di Raffaele Mellace
Vicino alla tomba di Dante. Pier Paolo Pasolini con Toni Comello e Giampiero Becherelli a Ravenna nel 1961 (si ringrazia il Centro Relazioni Culturali)
3' di lettura
Lo spettatore/Dante troverà quest’anno un Virgilio singolare a guidarlo attraverso il programma dell’edizione 2022 di Ravenna Festival, un poeta di prima sfera, moderno e inquieto: Pier Paolo Pasolini. Omaggio al grande intellettuale nel centenario della nascita, la scelta non ha nulla di stravagante, considerando la passione per la musica di cui si è discusso su queste colonne (da approfondire in Claudia Calabrese, Pasolini e la musica, la musica e Pasolini. Correspondances , Diastema). Anzi, il reclutamento del poeta risulta non meno che ingegnoso. Ne offre il destro l’esperienza d’ascolto vertiginosa della Siciliana dalla I Sonata per violino solo di Bach, che all’ipersensibile adolescente apparve, in sofferta alternanza di «tenerezza» e «strazio», come «una lotta, cantata infinitamente, tra la Carne e il Cielo».
È questa polarità abissale che Ravenna Festival ha deciso di esplorare, iniziando con un’apertura di lusso: la drammaturgia di Maddalena Mazzocut-Mis con musica di Azio Corghi Tra la carne e il cielo, in cui il pensiero pasoliniano sulla musica è avviluppato nelle volute bachiane del violoncello concertante, nuova avventura intellettuale di uno dei decani tra i compositori italiani, in dialogo costante con la poesia del presente e la musica del passato. Sul podio Daniel Harding alla testa della Mahler Chamber Orchestra.
Bach è inevitabilmente, pasolinianamente la prima direttrice dell’esplorazione, tale da configurare un festival strumentale bachiano in miniatura. Non mancano le Sonate e partite per violino solo più amate da Pasolini con Giuseppe Gibboni e dei Concerti brandeburghesi con Zefiro e Alfredo Bernardini in Sant’Apollinare in Classe, L’offerta musicale con Ottavio Dantone e l’Accademia Bizantina in Sant’Apollinare Nuovo (sedi che, detto per inciso, attivano quello scambio abissale con le arti figurative che tanto stava a cuore al poeta), il Concerto per oboe e violino (Pasolini lo volle nel Vangelo secondo Matteo) con la Budapest Festival Orchestra e l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, le Variazioni Goldberg al pianoforte di David Fray.
Tra la carne e il cielo significa anche l’occasione non poi tanto comune per esplorare il secondo corno della questione: il sacro. Ravenna Festival lo fa investendo in una progettualità meditata che sposa novità e tradizione, commissioni a compositori viventi e indagine delle radici di linguaggi secolari. Si avvicendano così da un lato i progetti, entrambi al debutto in San Vitale, di Transitus . Il cielo di Francesco per baritono e ensemble vocale-strumentale del friulano Cristian Carrara e Storia di un figlio cattivo . Sulle orme di Agostino di Tagaste, sacra rappresentazione su libretto di Matteo Gatta, musica del ravennate Filippo Bittasi, classe 1997. Dall’altro gli sguardi sintetici di Jordi Savall sul Cinquecento iberico, a cavallo tra Europa e America, in Sant’Apollinare Nuovo; dell’Orlando Consort sulle origini del Rinascimento musicale; di Ian Bostridge & friends su The Canticles di Benjamin Britten, capolavoro della spiritualità novecentesca.
Tocca sempre all’Orlando Consort chiudere la serie di cinque liturgie (In templo Domini) affidate ad altrettante compagini che scandiranno il tempo del Festival nelle basiliche cittadine, mentre Enrico Melozzi e Giovanni Sollima improvvisano su temi sacri in Sant’Apollinare in Classe. Full immersion in una storia della musica che si rivela al contempo una straordinaria storia culturale.
Ravenna Festival non rinuncia naturalmente al fascino dell’orchestra, con una serie di concerti (compreso quello inaugurale di Harding) attenti a bilanciare in ogni programma il rigore del genere sinfonia con la vocazione letteraria di poema sinfonico e ouverture. Oltre al concerto già citato, la Budapest Festival Orchestra ne propone un secondo diretto da Iván Fischer, con la Terza di Brahms e Sheherazade. La Cherubini è guidata da Riccardo Muti, oltre che nei Concerti dell’Amicizia, nell’appuntamento che accosta alla Sinfonia Roma di Bizet e ai Préludes di Liszt, in un dialogo a distanza con il concerto di Fischer, il poema sinfonico di rarissimo ascolto Il lago incantato di Anatolij Konstantinovic Ljadov, il collega di Rismkji che si dimise per solidarietà quando quest’ultimo venne colpito dalla censura zarista. Musica e musicisti sospesi tra la carne della storia e l’orizzonte luminoso del cielo.
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy