di Lucio Furlani *
(AP)
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La tecnologia abilita l’esperienza e lo fa coprendo ogni aspetto della nostra vita: come persone, come consumatori, come professionisti. La tecnologia non solo abilita le esperienze, ma le incorpora nello strumento. Ad esempio: nelle relazioni fra persone, l’esperienza di vicinanza è incorporata nello smartphone. Se riflettiamo sugli stili di vita del consumatore moderno, l’esperienza del contatto fra persone è forse ciò che la tecnologia ha cambiato maggiormente. Portandoci l’accessibilità al contatto con gli altri in tasca (messaggistica, telefonia, social media), portandoci l’accessibilità alle informazioni nella stessa tasca (motori di ricerca, siti web, video, musica) abbiamo a disposizione un nuovo contesto di relazione (come persone, come consumatori, come professionisti) che si aggiunge (e spesso si sostituisce) al contatto dal vivo.
Ci portiamo addosso la tecnologia delle relazioni: consentendoci accesso istantaneo agli altri questa tecnologia influisce sulla percezione che abbiamo della relazione dal vivo. Una percezione che si è acuita nel lockdown. È stato un sollievo durante la pandemia potere fare affidamento sulla tecnologia: videoconferenze, e-commerce, chat, hanno consentito a tutti di mantenere una certa rete di relazione non solo nella vita affettiva ma soprattutto nell’ambito lavorativo. Ci ha rassicurato, in una qualche misura, a causa della impossibilità di ridurre le distanze fisiche fra noi, potere rimanere “in contatto” da remoto.
Così è successo che nell’ultimo anno abbiamo sperimentato come diversi degli aspetti dell’esperienza fisica dal vivo possano essere in qualche modo sostituiti - surrogati, direbbe qualcuno - dall’esperienza in remoto “in diretta”. Vorremmo superare con questa riflessione la discussione sull’esperienza phygital. Non perché ci pare inutile, ma perché, al contrario, riteniamo che l’approccio misto fisico-digitale sia essenziale per la progettazione e realizzazione di esperienze dal vivo.
L’approccio phygital, oramai diventato un classico negli eventi, si focalizza soprattutto sulla parte di stimolo dell’esperienza: luci, proiezioni, macchine scenotecniche, effetti speciali, nella convinzione che la sensazione del contatto sensoriale - che sia surrogato o meno poco importa - sia l’espressione del valore più profondo nell’incontro fra gli individui. Non è questa forse la motivazione per la quale gli eventi in realtà virtuale rappresentano la terra promessa di un imminente futuro in cui il digitale abilita la fisicità, e non il contrario?
Dato per certo che dal vivo o in diretta l’evento esperienziale negli anni della digital transformation è sempre e comunque in qualche modo phygital, ci domandiamo se forse non ci stiamo accorgendo che un nuovo capitolo della comunicazione si è aperto. Un capitolo in cui la diretta si miscela con il vivo. Un capitolo in cui la tecnologia abilita formati di natura ibrida, nelle quali si fa chiaro che il pubblico, le persone, hanno aperto nuovi recettori e nuove modalità di esaltazione dell’esperienza. Ovvero: le persone hanno maturato una nuova cultura.
Nella lingua inglese si utilizza per identificare “dal vivo” e “in diretta” la stessa parola: live. È live il concerto trasmesso in diretta alla televisione, è live lo streaming del congresso in diretta su un sito web, ma è anche live l’esperienza fisica di fruizione dal vivo di quel concerto e di quel congresso. Ci piace questo modo di utilizzare un termine che accomuna l'esperienza vicina con l’esperienza lontana. Ci piace perché pone l’accento sul tempo, mentre rende implicito il valore dello spazio. Questo uso della parola live è estremamente affine all’uso che facciamo della tecnologia applicata agli eventi, un uso soprattutto applicato allo spazio.
Se immergiamo nella realtà virtuale l’evento, possiamo ambientare ovunque l’esperienza. Possiamo creare luoghi fisicamente impossibili. Se mappiamo con proiezioni video scenografiche la facciata di un edificio, possiamo letteralmente modificare la percezione di quella superficie. Se con impianti audio riproduciamo in maniera identica i suoni di ambiti urbani, o selvaggi, o se con abile illuminotecnica possiamo generare uno spiazzamento nei riferimenti visivi sul palco e dunque generare meraviglia nel pubblico lavorando sul colpo di scena, stiamo facendo ciò che la tecnologia fa più facilmente: lavorare sullo spazio.
È peculiare che l’uso della tecnologia si esprima al meglio con la sua capacità di abbattere le distanze fra il corpo e le forme fisiche distribuite nell’ambiente, di ridefinire la fruizione delle geometrie e dei percorsi. Ed è interessante che la parola live (valida sia come dal vivo che come in diretta) non consideri per nulla l’aspetto spaziale, ma invece esalti la qualità della contemporaneità: il tempo. Il live può essere ovunque, e l’utente può essere ovunque, perché la tecnologia lo consente. Ma il live può solo essere ora.
Il valore più alto dell'evento è il tempo perché il tempo è il valore che con la tecnologia non si può manipolare. Per questo motivo il valore più alto sta nella sua contemporaneità, nella sua fruizione in tempo reale. Ad esempio: se a questa applicazione della tecnologia si unisce l’attributo della distribuzione multimediale (streaming video) otteniamo un sottoprodotto dell’evento fisico che semina una rappresentazione dell’esperienza per una fruizione destinata al largo pubblico. Ma rivedere una registrazione di un evento non ha lo stesso valore della fruizione in diretta, così come l’evento per definizione avviene ora, in prossimità come in remoto.
Se la tecnologia ci consentirà sempre maggiore libertà espressiva, ci abiliterà ad esperienze sensoriali sempre più raffinate, la vera frontiera speciale è l’uso del tempo. La differenza della qualità dell’esperienza degli eventi risiederà sempre di più nella costruzione del tempo della narrazione e dunque nella sua regia. Lo storytelling multimediale e interattivo a cui siamo abituati come individui immersi nella tecnologia ci richiede, in qualità di fruitori, uno estremo sforzo di filtraggio.
Siamo sempre più avvezzi a vivere le storie attraverso una multicanalità che ci ha istruito a coordinare messaggi provenienti da mezzi estremamente diversi fra loro. Siamo pervasi da segnali, rumori, notizie, eventi che convergono in un flusso estremamente frammentato di cui noi siamo consumatori e autori in perpetuo movimento. La nostra attività principale come fruitori è quella di costruire un filo conduttore che ci restituisca una lettura leggibile, un’esperienza complessiva nella quale identificarci.
L’evento live è un’unità narrativa che nel suo essere contenuta in una esperienza in diretta ha delle proprietà specifiche nelle quali l’organizzazione della storia - la regia - nel tempo è l’elemento che distingue la qualità profonda dell’esperienza. L’uso della tecnologia nella live communication è corretto solo se considerato nel suo essere abilitatrice del tempo narrativo perché ogni stimolo che genera esperienza veicola il racconto dalla prospettiva del fruitore, e ogni strumento – tecnologico o meno - che veicola quegli stimoli va considerato come esaltatore delle facoltà del fruitore di entrare nell’esperienza per essere protagonista di quel racconto. Alla maniera di una certa vecchia scuola dello spettacolo, si potrebbe anche dire: puoi fare a meno di tutto, ma certamente mai a meno di una regia.
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