di Luca Tremolada
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Atomic Heart opera prima dello studio di sviluppo russo Musfish è una matrioska di sorprese. Ha la sequenza di introduzione più lunga forse ma più bella della storia del videogiochi. È un immersive sim profondo che vi porterà dentro una nuova distopia dell’intelligenza artificiale, in un incubo sovietico alla Westworld che farete fatica a dimenticare. Appartiene a un genere, quello dell’immersive sim, dove non si spara e basta ma contano di più le scelte che compiano. E più di tutto è una sintesi di tantissime cose belle che sono avvicendate nell’industria del videogioco come Fallout, Preys e BioShock. Non è perfetto, ha una grammatica storta, alcune meccaniche del gioco sono spiegate poco e male e ci sono invece troppe video didascalie che spiegano troppo. Ma come primo progetto promette non bene, benissimo.
Atomic Heart mette in scena un'ucronia in cui l'Unione Sovietica è uscita vincitrice dalla corsa alle tecnologie. Siamo negli anni 50 e l’umanità vive in apparente armonia con i robot. La premessa d’obbligo è che non c’è alcun tipo di propaganda. Il gioco non è né comunista benché meno simpatizza con l’attuale Russia di Putin. Volendo proprio cercare un messaggio c’è solo la critica neanche tanto nuova alla corruzione del potere. Siamo dalle parti della Svastica sul Sole di Philip Dick e del Ciclo delle fondazioni di Asimov. Non ci sono contro-letture, anche a volerle a tutti i costi cercare.
Artisticamente è ispirato e coraggioso. È vero che vi sembrerà di rigiocare Bioshock di Ken Levine, e troverete numersi punti di contatto con l’estetica dei mondi post-apocalittici di Fallout ma l’invito è quello di imergersi dentro questo immersive sim. Parlare con tutti, prendere decisioni, leggere libri e osservare quello che accade. Poi sì, c’è anche da sparare e lanciare “magie” ma il gioco non è quello. Non è una sparatutto ma un gioco di esplorazione. Siete avvertiti.
Tecnicamente ci sono bug dappertutto. Poi hai la sensazione che il level design non sia ben calibrato con il gameplay, cioè l’acquisizione di poteri non si traduce in cambiamenti nel combattimento. Ma sopratutto il gioco è un po’ troppo didascalico. Gli sviluppatori russi non sono dei grandi narratori sotto il profilo del gameplay. La trama si compone di intermezzi e incisi per spiegare quello che sta accadendo. Sotto questo profilo è un’opera prima. A tutti gli effetti.
Luca Tremolada
Giornalista
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