varianti, o che ne risentono molto di meno rispetto agli attuali.

In particolare, ci credono la Meissa Vaccines e la Codagenix, che hanno formulato miscele con centinaia di possibili varianti. Secondo quanto riferito da Codagenix, il suo preparato in spray, CoviLiv, sottoposto alla fase 1 delle sperimentazione, si sarebbe rivelato straordinariamente efficace anche contro le sottovarianti BA.2 di Omicron.

Prima dose tradizionale e richiamo «nasale»

Ci sono poi già studi su possibili assortimenti nei quali il primo ciclo viene fatto con il vaccino tradizionale, il booster con quello nasale: dai primi dati ottenuti dai ricercatori di Yale su modelli animali sembra che l’idea possa essere vincente. Si procede comunque con molta prudenza, perché il naso è pericolosamente vicino al cervello, e si vogliono evitare sorprese. In passato, una formulazione spray di un vaccino antinfluenzale approvata in Svizzera è stata ritirata dopo aver causato alcuni casi di paralisi facciale di Bell (reversibile), un effetto collaterale noto, trattabile e temporaneo che interessa uno dei nervi facciali, che tuttavia, visti anche i precedenti dei vaccini anti Covid, si vuole assolutamente evitare.

Ci sono poi ostacoli squisitamente farmacologici. Anche se può sembrare molto più semplice (e lo è), la somministrazione in spray può essere meno accurata di quella iniettiva, nella quale si conosce esattamente la dose somministrata. Un puff nasale può infatti essere spruzzato in modo non adeguato e, in questo modo, compromettere tutta l’immunizzazione: l’azienda Altimmune ha chiuso la sua sperimentazione proprio per questo genere di difficoltà.

Come già accaduto con i vaccini approvati, probabilmente non tutti e otto quelli in sperimentazione reggeranno a tutte le verifiche e le valutazioni di opportunità. Tuttavia è probabile che più di uno ci riesca, e che le bombolette presto affianchino le fiale. Una formulazione nasale sarebbe anche molto più gestibile nei paesi nei quali la catena del freddo non è assicurata e il personale non è sufficiente per organizzare grandi campagne vaccinali. Infine, come accaduto per la tecnologia a mRNA, introdurre una formulazione nuova su platee di miliardi di persone potrebbe accelerare la ricerca su vaccini nasali per molte altre malattie infettive.


Riproduzione riservata ©
Pubblicità
Visualizza su ilsole24ore.com

P.I. 00777910159   Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie  Privacy policy