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Venture capital, 2 miliardi dal fondo Patrimonio rilancio

di Carmine Fotina

Innovazione, giovani e talento per l'Europa del futuro

Via libera della Camera a un emendamento che assegna al Fondo nazionale innovazione una quota dei 40 miliardi gestiti da Cdp per ricapitalizzare imprese

27 ottobre 2021
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2' di lettura

Due miliardi di euro del Patrimonio destinato finiscono al Fondo nazionale innovazione per il venture capital. È l’effetto di un emendamento al decreto infrastrutture approvato lunedì 25 ottobre dalle commissioni Ambiente e Trasporti della Camera dopo una parziale riformulazione del ministero dell’Economia (Mef).

Il contenuto della correzione

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L’emendamento a prima firma di Sestino Giacomoni (Forza Italia), prevede che 2 miliardi, oggi iscritti in conto residui nel bilancio del ministero dell’Economia, vengano assegnati entro il 31 dicembre 2021 al ministero dello Sviluppo economico.
A sua volta il ministero guidato da Giancarlo Giorgetti potrà utilizzare la somma per sottoscrivere, «fino a un ammontare di 2 miliardi», quote o azioni di fondi per il venture capital e per il venture debt istituiti da Cassa depositi e prestiti Venture Capital Sgr, che gestisce appunto il Fondo nazionale innovazione.
Si gira insomma alla causa del venture capital una parte delle risorse del Patrimonio destinato (noto anche come Patrimonio rilancio), il fondo da circa 40 miliardi istituito dal decreto rilancio del 2020, gestito da Cassa depositi e prestiti, che dovrebbe ricapitalizzare aziende con fatturato sopra i 50 milioni ma la cui attivazione è stata finora un processo lungo e abbastanza tortuoso.

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Dotazione in possibile aumento

Il nuovo apporto di risorse al Fondo nazionale innovazione alla fine potrebbe quasi triplicare l’attuale dotazione. L’emendamento stabilisce che il conferimento sarà condizionato alla sottoscrizione da parte della stessa Cdp e di altri investitori professionali di risorse aggiuntive per almeno il 30% dell’ammontare della sottoscrizione del ministero, possibile come detto fino a 2 miliardi.
Secondo Giacomoni, con questa dote «Cassa depositi e prestiti potrà dare un contributo sempre più decisivo al sostegno per le Pmi». Giudizio positivo anche da M5S, che con il governo Conte-II aveva fortemente sostenuto il lancio del Fondo innovazione: «Gli strumenti per il venture capital - dice Luca Carabetta, deputato della commissione Attività produttive - continueranno a essere fondamentali come già avvenuto nel pieno della pandemia ».

Assistenza su progetti Pnrr

La partita di giro dei 2 miliardi rappresenta solo una parte dell’emendamento. Il testo, infatti, assegna alla stessa Cdp - e limitatamente agli interventi per le Pmi anche a Mediocredito Centrale (Mcc, controllata indirettamente dal Mef attraverso Invitalia) - un compito di assistenza sui progetti del Piano di ripresa e resilienza. «L’obiettivo è assicurare un’attuazione efficace e tempestiva degli interventi» dice Giacomoni.
Fino al termine del piano, quindi il 31 dicembre 2026, tutte le amministrazioni centrali e locali potranno ricorrere a Cdp, e alle sue controllate dirette e indirette, per attività di assistenza e supporto tecnico finalizzate alla gestione dei fondi.

La firma di convenzioni

Per farlo le Pa dovranno sottoscrivere apposite convenzioni, nei limiti delle risorse dei rispettivi bilanci, «anche a valere sui quadri economici degli investimenti che concorrono a realizzare». In altre parole, per farsi aiutare a gestire i progetti che evidentemente non sono in grado di portare a termine in autonomia, le amministrazioni potrebbero dover versare alle 2 controllate del ministero dell’Economia un corrispettivo che riduce le risorse messe a disposizione proprio dal governo per quell’investimento.

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