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Il diritto di conoscere il padre

di Natalino Irti

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(Halfpoint - stock.adobe.com)

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La tecnica, ora elevata a esclusiva garanzia di verità, si impadronisce della fisicità umana

20 giugno 2022
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3' di lettura

Produzione: spaventevole e terribile questa parola, quando si allarga, da cose materiali e beni economici, ad opere d’arte, creazioni di fantasia, saggi di scienza, risultati di pensiero. Certo, il produrre (“pro” “ducere”) è sempre un portare avanti, un segno di accrescimento e di espansione. Ma, nel moderno capitalismo, lo vedevamo congiunto alla tecnica e ristretto alle merci, alle cose venute in rapporto di scambio con il danaro. Sicché si delinea la correlazione del produrre e consumare, e l’uno non può stare senza l’altro.

Già l'uso della parola con riguardo alle leggi appariva un presentimento: le norme, decise da uomini per altri uomini, sono “prodotte”, e dunque poste accanto alle merci e destinate al consumo. Non più l’aura, sacra o profana, dell’antico “nomos”, ma l’ossessiva, disfrenata produzione di leggi.

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Tutto l'umano è per ciò stesso “producibile”con le tecniche di singoli campi e la competenza degli “specialisti”. E l’umano comprende anche l’uomo, nel nascere e morire della sua fisicità. Questo esito già avvertiva Joseph Ratzinger, professore a Tubinga, nelle lezioni dell'estate 1967. Ora raccolte in “Introduzione al Cristianesimo”: libro di acuta e dolorosa modernità, dove si agitano gli interrogativi più ardui del nostro tempo. Che è epoca del “faciendum”, del manipolabile, dei congegni produttivi estesi fino al nascere dell’uomo.

La tecnica, ora elevata ad unica ed esclusiva garanzia di verità, si impadronisce della fisicità umana, e converte la casualità dell'accadere (“capitava” un tempo, di nascere e di morire) in procedura produttiva, utilizzabile e calcolabile dai “competenti” del ramo biologico. A “lo spettatore” sovvengono lezioni sul bio-diritto, svolte il 2007 nell’Università brasiliana di San Paolo, dove si affacciava e svolgeva la tesi della ”giuridificazione del bios”.

Trasaliscono i giuristi, legati al nascere e morire dei codici; tramonta l'efficacia probatoria dei registri di stato civile, nei quali si rispecchiava la vicenda terrena dell'individuo, e l’unirsi in matrimonio, e il generare figli, e l’individuazione pubblica di madre e padre. Il fenomeno non poteva sfuggire alla sottilità di Ernst Jünger, finissimo sismografo dell'età nostra, che nel 1981 annota: «Le leggi possono soltanto agire da barriera o scavare un letto alla corrente. Ma che cosa sono mai le leggi quando una nuova formazione proietta la sua ombra? Lo si può constatare nei giuristi e nella loro mancanza di riferimenti cui appellarsi. Ciò che in questo caso va affrontato e risolto non potevano prevederlo né i codici di diritto civile né quelli di diritto penale. In gioco, infatti, non vi è solo un cambiamento nel quadro del diritto, quello per esempio dello stato civile, ma un evento biologico dalle conseguenze imprevedibili» (An der Zeitmauer, trad. it. Al muro del tempo, Milano, 2000, pag. 233).

Ed anche Jünger solleva la domanda intorno al “diritto di conoscere il proprio padre biologico” (domanda, che vedo risuonare nelle risposte date, con delicata sensibilità, da Chiara Lalli e Anna Meldolesi nell’addizione settimanale di un quotidiano). Nessun senso ha l’interrogativo ove sia riferito ad una tecnica di produzione, la quale perde nome e volto, e tutta si riassume nell'esattezza del funzionare. La logica dei processi produttivi non risparmia neppure la nascita dell’uomo: impersonale, anonima, astratta. E così si dischiude il terreno dei puri affetti, dei moti dell'animo, sciolti da relazioni genetiche, e perciò germinati e racchiusi nella spontaneità più limpida e impenetrabile. La suprema artificialità diviene fonte di suprema spiritualità. Questa dolce e docile purezza, che è andare oltre etnie e stirpi e rami di famiglie, è come un dono inatteso della tecnica, la quale, avendo abbracciato l'umano, si fa, essa proprio, generatrice di affetti, interiori legami, parentele del cuore. E' un modo, anche questo, di attrarre la tecnica nel giro della nostra umanità: non miracolo o catastrofe, che ci stia di contro, ma realtà da noi creata, capace di inserirsi nel giuoco imprevedibile e misterioso degli affetti.

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