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Il Colosseo, monumento icona del Paese, non garantisce lavoro

di Marilena Pirrelli

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Dopo l’assegnazione della gara al consorzio Cns parla il direttore generale di CoopCulture e pone all’attenzione i problemi dei bandi Covid, della necessità di linee guida e di un tavolo di confronto tra Ministero e parti sociali sul rinnovo degli affidamenti

20 febbraio 2023
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5' di lettura

Il consorzio Cns ha vinto il bando su base d'asta di 20 milioni per la biglietteria del Parco Archeologico del Colosseo (nel 2022 oltre 7 milioni di visitatori e circa 62 milioni di incassi) e subentra a CoopCulture, concessionario dal 1997 sempre confermato da ricorrenti proroghe. Nonostante la perdita del sito, per Letizia Casuccio, direttore generale di CoopCulture: “Gli anni difficili sembrano essere alle spalle o almeno spero. Abbiamo recuperato ovunque per l'85% delle nostre attività rispetto al 2019. I due anni che ci separano dalla diffusione della pandemia e dalla chiusura delle istituzioni culturali è stato difficilissimo, 2 mila persone sono state messe in cassa integrazione, per noi è stato un memento di grandi riflessioni e di orientamenti nuovi”.

I risultati post Covid

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La società cooperativa ha chiuso il 2021 – è scritto nella nota al risultato di gestione - con oltre 45,6 milioni di fatturato e un utile di 1,59 milioni, una parziale ripresa con una crescita dei ricavi del 32,77% (anno su anno) determinata dall'aumento delle commesse e gare d'appalto acquisite in particolare nei settori Biblioteche e Museali, ma che non ha consentito in ogni caso il raggiungimento dei volumi pre-pandemia. Si registra una migliore gestione dei costi rinegoziando le forniture oltre che un efficiente utilizzo degli ammortizzatori sociali per i dipendenti portando beneficio sull'Ebit, ritornato di valore positivo. Il 2021 si è chiuso con un saldo finale positivo di oltre 1,5 milioni di euro grazie all'ottenimento di contributi, ristori e credito d'imposta per complessivi 11 milioni di euro.

L’intervista

Cosa intende per orientamenti nuovi?
Faccio due esempi: durante la pandemia avevamo 200 archeologici e storici d'arte a casa, la didattica era preclusa in presenza per le scuole, in quei giorni è nato il progetto Live Culture, il nostro archeologo è presente in una camera virtuale e usa strumenti che consentono di entrare nella visita del monumento e vedere dettagli. Abbiamo mappato 360 gradi monumenti, dal Museo di Salinas di Palermo al Chiostro di Monreale, dal Palatino al Colosseo e al Palazzo Reale di Torino. Questo ci ha consentito di vendere moltissime attività virtuali: siamo entrati nel mercato cinese e coreano perché chi viene nel nostro Paese vuole conoscere prima la sua storia e le sue bellezze. Un gruppo di ragazzi dell'Accademia d'arte di Torino, cinesi di seconda generazione, ha lavorato ai contenuti digitali alla trasformazione digitale, abbiamo potuto così vendere più di mille laboratori.

E poi ci sono le risorse del Pnrr per la digitalizzazione del patrimonio….
Sì, infatti abbiamo sviluppato altri progetti con il Pnrr pensando allo sviluppo dei territori attraverso strumenti di marketing territoriale e abbiamo messo a sistema digitale il collegamento tra enogastronomia, arte e archeologia: sono nate così piattaforme di promocommarcializzazione grazie al bando sui borghi sotto i 5mila abitanti, funzionale alla loro rivitalizzazione. Abbiamo conseguito sei progetti sui borghi italiani. Per esempio la piattaforma del comune di Tramonti sulla Casa del Gusto, che propone attività turistiche esperienziali con i professionisti quali: Sal De Riso e altre aziende dell'area sia nazionali che territoriali.

A che punto siamo rispetto agli altri paesi europei?
In Italia si distingue il Trentino e l'area delle Langhe vicini come esperienze a quella francese, nell'alto Lazio stiamo portando avanti con il comune di Proceno, un progetto con le stesse caratteristiche di Tramonti: itinerari per turismo meno frettoloso su arte, ambiente, archeologia ed enogastronomici. In tutto abbiamo realizzato una decina di progetti con i finanziamenti del Pnrr per la funzionalizzazione del territorio per un valore intorno ai 15 milioni di euro. Sono un passo verso la trasformazione dei servizi alla cultura che puntano sui territori e non solo sui luoghi d'arte.

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Letizia Casuccio, direttore generale di CoopCulture

Molto più complessa è la partita dei bandi promossi dalla Consip, sono in corso alcune gare come Ercolano, e molte sono da bandire (Pompei, il Museo storico e parco del Castello di Miramare, le Gallerie degli Uffizi, Museo archeologico di Roma e altre). Dopo il Colosseo per quale gara state lavorando?
Stiamo partecipando al bando integrato di Ercolano e ci auguriamo che escano a stretto giro le gare su Pompei, gli Uffizi e Castel Sant'Angelo e la Reggia di Caserta. Abbiamo l'onore di gestire con le nuove gare Consip i Musei Reali di Torino, Ostia Antica e Palazzo Ducale a Mantova. Abbiamo vinto gare importanti come quelle della Gallerie dell'Accademia a Firenze e di Paestum, annullate poi però dalla sentenza del Consiglio di Stato perché è risultato prevalente il servizio di biglietteria. Secondo tale sentenza il progetto di valorizzazione doveva prevalere sulla parte economica. Si ha la sensazione che si stia procedendo senza strategie e linee guida nazionali da parte del MiC e, invece sarebbe necessario, per l'identità della cultura, puntare su linee condivise. Le gare Consip sono una diversa dall'altra evidenziando una disparità di trattamento nel mercato rispetto ai livelli occupazionali e alla qualità dei servizi da offrire.

Che cosa intende?
Una prima disparità deriva dal fatto che venga posta in gara un'attività non sostenibile: ad esempio in Puglia per i 16 luoghi della cultura tra Bari e Lecce, Consip ha prodotto un Piano Economico e finanziario ipotizzando ricavi per servizi aggiuntivi quali audio guide, visite guidate e del bookshop, poco verosimili e non basati su dati statistici storici.

Ma quali sono i problemi delle gare Consip e come migliorarle?
Tra i problemi più evidenti delle gare per i grandi attrattori come il Colosseo è lo spacchettamento delle attività culturali dalla biglietteria. Tra l'altro, questo è in netta discontinuità rispetto al modello concessorio: attività integrate sono preferibili a quelle frazionate, poiché assicurano una migliore capacità del gestore di dare un servizio di qualità. Come detto, per il Colosseo sono stati spacchettati i servizi, la gara è stata bandita solo per la biglietteria e l'attività didattica e le audioguide non sono in gara. La concessione originale prevedeva 12 siti, Tra cui Museo Nazionale romano, Terme di Caracalla (in foto) e Appia Antica, non sappiamo che fine faranno gli altri siti. E poi oltre al problema del servizio ai visitatori, c'è quello del personale. Nel caso del Colosseo non sappiamo la sorte delle 230 unità che sono in un'unica pianta organica. Avere esuberi sul Colosseo è singolare: il monumento icona del paese non garantisce lavoro. Anche più singolare sarebbe un processo di internalizzazione, attraverso ALES, l'in-house del Ministero della Cultura. Così come è altrettanto singolare che attività che creano reddito e occupazione svolte storicamente da aziende private specializzate siano internalizzate. Ma non si doveva ricorrere all'internalizzazione solo nel caso in cui ci fosse un evidente fallimento del mercato?

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Alcuni dei 230 lavoratori del Parco Archeologico del Colosseo

Coopculture ricorrerà?
In genere Coopculture non ricorre, vedremo gli atti e valuteremo una decisione al riguardo.

Ma vi è un cambio dell'istituto giuridico che non prevede più la figura del concessionario, ma configura l'affidamento a un prestatore di servizi: vince chi fa l'offerta più vantaggiosa su quel determinato servizio, che ne pensa?
Ripeto si ha la sensazione che si proceda senza strategie e linee guide nazionali, si pone il tema sulla concorrenza delle imprese culturali. Sono in proroga da 20 anni oltre al Colosseo, Pompei, gli Uffizi, Castel Sant'Angelo e aver messo in gara uno di questi grandi attrattori senza prevedere evidenze pubbliche per gli altri non crea condizioni di par condicio. A pagarne le conseguenze sono le imprese e quindi i lavoratori, aziende e risorse umane e specializzate. Sarebbe il caso di aprire un tavolo di confronto tra Ministero e parti sociali sul rinnovo degli affidamenti, assicurando linee guida omogenee a tutela del lavoro.

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