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Come mai i monumenti del passato hanno resistito per secoli, mentre oggi gli edifici mostrano i loro limiti dopo qualche decennio? È una questione di materiali o di tecniche costruttive?
Ne è un esempio il Pantheon di Roma: eretto 1905 anni fa, è arrivato intatto fino ai nostri giorni resistendo a terremoti, incendi, intemperie e all'incuria dei secoli. A indagare il segreto alla base della resilienza del calcestruzzo con cui fu costruito all'epoca degli antichi romani è una ricerca cominciata nel 2017 e guidata dal chimico Admir Masic, professore associato di Ingegneria ambientale del Mit-Massachusetts Institute of Technology, che ha identificato gli elementi che ne hanno permesso la straordinaria longevità.
A partire da questo studio – appena pubblicato da Science Advances - la start up italiana Dmat, deep tech company specializzata in materiali d'avanguardia, ha iniziato a sviluppare una tecnologia innovativa per creare nuove tipologie di calcestruzzi durevoli e sostenibili, senza aumentarne i costi di produzione, che ruotano attorno alla capacità di autoriparazione.
Fondata da Paolo Sabatini, insieme, tra gli altri, a Carlo Andrea Guatterini e al belga Nicolas Chanut, Dmat è da poco sbarcata negli Stati Uniti dando vita a una newco che si occuperà anche della produzione dei calcestruzzi con queste nuove caratteristiche.
Certificata in Svizzera dall'Istituto di Meccanica dei Materiali, questa nuova generazione di calcestruzzi è caratterizzata dalla capacità di autoripararsi. La tecnologia di Dmat garantisce inoltre un significativo abbattimento dei costi e delle emissioni di CO2 rispetto ai prodotti presenti sul mercato, secondo quanto afferma la società.
Il primo calcestruzzo di nuova generazione ad entrare sul mercato si chiama D-Lime e combina performance di durabilità e sostenibilità rilevanti. Questo prodotto permette infatti di allungare la vita e la qualità delle costruzioni attraverso la sua capacità di auto-riparare eventuali crepe.
Un processo che, analogamente al cemento romano studiato da Masic, viene attivato dall'acqua che, invece di ammalorare il materiale, richiude le fessurazioni con un processo simile a quello della cicatrizzazione dei tessuti biologici. Il calcestruzzo sviluppato da Dmat consente anche un risparmio del 20% di emissioni di CO2.
La produzione del calcestruzzo non richiede modifiche agli impianti produttivi e permette, a parità di performance, di risparmiare fino al 50% dei costi.
Il mercato del calcestruzzo vale circa 650 miliardi di euro ed è chiamato a rispondere all'urgente sfida di decarbonizzare i propri processi produttivi, tra i più impattanti del pianeta: la sua filiera industriale è responsabile del 8% delle emissioni di CO2. È il materiale più utilizzato dall'uomo, ogni anno ne vengono prodotte 33 miliardi di tonnellate, 18 volte il peso della produzione globale di acciaio e otto quello di tutte le automobili prodotte nella storia. Grazie ad esso, ogni anno vengono costruiti quattro milioni di edifici, più di 11mila al giorno.
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