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Gli approvvigionamenti energetici tra prezzi insostenibili e scelte europee

di Stefano Allegri* e Andrea Gavazzeni *

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(EPA)

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Gli interventi mitigano l’impatto dell’esplosione dei prezzi dell’energia, ma l’entità dell’incremento non consente di mettere al riparo le aziende

7 aprile 2022
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4' di lettura

La crisi energetica sta assumendo contorni sempre più preoccupanti e minaccia seriamente la ripresa post-pandemia. Le imprese manifatturiere si trovano a fare i conti con prezzi di energia e gas letteralmente esplosi negli ultimi mesi (con incrementi che hanno segnato punte anche del 500% rispetto ai minimi del 2020) e con grandi difficoltà nel reperimento delle materie prime. La situazione si è aggravata con l’avvio delle operazioni militari russe in Ucraina, ma pone le sue fondamenta nei mesi precedenti, a partire dallo scarso riempimento degli stoccaggi di gas sul territorio europeo nell’estate 2021.

Con il basso livello delle scorte per l’inverno, il rischio era quello di non avere gas a sufficienza per affrontare il periodo del riscaldamento, ma fortunatamente le temperature sono spesso risultate sopra le medie del periodo e hanno consentito di superare la fase critica senza dover interrompere le forniture ai soggetti industriali per garantire la continuità del servizio alle utenze domestiche. Terminato il periodo invernale, dobbiamo ora procedere alla ricostituzione degli stoccaggi, partendo da livelli inferiori rispetto a quelli dello scorso anno. In questo scenario, la proposta europea di definire un livello minimo di riempimento da raggiungere prima del prossimo inverno per poter affrontare la prossima stagione fredda con maggiore serenità genera ulteriore pressione sul sistema gas, mantenendo i prezzi a livelli elevati anche per il periodo estivo.

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Questo fattore si aggiunge alla questione principale, legata alle forniture russe. Detto che dall’avvio del conflitto in Ucraina le esportazioni della Federazione Russa verso l’Europa sono addirittura aumentate, il Vecchio Continente si è reso conto di avere una forte dipendenza dal gas russo: oltre il 40% del gas consumato in Europa arriva dai giacimenti russi. Questo è il principale motivo per cui nelle sanzioni verso la Russia non compare la voce gas naturale. L’Europa sta cercando soluzioni alternative per affrancarsi dalla dipendenza da Gazprom, ma i quantitativi in gioco, la lentezza delle decisioni e la difficoltà di attuazione rendono impossibile uno svincolo in tempi brevi.

Nel pacchetto di possibili soluzioni che l’Unione Europea sta studiando compaiono alcune proposte decisamente ambiziose, come quella che prevede l’aumento del contributo di fonti di approvvigionamento alternative entro la fine dell’anno per oltre 60 miliardi mc, mediante il ricorso a importazioni aggiuntive di GNL, di gas via tubo da altri fornitori e ad una maggiore produzione di biometano: considerando che in Europa, ad eccezione della Spagna, non ci sono consistenti capacità di rigassificazione di GNL inutilizzate, che i Paesi produttori di gas non hanno grandi margini di incremento rispetto alle quantità già contrattualizzate e che i tempi per la costruzione delle infrastrutture necessarie non sono certamente rapidi (si deve ragionare in termini di qualche anno), l’obiettivo pare molto sfidante.

Il paventato contributo delle misure relative all’efficientamento lascia quantomeno perplessi, in quanto tali interventi richiedono tempo per la loro implementazione. L’effettivo impatto sui consumi della proposta di riduzione della temperatura degli ambienti riscaldati di 1°C potrebbe essere molto meno consistente di quanto ipotizzato nel Pacchetto RePower EU della Commissione Europea, considerando che un’imposizione di questa natura può essere garantita in locali privati soltanto dalla scelta del singolo cittadino e l’effetto di tale intervento rischia di essere ridimensionato da temperature invernali più rigide.

Nel frattempo, per gestire la contingenza dell’esplosione dei prezzi di energia elettrica e gas, i Paesi europei stanno intervenendo con tempi e soluzioni differenti a seconda delle disponibilità e delle scelte ammissibili: in Italia, le misure sono state introdotte in più interventi dilazionati nel tempo e con applicazione sul breve e sul medio termine. Le prime misure immediate hanno previsto interventi a favore delle famiglie in difficoltà, la riduzione ed il successivo annullamento degli oneri di sistema che si pagano in bolletta per utenze elettriche e gas, la riduzione dell’IVA sulle forniture gas a cui si sono aggiunti, tra gli altri, interventi che prevedono crediti d’imposta e forme di sostegno alla liquidità in favore delle imprese.

Tra le misure più a lungo respiro si segnalano interventi per aumentare la produzione nazionale di gas, ormai inferiore al 5% del fabbisogno complessivo, snellire gli iter autorizzativi per nuovi impianti a fonti rinnovabili ed incentivi per rinnovamento ed efficientamento del patrimonio immobiliare. Gli interventi attuati in tutta Europa hanno certamente contribuito a mitigare l’impatto dell’esplosione dei prezzi di gas naturale ed energia, ma l’entità dell’incremento dei prezzi a cui si sta assistendo non consente di mettere al riparo le aziende manifatturiere dai rincari, a partire dalle più energivore.

La preoccupazione è che il perdurare di questa situazione possa mettere in crisi l’intero settore produttivo europeo, con conseguenze drammatiche sull’economia del Vecchio continente e pericolose ricadute in ambito sociale. La conclusione del conflitto in Ucraina potrebbe favorire un ridimensionamento dei prezzi del gas, ma resterebbe comunque da sanare la frattura dei rapporti tra occidente e Russia, in modo da consentire uno svincolo dalla dipendenza russa il meno traumatico possibile: nel frattempo, ancora per qualche anno, l’Europa continuerà ad avere bisogno del gas russo, almeno fino a quando non sarà completata la transizione, e la Russia avrà a sua volta assoluta necessità di vendere il gas all’Occidente, almeno fino a quando non avrà completato lo sviluppo dei gasdotti verso la Cina.

* Category Specialist Utilities TheProcuremen

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