di Riccardo Sorrentino
Francia, la passeggiata in spiaggia di Macron alla vigilia delle elezioni
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È stata del 63,23% l’affluenza alle ore 17 al ballottaggio delle presidenziali in Francia tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen. Sono due punti in meno rispetto al 65,30% del 2017, riferisce il ministero dell’Interno, per un giorno elettorale altrettanto importante, e forse persino un po’ di più, tenuto conto della situazione internazionale. Anche se i protagonisti sono gli stessi. Al primo turno, alla stessa ora, aveva votato il 65%.
La Francia oggi sceglie. Il suo futuro, letteralmente: la prosecuzione del viaggio di Emmanuel Macron che, criticabile quanto si vuole, ha permesso al paese di uscire dal vuoto politico in cui era caduto con Nicolas Sarkozy e François Hollande, e una tumultuosa presidenza Marine Le Pen, in coabitazione - con tutta probabilità - con un primo ministro di diversa estrazione politica.
Città-mondo, aperta, cosmopolita, multietnica eppure inconfondibilmente francese, Parigi non può amare Marine, che è arrivata sesta al primo turno mentre la destra radicale, “sommando” - ammesso che sia politicamente possibile - i voti per Eric Zemmour, più in sintonia con la vita nelle città, non supera il 14%. Non diversamente andrà nelle altre grandi città, forse persino a Marsiglia (dove però ha stravinto Jean-Luc Mélenchon).
La riconferma di Emmanuel Macron si gioca sull’unico vero errore politico - al di là delle opinioni che si possono avere sul progetto - del suo mandato: aver ignorato la rabbia dei piccoli centri, dove vive il 60% della popolazione, la classe media invisibile. Un comune francese ha in media 2mila abitanti contro i 20mila dell’italia e della Germania: sono villaggi e centri urbani minori sempre più piccoli, disabitati, poveri sul piano finanziario e abbandonati dai servizi pubblici essenziali - medici, ospedali, ginecologi, scuole, poste - ma anche da quelli privati: le librerie, i parroci, costretti a gestire a decine di chilometri di distanza. Anche i posti di lavoro si allontanano, si concentrano nelle città più grandi e i tempi di viaggio dei pendolari si allungano.
È la Francia che ha animato i Gilets Jaunes, e che spesso - non sempre, non automaticamente - vota Le Pen; oppure non vota, dando comunque spazio alla candidata dell’estrema destra. È la Francia che ha costretto Macron a discutere persino della coltivazione delle carote, nel lungo “dibattito nazionale” con i sindaci che lo ha impegnato per diverse settimane in tutto il Paese per ricucire la Francia.
«Figlio della tecnostruttura francese , Macron ha risposto “tecnicamente” a una contestazione le cui istanze sono fondamentalmente immateriali», ha spiegato il geografo Christophe Guilluy, che ha proposto il concetto di Francia periferica, forse schematico, ma più preciso oggi di quella tra città e campagna. Le Pen, si può aggiungere, risponde alle istanze immateriali, ma le sue risposte “tecniche” si dirigono rapidamente verso una maggior povertà. Questo, oggi, è il dilemma della Francia.
Riccardo Sorrentino
Redattore
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