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La Cina rafforzerà i controlli sugli investimenti stranieri

di Stefano Carrer

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(AP)

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31 luglio 2018
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2' di lettura

Il governo cinese si appresta a introdurre una nuova normativa che richiede una revisione di ogni investimento «strategico» straniero in società quotate sotto il profilo della sicurezza nazionale. Una mossa che appare speculare ai proposti giri di vite promossi da Usa, Regno Unito e altri Paesi finalizzati a rendere più severi i controlli su settori economici giudicati di grande importanza nazionale, come telecomunicazione e alta tecnologia. D’altra parte,il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha proposto al suo omologo britannico Jeremy Hunt - in visita a Pechino (nella foto, con il premier Li Keqiang) - di aprire negoziati per un accordo bilaterale di libero scambio in vista della Brexit.

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Il pacchetto di proposte avanzate dal ministero del Commercio di Pechino resterà per il mese di agosto in sospeso in quanto oggetto di discussioni: se verrà confermato, porterà per altri versi a un allentamento di alcuni requisiti sugli investimenti stranieri, come promesso nei mesi scorsi. Ad esempio, l’ammontare minimo di asset di un investitore straniero interessato ad acquisire una quota strategica in un’azienda quotata sarà abbassato da 100 milioni a 50 milioni di dollari, mentre il periodo di «lock-up» successivo all’acquisizione verrà accorciato da tre a un anno. Da un lato, dunque, Pechino tenderà ad allinearsi con alcuni Paesi avanzati in processi formali di screening più puntuali degli investimenti stranieri. Dall’altro, invece, segnala una sua apertura maggiore ad accogliere capitali dall’estero, in un momento di preoccupazioni sulle prospettive dell’economia legate alla guerra commerciale in corso con l’America di Donald Trump. Già nell’aprile scorso le autorità cinesi avevano annunciato piani per ridurre le barriere agli investimenti stranieri nel settore finanziario e in quello automobilistico, senza che questo - e la promessa di maggio di acquistare più prodotti agricoli ed energia dagli States - bastasse a frenare una escalation verso l’introduzione di dazi e successivi controdazi.

Wang ha ribadito ieri a Hunt che la Cina non vuole guerre commerciali e resta aperta a un dialogo negoziale basato su regole, eguaglianza e rispetto reciproco. All’offerta di trattative commerciali dirette che regolino i rapporti economici post-Brexit, il neoministro degli Esteri britannico ha replicato dando il benvenuto alla prospettiva dell’apertura di discussioni in proposito. Durante la conferenza stampa, Hunt ha fatto una clamorosa gaffe - subito corretta - dicendo che sua moglie è giapponese anziché cinese. Sul fronte degli investimenti, il governo guidato da Theresa May nei giorni scorsi ha comunque rilasciato un libro bianco che prefigura un rafforzamento dei poteri di vero dell’esecutivo sugli acquisti di asset britannici che abbiano implicazioni per la sicurezza nazionale. Il che di fatto riguarderà soprattutto la Cina.

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